13 Gennaio 1920: il deputato Erminio Sipari celebra la Marsica a 5 anni dal terribile terremoto del 1915
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Castello baronale dei Colonna (Avezzano)
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Due donne di Civita d'Antino ritratte nei pressi di Palazzo Ferrante dal famoso artista danese Kristian Zahrtmann nel 1904
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I ceci della sposa, l’antica tradizione legata al celebre legume

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di Luigi di Montebello

I ceci della sposa? Cosa sono? Annoverata tra le più antiche tradizioni di Pescasseroli nell’incantevole scenario del Nazionale e Centenario (1923-2023) Parco Abruzzo, Lazio e Molise, quella dei ceci della sposa è certamente la più caratteristica. Nei giorni che precedono le nozze, in casa della promessa sposa e pure in quelle di amiche e parenti, si lavora alla preparazione del piatto di ceci. Storicamente, la tradizione affonda le radici nella notte dei tempi e da secoli si tramanda secondo una ritualità tutta al femminile; il rito affida alla gestualità di mani sapienti la lavorazione del legume e per naturale semplificazione si preferisce fissare tutto con il nome de “i ceci della sposa”. In realtà, come ci tengono a dire le attente curatrici dell’iniziativa culturale in questi giorni rivissuta a Pescasseroli, le signore dell’Associazione Commercianti del centro storico di Pescasseroli non vogliono far rimanere nell’ombra le azioni non meno preziose che accompagnano la preparazione del piatto, la graduale ascesa spirituale, frutto di pazienza e organizzazione, che precede l’energia trasmessa nei momenti vissuti insieme dalle donne che realizzano l’impresa. Siete perciò tutti invitati a venire a Pescasseroli per scoprire i segreti di quella preparazione, con un orecchio agli studi antropologici e un occhio alle info di wikipedia, perché dal punto di vista simbolico i ceci della sposa rientrano nelle ritualità concernenti il concetto di magia simpatica, ossia quella per cui si determina un effetto positivo sulla persona verso la quale si trasferisce.

Ma è l’amore il vero motore della tradizione, l’amore che vince ogni negatività, più forte della morte, quello per intenderci narrato nel Cantico dei Cantici e che lega per sempre gli amanti di ogni età. Infatti, i legumi, preparati in una fase precedente alla celebrazione delle nozze, hanno un valore bene augurale ai fini della felicità dell’unione degli sposi, unione che deve essere prospera e feconda. Per via della sua forma tondeggiante, il cece, come la mandorla, rimanda al concetto di fecondità. Non solo, l’amore introduce all’eternità e da questo punto di vista i ceci, da alimento povero, si elevano a simbolo prescelto per auspicare la nascita, ossia quello che nella tradizione è lo scopo massimo degli umani nella loro aspirazione all’immortalità. 

E poi c’è la festa che accompagna le nozze e il vino da sempre segno antropologicamente significativo della festa stessa. I ceci, del resto, nell’area altosangrina rientravano nell’uso abituale, tanto che, come scrive Annino Tella, nelle taverne erano il principale alimento da accompagnare al vino.

Come molti culti, sopravvissuti al trascorrere dei secoli, anche i ceci della sposa hanno subito una stratificazione apportata da mutamenti religiosi, economici e sociali: esempio emblematico è la recita, durante la preparazione, del Credo della liturgia cristiana che, secondo alcuni, servirebbe a determinare il tempo necessario alla messa in immersione dei legumi nell’acqua aromatizzata; o forse, quella preghiera che è la professione di fede del cristiano, secondo alcuni studiosi, aveva lo scopo di “pulire” il rito da ogni aspetto pagano, rendendolo non perseguibile da eventuali accuse di eresia. Con l’avvento dell’età moderna e soprattutto attraverso le importazioni di prodotti attraverso la transumanza, il legume tostato si arricchisce di nuovi ingredienti (lo zucchero, gli agrumi ed i liquori) che oggi rendono i ceci più profumati e gustosi.

Non è escludere che la sopravvivenza del rito dei ceci della sposa sia stata possibile grazie alla generosa e delicata custodia di un mondo, quello femminile, che restava lungamente isolato anche dalla presenza maschile, impegnata a trascorrere lunga parte dell’anno in Puglia per via della transumanza. Una custodia fatta di sapere e saggezza che ha permesso la sopravvivenza di ataviche culture di tipo matrilineare, spesso conservate nei regimi pastorali a differenza di società agriculturali nelle quali le culture patriarcali hanno avuto maggiore rilevanza. 

Negli ultimi anni alla preparazione dei ceci partecipano anche gli uomini, nel caso spesso confinati, e non è un dettaglio, a un mero ruolo di manovalanza. Ma per questo ci vuole un altro articolo.

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