John Fante, Bukowski scrisse di lui: “Fante was my God”

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L’ 8 aprile è l’anniversario della nascita di John Fante. Lo scrittore di origini abruzzesi nato a Denver nel Colorado nel 1909.

Fate attenzione ad una sola cosa, non prendete in mano un suo libro: rischiate di leggerlo e di trovarvi persi nelle librerie della vostra città alla ricerca di un suo racconto, di una sua storia. I più a rischio sono coloro che hanno l’emigrazione nel sangue e sono pronti a lasciare il luogo d’origine per vivere altrove. I giovani sicuramente sono tra questi. Seguono i sognatori, gli idealisti, o coloro che si definiscono cittadini del mondo”. O chi, come me, mantiene la memoria del passato, di quando cinque milioni d’italiani decisero di lasciare gli affetti e le terre d’origine per cercare fortuna nel “Nuovo Mondo”. Quindi, come dicevo, per innamorarsi di John Fante e della sua opera bisogna avere l’emigrazione in testa. A me non piace ricordare le persone nella triste ricorrenza della loro morte. Preferisco invece ricordarle nel momento più felice: il giorno in cui sono venute al mondo. 

Ma chi era John Fante? Che legame ha avuto con l’Abruzzo, la sua terra d’origine?  La storia di John inizia con la partenza del padre, Nicola Pietro Fante, nato il 29 giugno del 1878 a Torricella Peligna, un piccolo paese nella provincia di Chieti. Nicola stava per compiere ventidue anni quando insieme alla sorella Maria s’imbarcò sul bastimento WERRA, nel porto di Napoli. Era il 20 luglio del 1900, i due fratelli arrivarono a New York il 2 agosto, la loro destinazione sarebbe stata Denver la capitale del Colorado. Nicola e Maria, andavano a ricongiungersi con il padre Giovanni Fante che già viveva a Boulder vicino Denver, in un posto chiamato Battery Place. Il giovane Nicola aveva lasciato Torricella Peligna un paesotto dell’Appennino Abruzzese abbarbicato sulle pendici di un colle che divide   due vallate bellissime dove scorrono i fiumi Aventino e Sangro.  Agli inizi del ‘900 nel piccolo paese vivevano circa quattromila abitanti, c’erano persino due alberghi: l’Americano e il Vittoria. Lassù, a novecento metri di altezza, solo fame e freddo.                  

Di lavoro neanche a parlarne. Anche Nicola e sua sorella Maria, come milioni di italiani, decisero d’imbarcarsi e andare incontro al futuro. Lontano, oltreoceano in America. Agli uffici dell’immigrazione di Ellis Island il giovane Nicola dichiarò di essere un “bricklayer” un muratore. Maria invece dichiarò di essere una casalinga. E cosa altro poteva dichiarare, aveva solo vent’anni. Passarono alcuni anni dall’arrivo di Nicola a New York e seguendo quella che era una consuetudine ormai consolidata nella comunità italiana, aveva “americanizzato” il suo nome. Ora si chiamava Nick Fante, e si era sposato con Mary Capolungo, una ragazza di origini italiane ma nata a Chicago nello Stato dell’Illinois. I due ragazzi misero presto su famiglia. Nel 1920 Nick e Mary avevano già quattro figli, John di undici anni, Peter di 8, Josephine di 5 e Thomas di due anni e mezzo. Con loro viveva ancora   la nonna Mary rimasta vedova di Giovanni. Lui era morto prima ancora che nascesse John al quale fu messo il nome del nonno come si usava in quei tempi. Il piccolo John non visse un’infanzia serena, spesso i genitori litigavano e venivano alle mani. I motivi erano sempre gli stessi. Nick faceva il muratore e spesso si trovava senza lavoro, ma ciò non gli impediva di bersi e giocarsi i pochi soldi che aveva in tasca. 

Molti degli avvenimenti che hanno segnato la sua infanzia, come la violenza del padre, l’istruzione ricevuta in scuole religiose e le difficoltà economiche, sono presenti nella maggior parte dei racconti di John. Il ricordo di quegli anni diventerà la fonte d’ispirazione più importante per la costruzione del suo personaggio più famoso: quell’Arturo Bandini, che diventerà il protagonista dei suoi romanzi più famosi. 

Nel 1928 John Fante, dopo essersi diplomato senza brillare nella scuola dei Gesuiti di Denver, si iscrive alla Univesity of Colorado, ma presto abbandona gli studi e torna a vivere dai suoi a Boulder a poche miglia da Denver. La situazione in casa è come sempre turbolenta, suo padre abbandona la famiglia per andare a vivere con un’altra donna; queste vicende verranno in seguito narrate nel suo romanzo “Aspetta primavera, Bandini” – Wait until spring, Bandini. 

Nel 1931 si iscrive nuovamente all’università, ma anche questa volta non combina molto. In compenso l’insegnante di lettere, Florence Carpenter è la prima a scoprire il suo talento. In questi anni ha una relazione tempestosa con una ragazza di origini messicane, Marie Baray, dalla quale prenderà poi spunto per il personaggio di Camilla Lopez in “Chiedi alla Polvere”-  Ask the Dust. 

Il libro fu portato sullo schermo dal regista Robert Towne che dopo molti anni riuscì a tener fede alla promessa fatta allo scrittore di realizzare una pellicola tratta da uno dei suoi romanzi. Le riprese terminarono nel 2006 e gli interpreti furono Colin Farrell nella parte di Arturo Bandini e Salma Hayek nella parte di Camilla Lopez. Un film che vi consiglio di vedere. Ma torniamo a John e alla fine degli anni trenta. Lo scrittore non perde tempo, inizia a lavorare sulla macchina da scrivere senza mai riposarsi, arriva “Dago Red” che il Time definì la miglior raccolta di racconti del 1940. Dopo l’entrata in guerra degli Stati Uniti, John Fante collabora con i servizi di informazione militare, torna ancora una volta ad Hollywood dove collabora con numerosi altri scrittori alla stesura di sceneggiature. Non è un buon periodo per Fante, non ama affatto lavorare per il cinema. E’ la necessità di soldi che lo spinge a farlo, la famiglia si è allargata. 

Ora John ha quattro figli, Nick, Dan, Vicky, e Jimmy e le cose in casa non funzionano a meraviglia. Con Joyce si comporta sempre più come suo padre faceva con sua madre. Passano più di dieci anni prima che Fante riesca a pubblicare un nuovo romanzo, è il 1952, suo padre, il vecchio Nick, è morto da un paio d’anni quando esce “Full of Life”. Poi di nuovo il buio. Scopre di avere il diabete. Torna per l’ennesima volta a scrivere sceneggiature, questa volta con qualche successo, tanto da partire per l’Italia per seguire due progetti, prima a Napoli, poi a Roma, dove incontrerà Federico Fellini. Ma anche questa volta i film non vengono realizzati, stanco e malato va a vivere fuori Los Angeles in una grande casa a Malibu. La malattia si aggrava, ma nonostante questo si rituffa nella scrittura e nel 1977 esce “La Confraternita del Chianti”The Brotherhood of the Grape – Il 1978 è un anno importate per Fante. 

La manifestazione di affetto da parte di Charles Bukowski, che nel suo romanzo “Donne” cita Fante come “il migliore scrittore che abbia mai letto”, attira l’attenzione della casa editrice Black Sparrow che decide di ristampare “Chiedi alla polvere”, con la prefazione di Bukowski. Il libro vive una seconda giovinezza e ridà speranza a Fante ormai in condizioni sempre più precarie: ha appena subito l’amputazione delle due gambe e sta per diventare cieco. In queste condizioni riuscirà a dettare a sua moglie Joyce, nella loro casa a Malibu, il suo ultimo libro, “Sogni di Bunker Hill” Dreams from Bunker Hill, pubblicato nel 1982. 

La malattia lo costringe ad essere ricoverato in ospedale, vi rimase per circa 17 mesi, poi la polmonite, il coma e la morte. L’amico Bukowski lo ricorda così: “Andavo a trovarlo in ospedale e a volte anche a casa quando lo rilasciavano per un po’. Ma nonostante tutto andava avanti… Mi raccontò addirittura di un’idea per il suo prossimo romanzo: la storia di una donna, campionessa di baseball: ” Come on John! Come on! write it” gli dicevo. Ma subito dopo era finita. “Fante was my God…” ripeteva sempre Charles Bukowski. 

John Thomas Fante morì a Los Angeles, l’8 maggio del 1983.

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