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I braccianti del Fucino contro il ministro Scelba

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Manifestazione dei braccianti del Fucino
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L’analisi del dibattito sulla riforma agraria, non può prescindere dall’attenta considerazione dell’intera vicenda, che tende a individuare proprio nelle lotte contadine uno dei momenti più importanti di scontro di classe e di elaborazione politica raggiunta dalle sinistre in questo periodo. Inoltre, i giornali di sinistra denunciavano l’azione di repressione incoraggiata dal ministro Mario Scelba, che continuava la sua opera intimidatoria, con l’arresto di undici lavoratori del Fucino: tra essi il segretario della sezione di Lecce nei Marsi. 

Non rimase certo allineato alle dure azioni di polizia tutto il governo, che intanto dichiara legittima la lotta dei braccianti contro l’arbitrio di Torlonia, mettendo contemporaneamente in discussione alla Camera un disegno di legge riguardante le norme per l’espropriazione, la bonifica, la trasformazione e l’assegnazione dei terreni ai contadini.

Anche a Luco dei Marsi, come affermò il giornale l’Avanti!, il 22 giugno 1950: «Undici lavoratori, fra i quali il segretario della sezione del P.S.I. Leonardo D’Angelo, sono stati arrestati all’una di questa notte a Luco dei Marsi e tradotti nel carcere di Avezzano. Il motivo dell’arresto è stato ricercato nei fatti avvenuti nel corso della grande lotta del Fucino nello scorso febbraio contro Torlonia. Gli altri lavoratori arrestati sono: Ivan Sina, Antonio Marchi, Francesco Censanio, Vittorio D’Andrea, Fulvio Palma, Marzio Palma, Giuseppe Fusareni, Angelo Di Girolamo, Francesco Pannella e Giuseppe Angelucci». La notizia si diffuse in tutta la Marsica, suscitando già alle prime luci dell’alba ondate di sdegno (1). L’accusa era di aver fatto dei blocchi stradali per influenzare le masse lavoratrici a scendere in campo. 

Il giorno dopo, proprio a Luco dei Marsi, si organizzò un’imponente manifestazione con una folla immensa molto indignata, che ascoltò: il compagno Gentile, segretario della federazione dell’Aquila, l’onorevole Amiconi del P.C.I. e i rappresentanti della solidarietà democratica e dell’A.N.P.I. mentre, in tutta la piana del Fucino, i braccianti, dopo aver ottenuto il riconoscimento del governo sulle loro iniziative, continuarono imperterriti i lavori necessari. Intanto, si andava sviluppando l’azione della «Confederterra» per costringere Torlonia a fornire tecnici e dirigenti, in attesa che la commissione nominata esaurisse la sua indagine. Inoltre, si richiese alle autorità preposte di osservare il comportamento non corretto dei prefetti, che avevano tolto alla legge: «la sua esplicita sanzione, rendendola praticamente inoperante e costituisce addirittura un premio agli agrari inadempienti» (2).

L’8 giugno 1950, altri contadini furono arrestati ad Aielli: «Con i soliti metodi che ricordano quelli nazisti, i carabinieri di Scelba, in pieno assetto di guerra, hanno arrestato questa notte nel paese di Aielli altri cinque lavoratori colpevoli di aver partecipato alla lotta del Fucino contro Torlonia». Picchiati dalla polizia e trascinati nelle carceri aquilane, risultarono: Ugo Piccone (segretario della sezione), Emidio Di Natale, Federico Di Natale, Cesare Petroni e Palmerino Berardicurti. A questa data si contavano ben quaranta arrestati in tutta la Marsica (3).

La «Confederterra» richiamò subito il governo all’applicazione della legge sui campi lasciati incolti, segnalando che migliaia di braccianti, ridotti ormai in condizioni deplorevoli,  attendevano ancora terra e lavoro. Secondo una scrupolosa analisi, le finalità e lo spirito di tutte le leggi in proposito erano state tradite proprio dagli organi governativi, attraverso il «nullismo delle commissioni provinciali». 

Seguitarono così le persecuzioni della polizia di Scelba verso i contadini più scalmanati. Conseguenza tale fu l’organizzazione di un nuovo sciopero generale dei braccianti del Fucino: «la segreteria generale della Confederterra ha ieri inviato una lunga lettera al Presidente del Consiglio on. De Gasperi, al Ministro dell’Agricoltura Segni, al Ministro dell’Interno Scelba, per far rilevare la gravità della situazione, per quanto riguarda l’applicazione della legge sulla concessione delle terre incolte ai contadini non essendo tale legge applicata nella misura che le attuali contingenze economiche e sociali impongono, e come prescrive lo spirito e le finalità della legge stessa». Stando ai dati, furono segnalati nuovi episodi di rappresaglia, quando: «nella zona del Fucino che è la chiara dimostrazione della volontà del Ministro degli Interni di continuare per la stessa via, 13 braccianti venivano arrestati a Luco dei Marsi, 6 a Celano, 16 a Cerchio, 5 ad Aielli nel momento in cui Torlonia si rifiutava di riconoscere e pagare i lavori eseguiti dai braccianti in applicazione del decreto prefettizio. Di fronte a tale gesto che è un evidente tentativo di intimidazione effettuato dalle autorità di polizia in appoggio a un latifondista che si è da tempo posto fuori e contro la legge, la Camera del Lavoro del circondario della Marsica ha indetto per la giornata di oggi giovedì uno sciopero generale dei braccianti del Fucino» (4). Certamente, non mancarono le proteste dei familiari che, durante la notte, all’improvviso, si videro scardinare porte e finestre dalla polizia. La violenta incursione suscitò il terrore dei vecchi e dei bambini: «Oggi alle ore 11 una commissione di madri e spose dei braccianti del Fucino, arrestati nei giorni scorsi dalla polizia per pretesi reati commessi otto mesi fa nel corso delle grandi lotte sostenute dai contadini di Torlonia, per ottenere le 350.000 giornate lavorative, sarà ricevuta dal sottosegretario al Ministero di Grazia e Giustizia, on. Tosato». 

Ancora una volta le responsabilità del grave atto si attribuirono al ministro Scelba che, a suo discarico, attribuì la colpa di tali arresti alla magistratura locale per aver emesso i relativi mandati, approvando: «il tono di rappresaglia di tali arresti, con l’effettuarli notte tempo, scassinando anche le porte in molti casi, all’improvviso e con grande apparato nonostante gli arrestati fossero da mesi tranquilli nelle loro case». Qualche giorno dopo, l’onorevole Bosi richiese subito un colloquio col ministro di Grazia e Giustizia, al quale avrebbero partecipato anche i familiari degli arrestati (5).

NOTE

  1. Avanti!, Anno LIV – Nuova serie – N.148, Venerdì 23 giugno 1950.
  2. Ivi, Anno LIV – Nuova serie – N.149, Sabato 24 giugno 1950, p.5.
  3. Ivi, Anno LIV – Nuova serie – N.188, Mercoledì 9 agosto 1950.
  4. Ivi, Anno LIV – Nuova serie – N.189, Giovedì 10 agosto 1950, p.5.
  5. Ivi, Anno LIV – Nuova serie – N.193, Martedì 22 agosto 1950, p.5.
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Fulvio D'Amore ricercatore e saggista

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