Il filosofo Albert Camus sulla felicità delle donne rivolgendosi all’amata figlia dice: ” Non rinunciare mai, Catherine. Hai tante cose dentro di te e la più nobile di tutte, il senso della felicità. Ma non aspettarti la vita da un uomo. Per questo tante donne s’ingannano. Aspettala da te stessa” (A. Camus- La morte felice).
La struggente lirica della scrittrice d’Abruzzo Maria Assunta Oddi, contro chi afferma che la poesia in un mondo pragmatico ed esteriore non abbia senso, continua ad indicarci la via di una scrittura nuda che interroga la coscienza sull’insostenibile virtualità dell’essere.
Femminicidio.
Sulla bruma della sera annodo
le dita come onde di mari remoti
per scorgere oltre il buio della siepe
un barlume di luce sognando l’aurora.
Immobile resto nel gomitolo di ombre
a sfilacciare i contorni della notte
con mani affamate di luna nuova.
Nel gioco crudele delle parole
la cronaca amara della vita violata
è frammento atroce d’ironia che
su deliri di ingiurie stanca il cuore
nella risacca d’odio che prende e lascia
tormenti sopra un turbine di ruote.
Sull’orlo dell’abisso tra splendore e angoscia
il fuoco di sterpi sotto il cielo delle morti stagioni
addolora con artiglio di drago il mio celato lutto.
La voce si fa pianto ammutolito dalla potatura
che lascia cadere dai recisi rami lacrime di resina
sull’aria dolce e nauseante dei frutti
marciti a terra.
Lontano s’ode dall’ovile diroccato il belare
innocente degli agnelli sul limio di una grazia
negata nell’indugiare più ostile della morte.
L’obliqua luce tagliente sul davanzale è ora
girandola di cesoia che si fa litania di
silenzio assordante sul pungiglione del tempo.
Tu non sai che come stella cadente sono
agile feluca senza ormeggi sulla veste
dell’arcobaleno.
C’è da tirare in secca la mia casa fatta zattera
sul cesello dell’aria affinché l’anima mia posi su
antiche memorie a covare ancora
rigogliose nidiate d’affetti.
Tu non sai!








