Subito dopo il proclama di Ermenegildo Piccioli (12 settembre 1806), che aveva richiamato alle armi ex soldati borbonici, miliziotti, fucilieri di montagna, contadini e braccianti per formare il “Corpo dei Volontari Abruzzesi” in nome del re Ferdinando IV, gli insorgenti avevano acquisito già un raggio di azione molto ampio: dai territori dalla Valle Peligna fino all’Altopiano delle Rocche, spostando il quartiere generale tra le montagne del Sirente.
Del resto, i massisti comandati da frate Domizio Jacobucci, avevano bloccato la truppa francese del maggiore Moscadi (guardia provinciale) dentro le mura del castello Barberini di Gagliano Aterno.
Nel bel mezzo delle manovre difensive, Don Aurelio Mattei (comandante della guardia civica avezzanese) aveva chiesto ripetutamente urgenti rinforzi al quartiere generale francese presso L’Aquila, temendo, innanzitutto, un assalto proveniente da Scurcola da parte di frate Domizio che, insieme a molti “birri” di Tagliacozzo, minacciava apertamente Avezzano (1).
Occorre tener conto che il 15 settembre 1806, il tenente Enrico Alo’, comandante della gendarmeria reale francese, parti’ con una colonna verso Gagliano Aterno, in soccorso del maggiore della guardia provinciale Moscadi, ormai da cinque giorni senza viveri e con poche munizioni.
Quando l’ufficiale raggiunse il paese, affrontando agguati e scaramuccie, lo trovò deserto perché la popolazione, temendo rappresaglie, era fuggita insieme ai “briganti” in direzione di Collarmele, Aielli, Celano e Avezzano. Tuttavia lo scontro diretto fu inevitabile e, lo stesso frate Domizio (segretario di Piccioli), venne ferito ad una gamba; mentre i massisti lasciarono sul campo dodici morti e molti feriti (16-17 settembre 1806).
La lunga relazione, che in seguito il tenente Alo’ inviò alle autorità superiori, oltre a segnalare le fasi drammatiche degli scontri, non tenne conto, naturalmente, di importanti episodi che, secondo le circostanze, furono sfumati a favore della potente azione francese. Cio` equivale a considerare un solo aspetto, quello del valore dei soldati napoleonici. D’altronde egli affermò che: ” con il valore francese presi le posizioni al nemico che fu messo in fuga”. Dopo aver respinto con gravi perdite briganti e massisti, tornò indietro verso Collarmele e, cercando:”la moderazione che distingue il nostro Governo” non incendio` il paese” (2).
Ben presto, in questa azione multiforme, la ritirata verso i paesi intorno al lago di Fucino, si trasformò saccheggi e rapine, ai danni dei benestanti filofrancesi.
Infatti, le masse di Piccioli e frate Domizio rubarono nelle case e nelle stalle dei ricchi di Aielli, condotte da Felice Ruggeri, alias Giovinotto di Ovindoli e Nicola Paneccasio. Il documento descrive poi l’inseguimento dei Volteggiatori del I ° reggimento comandati dal capitano Beoulliox, mentre, da Sulmona sopraggiungevano quaranta soldati del 22° leggero e venti Cacciatori a cavallo, pronti anche essi a entrare nella zuffa che stava facendosi sempre più aspra. Anche se il tenente Ardit fu ferito gravemente e le perdite francesi non vennero elencate nel rapporto, Alo’ ribadi’ nel suo resoconto che gli scontri ebbero luogo tra: “la più brava Truppa del mondo, ed una massa informe di canaglia” (3).
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NOTE
1) Archivio di Stato di L’Aquila, Intendenza, Serie I, cat.27, b.4813b, fasc.2.
2) Ivi, b.4814c, fasc.5. Lo storico avezzanese Tommaso Brogi afferma che il comandante del distaccamento francese era un: “tal Enrico Alo’, colonnello nativo di Popoli naturalizzato in Francia, il quale conosceva o aveva relazione coll’Abate Lolli di Avezzano”.
3) Ibidem.












