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Un tuffo nel passato. Torri e castelli della Contea di Celano

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NECROLOGI MARSICA

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Ruggero II d'Altavilla

I Berardi, noti come conti dei Marsi, hanno amministrato per tre secoli il vasto territorio marsicano. Discendenti del capostipite Berardo il “francisco”, pronipote di Carlo Magno, guidarono tra il 936 e il 1143, a fasi alterne, la contea dei Marsi. Dopo la sottomissione di Berardo V e Rainaldo III alle truppe normanne, si pose fine alla contea dei Marsi. I rami principali si estinsero e i Normanni si inserirono abilmente nei molti conflitti che scoppiarono tra i vari protagonisti della vita politica del tempo. Provenienti dall’ex Ducato longobardo di Benevento, diviso in Ducato di Puglia e Principato di Capua, dopo aver soppresso i grandi feudi, ne disposero altri più piccoli a loro piacimento. Fu il re normanno Ruggero II d’Altavilla a dividere il territorio marsicano, allora incluso nel Principato di Capua, in tre contee:

  • la contea di Carsoli assegnata a Oderisio Berardi;
  • la contea di Albe a Berardo V;
  • la contea di Celano a Rainaldo III.

L’occupazione dei Normanni portò, negli anni immediatamente successivi, alla creazione di un sistema difensivo di controllo con torri di avvistamento e di difesa, recinti fortificati, cinte murarie con torri, castelli e porte che ancora oggi si possono ammirare visitando i suggestivi borghi medievali, in parte, ancora ben conservati. Gli abitanti si concentrarono in “castra” consistenti in nuclei abitativi protetti da mura e torri costruiti in luoghi particolarmente adatti al controllo di valli e valichi: in termini militari, una posizione strategico-difensiva. Tutto ciò portò a una radicale riorganizzazione del territorio che va sotto il nome di “incastellamento”. 

Ruderi dell’antica Celano sul Monte Tino

In realtà il fenomeno dell’incastellamento era già iniziato intorno all’anno Mille. Sul finire del X secolo, dopo le distruzioni dei Saraceni della vicina cella cassinese di S. Vittorino in Telle, il Conte dei Marsi Berardo II costruì a quota 1161 del Mons Celanum, sopra l’antica curtis, una ristretta torre-cintata dove a metà dell’XI secolo fu residente il figlio del Conte Berardo, Pandolfo Vescovo dei Marsi. Con l’età normanna, nel XII secolo, sotto il Conte Rainaldo di Celano, la vecchia torre-cintata venne collegata al nuovo castello-recinto a pianta triangolare con torrette rompitratta che dalla quota 1161 scendeva fino a raggiungere la Fons Aurea e la vicina chiesa di S. Giovanni Capodacqua (oggi Santa Maria delle Grazie). Nell’interno si sviluppava l’abitato su terrazze degradanti sul pendio con edifici, cisterne e le due chiese di S. Bartolomeo e di S. Agata. Con i Normanni il feudo di Celano ebbe un incremento demografico con aumento di territorio dovuti ad accordi vantaggiosi stipulati fra re Ruggero II e i conti locali. Sotto il conte Rainaldo Celano divenne il feudo più grande della Marsica con ben 12 militi e una popolazione di circa 1500 abitanti. Alla morte del re Ruggero II d’Altavilla gli successe re Guglielmo II, noto per aver fatto compilare il Catalogo dei Baroni (Catalogus Baronum redatto nel 1150). Nel prezioso documento ordinato al fine di conoscere il numero di soldati che avrebbero potuto fornire per la spedizione in Terra Santa, è riportato l’abitato fortificato di Foce, (feudo di 4 militi con 520 abitanti) situato a quota 900 s.l.m. precisamente sul costone roccioso alla destra dell’imbocco delle Gole. Oggi dell’abitato di Foce rimangono resti evidenti di mura medievali visibili anche dal piazzale delle Gole di Aielli-Celano. 

Chiesa San Giovanni Capodacqua (oggi Santa Maria delle Grazie)

Si può attualmente visitare la località percorrendo il sentiero storico che partendo dalla frazione Casalmartino si inoltra nella pineta verso nord-est della parte pedemontana del Monte Tino. Dopo la morte di re Guglielmo, il conte Pietro sfruttò i turbamenti politici e si destreggiò con molta abilità creando un solido controllo delle vie di accesso al Fucino, favorendo alleanze con Stati confinanti attraverso la politica matrimoniale. Nel XIII secolo, ad opera di Pietro conte di Albe e Celano (le due contee furono riunificate), vennero potenziati i castelli di Foce ed Agellum (Aielli Alto). La torre di Aielli venne trasformata in un piccolo castello con recinzione dotata di torrette-rompitratta rettangolari “a scudo” e venne costruita la grandiosa fortezza di Monte Secino, la Rocca de Foce (a quota 1506) sui resti di un antico insediamento, poi distrutto dalle truppe imperiali di Federico II. 

Resti della fortezza di Monte Secino di Aielli

Anche il castello di Ovindoli, oggi praticamente ridotto a parapetto del “belvedere” che sovrasta l’attuale centro storico di Ovindoli, un tempo faceva parte del sistema difensivo di avvistamento del castello di Celano, tramite il castello di S. Potito e la torre di S. Jona. Ovindoli fu spesso al centro di guerre e battaglie che si combattevano nei centri vicini. Nel 1268 Carlo I d’Angiò si accampò sui piani di Ovindoli, in località il Campo, prima dello scontro con le truppe di Corradino di Svevia, ai Piani Palentini, presso Scurcola Marsicana. Lo stesso Conte Pietro fece edificare le fortificazioni sopra la Serra di Celano dove a quota 1923, segnalate da una croce di ferro, per circa 200 m si sviluppa una recinzione fortificata di crinale con spessore di 90 cm che segue fedelmente l’orografia del luogo. Le fortificazioni furono create per controllare direttamente quelle sottostanti del primitivo Castello-recinto di Celanum agli inizi del ‘200. Ma nel 1231, per ordine dello stesso Federico II le fortificazioni furono rase al suolo per la pericolosità degli avvenimenti conflittuali di quegli anni.

Resti delle fortificazioni medioevali sul crinale della Serra di Celano

Nel XIV secolo, nel coevo scacchiere marsicano, anche Aielli dovette rivestire notevole importanza strategica a giudicare dagli insediamenti difensivi superstiti ancora riconoscibili in un recinto con torre e due cinte urbane, la più esterna delle quali sfruttava verso valle la conformazione a gradoni rocciosi del terreno. Nel 1356 il conte Ruggero II di Celano fece edificare la monumentale torre di avvistamento posta all’interno del nucleo medioevale del castrum Agelli. La torre, ancora ben conservata, è localizzata sul versante meridionale della Montagna del Sirente, non lontano dall’antico tracciato della via Valeria, in posizione adatta a difendere l’accesso ad ovest. Essa sorvegliava anche la via che attraverso il Vallone dell’Inferno collegava direttamente con Gagliano Aterno sull’altro versante dove i conti di Celano costruirono l’elegante castello cinto da fossato con ponte levatoio e maestoso scalone.

Castello di Gagliano Aterno

Il versante orientale

Nel versante orientale, le torri di Pescina Vecchia, Venere e Ortona dei Marsi, insieme alle torri cilindriche di Collarmele e Speron d’Asino facevano capo, tramite la torre di Aielli, al castello di Celano per il controllo del lago Fucino. La Torre di Collarmele e la torre di Aielli conservano ancora sull’architrave lo stemma dei conti Berardi di Celano. La torre di Speron d’Asino, con tracce di recinto esterno, si trova in pessimo stato di conservazione al limite della staticità. 

Il castello Piccolomini di Ortucchio

Verso la prima metà del XIV secolo i conti di Celano sentirono la necessità di dotare di una torre portuale l’approdo dell’isolotto di Ortucchio. Successivamente con il conte Pietro di Celano e Lionello Acclozamora, la torre fu divisa dal paese con la creazione di un fossato e l’edificazione di un recinto quadrato dotato di torri ad “U”, includente una peschiera interna. Dopo la morte di Lionello il castello fu luogo di prigionia di Jacovella da Celano, vedova dell’Acclozamora e madre di Ruggerotto. Il perimetro murario permetteva alle acque di defluire su entrambi i lati del castello e di potervi accedere dalla darsena interna con un’ampia apertura ad arco orientata verso il lago. Nel XV secolo fu Antonio Todeschini Piccolomini, nipote di papa Pio II, a restaurare il castello di Ortucchio e a renderlo più efficiente con il raddoppio ed innalzamento delle murature e l’aggiunta sugli angoli delle quattro torri rotonde. Il lavoro fu portato a termine nel 1448 come risulta dall’iscrizione presente sopra l’ingresso interno del castello. Con questa iscrizione viene confermata la funzione del castello, una fortezza posta a presidio del lago per mantenere in obbedienza i pescatori ed agricoltori del Borgo di Ortucchio. Nella seconda metà del XV secolo i Piccolomini trasformarono anche il castello di Balsorano con la creazione di cinque bastioni cilindrici e un pozzo quadrato al centro del cortile con lo stemma della famiglia Piccolomini tra due colonne con capitelli rinascimentali.

Collegamento con il versante nord

La direttrice nord che attraverso l’Altopiano delle Rocche collegava la terra dei Marsi con la Conca Aquilana era controllata da due opere: una posta al passo di Ovindoli, l’altra più in basso a San Potito, dove l’antica strada formava sin da allora un bivio che tuttora porta a Celano o ad Alba Fucens. Il castello di Rovere, il castello di Ovindoli e la torre di S. Jona creavano il collegamento difensivo della Contea di Celano con la Valle dell’Aterno. 

Il castello di Celano simbolo del potere della Contea

Ma il simbolo del potere e della grandezza della Contea di Celano rimane il maestoso castello posto nel punto più alto del centro storico della cittadina marsicana. La realizzazione del castello di Celano si articolò in tre fasi fondamentali: 

  • la prima avvenne intorno al 1392 quando il conte Pietro Berardi ordinò l’edificazione della cinta muraria ed i primi due piani del mastio fin sotto la cornice marcapiano; 
  • nella seconda la Contessa Jacovella Berardi e il terzo marito Lionello Acclozamora ripresero la costruzione dell’edificio nel 1451, portando quasi a compimento l’opera con la realizzazione del piano nobile, dell’apparato a sporgere con il sovrastante cammino di ronda per facilitare lo spostamento dei difensori, e delle quattro torri d’angolo; 
  • infine nel 1463 Antonio Todeschini Piccolomini, investito della Contea di Celano da Federico d’Aragona, apportò un grande contributo architettonico alla struttura del maniero, anche se i suoi interventi si limitarono a completamenti, aggiunte e decorazioni. Egli infatti portò a termine il secondo piano del loggiato con archi a tutto sesto impostati su capitelli recanti il simbolo della sua famiglia: la croce e la luna falcata.

Foto castello Piccolomini di Celano-Stemma dei Piccolomini

Con l’abolizione della feudalità (legge del 2 agosto 1806) tutte le città, terre e castelli saranno governati secondo la legge comune del Regno Napoleonico. In seguito il castello, divenuto ormai palazzo residenziale, appartenne a diverse famiglie nobili fino al 1938, quando fu espropriato dallo Stato per pubblica utilità e dichiarato Monumento Nazionale. Attualmente il castello Piccolomini di Celano con la sua struttura medievale e rinascimentale è uno dei massimi esempi italiani di fortificazione e dimora signorile e il monumento più visitato d’Abruzzo.

Castello Piccolomini di Celano

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