Canistro. Una nuova “puntata” nella vicenda della Santa Croce a Canistro. Come preannunciato, tutto è andato per il verso giusto e il 2 di ottobre, come stabilito dalla Regione, l’imprenditore Camillo Colella, ha riportato in Comune le chiavi della sorgente da cui viene attinta l’acqua per produrre una delle minerali più famose d’Italia.
Di fatto, però, la sorgente non può essere sigillata. Un “pozzetto”, infatti, rimane aperto tutt’oggi, in quanto, qualora dovesse essere chiuso per impedire l’afflusso allo stabilimento, una parte di Canistro, dove per la precisione c’è anche la clinica, rimarrebbe senz’acqua. Ed è una circostanza, questa, nemmeno ipotizzabile per tutte le parti in causa.
Se da una parte Colella dichiara che comunque l’azienda continuerà a lavorare con le scorte in magazzino per adempiere alle scadenze, come scritto in una nota diffusa alla stampa, dall’altro c’è chi fa notare che dopo tre giorni di permanenza nei silos, l’acqua perde le sue proprietà organolettiche e pertanto è quest’ultima una circostanza da verificare.
Per questo ora potrebbe entrare in scena la Regione, con ulteriori provvedimenti.
Intanto va avanti l’inchiesta dei carabinieri della compagnia di Tagliacozzo, partita da un sopralluogo allo stabilimento, fatto dai dirigenti della Regione insieme ai reparti di Nas e Noe. Dopo la lunga lista di ricorsi al Tar presentata dal Comune di Canistro, tramite i suoi legali, per il fatto che nel bando elaborato per la captazione delle acque della Sorgente non era stato coinvolto minimamente il Comune, il lavoro dei militari dell’Arma si sta concentrando anche sul bando. Una gara andata a Colella a cui poi, però, è stata contestata la mancanza di documentazione inerente al Durc. Sull’elaborazione del bando già sono stati ascoltati alcuni dirigenti della Regione, che fanno capo al settore di competenza.
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