I confini della Marsica arrivano fino al Monte Marsicano
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Magliano de' Marsi si prepara a celebrare il bicentenario della nascita di Padre Panfilo Pietrobattista, insigne teologo e missionario
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L’amnistia del 1932 e la nomina di Giovanni Torlonia a presidente degli agricoltori provinciali

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NECROLOGI MARSICA

Necrologi Marsica Marcello Taglieri
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Prima di esaminare i dati relativi all’evolversi di nuove situazioni nella Marsica, conviene subito affrontare il problema dell’amnistia, concessa dal governo fascista in occasione del decennale della «Marcia su Roma». Un avvenimento importante, che interesserà più da vicino i noti antifascisti locali: Palladini, De Rubeis, Mancini, Ricciardi, Amiconi, Vidimari, ecc., già tutti denunciati e sorvegliati dall’OVRA, soprattutto per le loro attività sovversive svolte da Avezzano, una città troppo vicina alla Capitale, dove agivano segretamente cellule romane in contatto con Parigi (1).

La cronaca de Il Messaggero riferisce in prima pagina di tali avvenimenti con caratteri cubitali, pubblicando un articolo che illustrava i passaggi del provvedimento: «Il Consiglio dei Ministri si è riunito, ieri mattina alle ore dieci, a Palazzo Viminale, sotto la presidenza del capo del Governo e con l’intervento di tutti i ministri e del segretario del partito on. Rossoni: in principio di seduta è stato approvato il testo di un decreto di amnistia e indulto, proposto a S.M. il Re dal Capo del Governo e dal Ministro Guardasigilli, di concerto con gli altri Ministri interessati. Il provvedimento contempla anche i reati di antifascismo, e, malgrado talune necessarie limitazioni riguardanti i recidivi e i latitanti, è il più largo che sia stato emanato dalla proclamazione del Regno d’Italia» (2).

Naturalmente, il giornale di regime esaltò la manovra del governo precisando:«La celebrazione del primo decennale coronata da un grande atto di clemenza. Portata ed effetti giuridici della più vasta amnistia concessa dalla proclamazione del regno. Saranno restituiti alle loro case: da 15 a 20 mila condannati per reati comuni; 1234 condannati o confinati per antifascismo […] Il Regio Decreto 5 novembre 1932-XI, n.1403 relativo alla concessione del I° decennale del regime fascista, merita un primo plauso, per i suoi pregi di forma. L’estensione del beneficio. Al momento dell’amnistia – 4 novembre u.s. – i condannati per reati di antifascismo in espiazione di pena erano 1056. Di essi saranno liberati 423 per effetto dell’amnistia, 204 per effetto del condono di anni 3 e 12 per effetto del condono di anni 5: in totale, liberati 639. Nello stesso giorno i confinati per reati di antifascismo nelle isole e nel continente erano 983, gli assegnati al confino e non ancora tradotti a destinazione 103: in totale 1086. Di essi 595 saranno rilasciati nei prossimi giorni. Il numero dei detenuti per reati comuni che saranno liberati per effetto del provvedimento non può essere ancora esattamente precisato, ma oscillerà tra i 15 e i 20 mila» (3).

In altre circostanze e in altro luogo (11 febbraio 1932), confidando nelle buone intenzioni «dell’Eccellentissima Casa Torlonia», per andare incontro ai «grandi bisogni della classe rurale e della provincia e specie del Fucino», il federale Marinucci, il prefetto Sacchetti, il commissario straordinario Pietro Pezzi e Carlo Muzi, elessero per acclamazione Giovanni Torlonia, nell’assemblea generale della federazione fascista degli agricoltori: «alla quale hanno partecipato i fiduciari di tutti i gruppi della provincia, il Principe Giovanni Torlonia, senatore del Regno, è stato per acclamazione eletto presidente della Federazione stessa. È questo un riconoscimento dell’opera che la Casa Torlonia svolge a favore degli agricoltori delle fertili terre del Fucino». Immediata fu la risposta del principe romano indirizzata a Gustavo Marinucci: «Grato agricoltori provincia Aquila che hanno voluto acclamarmi presidente loro Federazione, prego Lei rendersi interprete mio ringraziamento che spero presto rinnovare personalmente. A Lei, distinti saluti» (4). Di conseguenza, il giorno 14 dello stesso mese, alla presenza dei consiglieri di tutte le sezioni, si riunì per la prima volta il consiglio della federazione agricoltori, presieduto dal senatore Giovanni Torlonia. Il nuovo presidente, vivamente applaudito, richiese: «la più cordiale collaborazione e la segnalazione dei bisogni degli agricoltori ed ha detto che è sua intenzione accordare la massima assistenza e comporre ogni dissidio e divergenza economica secondo i dettami del sindacalismo fascista» (5).

Al di là delle solite promesse che indirizzavano la federazione verso un processo più efficiente e dinamico, capace di esaminare problemi sociali e politici senza perdere di vista le reali necessità degli agricoltori del Fucino, già si profilavano all’orizzonte duri contrasti tra gli affittuari e il principato fucense, durante il rinnovo dei contratti d’affitto scaduti nel novembre del 1931. Di fatto, tra il 22 e 29 maggio 1932, la confederazione nazionale dei sindacati fascisti pubblicò un articolo molto polemico e, con un comunicato a stampa, mise in dubbio l’operato della federazione stessa che si era attribuito: «il riconoscimento di una giusta rivendicazione degli affittuari coltivatori diretti del Fucino, a proposito del pagamento del canone d’affitto differenziale per bietole consegnate in meno nell’autunno del decorso anno». Inoltre, venne precisato che: «l’azione è stata svolta, verso la Casa Torlonia, soltanto ed esclusivamente dalla Confederazione dei lavoratori agricoli mentre la Federazione agricoltori di Aquila ha mantenuto, nella questione, un atteggiamento più che passivo e un rigoroso riserbo». Così, la contrapposizione tra le due fazioni divenne palese a tutti gli interessati in un quadro socio-economico davvero disastroso. Per questo, i sindacati fascisti invitarono le parti ad un accordo in vista del rinnovo dei contratti, consapevoli di: «acquistarsi quel merito che arbitrariamente si erano attribuiti in una questione alla quale la Federazione si era tenuta completamente estranea». Pur di fronte a queste diverse posizioni, l’interessamento di Giovanni Torlonia dette almeno agli agricoltori qualche speranza in più (6).

NOTE

  1. Il citato Pietrantonio Palladini riceveva spesso, dall’avvocato romano Peppino Bruno (giovane repubblicano), notizie della stampa clandestina di Parigi e, a sua volta, trasmetteva a Vienna i resoconti sulla lotta che si andavano profilando nel Fucino tra i contadini e Torlonia (P.Palladini, cit., pp.21-22).
  2. Il Messaggero, Anno 54° – N.265, Domenica 6 Novembre 1932, I provvedimenti del Consiglio dei Ministri ieri. Un Decreto di amnistia e indulto sotto posto alla firma sovrana.
  3. Ivi, Anno 54° – N.266, Martedì 8 Novembre 1932.
  4. Il Risorgimento d’Abruzzo e Molise, Anno X, Roma, 14 Febbraio 1932. Il principe Torlonia presidente della Federazione degli Agricoltori aquilani. Furono eletti anche altri componenti per il consiglio federale: Ascanio Moscardi, Raffaele Moroni, il barone Nicola Masciarelli, Carlo Muzi, Francesco Di Rienzo, Alfonso Donucci, ecc. Cfr. R.Colapietra, cit., p.177.
  5. Ivi, Anno X – Roma, 17 Aprile 1932, p.5. Attività Sindacale. Una importante riunione del Consiglio della federazione Agricoltori ad Aquila. La parola del Principe Torlonia.
  6. Ivi, Anno X – Roma, 22 Maggio 1932, p.4, L’amministrazione e gli affittuari del principato del Fucino; Anno X – Roma, 29 Maggio 1932, p.2. Una rettifica della Confederazione dei Sindacati dell’Agricoltura per il contratto del Fucino.
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Fulvio D'Amore ricercatore e saggista

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