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La terribile catastrofe. Il terremoto che 108 anni fa devastò la Marsica

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NECROLOGI MARSICA

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Necrologi Marsica Cesidio Iacovetta
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Angelo Ianni

La mattina del 13 gennaio 1915, alle ore 7 52′ 43″ una violenta scossa di terremoto devastò la Marsica. Arrivò all’improvviso, senza nessun segno premonitore, sia per i sismologi che per la popolazione. Il drammatico evento sismico ebbe il suo epicentro nell’ex lago Fucino travolgendo l’intera Marsica. Dopo la prima violenta scossa, stimata sulla base della distribuzione dei danni dell’XI grado della scala MCS, magnitudo MW 7.0, altre ne seguirono, circa un migliaio, alcune delle quali di notevole intensità, interessarono la regione per un arco di circa un anno. Le vittime secondo studi recenti raggiunsero complessivamente il numero di 30.519. In realtà l’evento sismico si propagò in gran parte dell’Italia centrale e meridionale: danni ingenti si contarono nella Valle Roveto fino a Sora, Roma, (fu danneggiato il colonnato del Bernini a piazza San Pietro e dalla facciata della Basilica di San Giovanni in Laterano cadde la statua di San Paolo), la Campania e l’Umbria.

Foto Avezzano distrutta dal sisma

I primi soccorsi
La dimensione della tragedia tardò ad arrivare a Roma. I soccorsi furono inviati tardi e in maniera del tutto insufficiente.
Solo alle ore 23.30 fu organizzato il primo convoglio ferroviario con 600 soldati, un ospedale da campo e generi di prima necessità.
Alle ore 13:55 del 14 gennaio giunse alla stazione di Avezzano il treno speciale con il Re Vittorio Emanuele III che visitò le rovine della città chiedendo ai superstiti informazioni sulle condizioni e sull’entità dei soccorsi ricevuti. Il sovrano ripartì per Roma alle ore 15:30 con un treno speciale nel quale aveva fatto salire anche molti feriti giunti dai paesi vicini. (Dati dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia INGV).

Intervento dell’esercito
Nonostante gli iniziali ritardi, lo Stato fu presente con l’Esercito in modo massiccio. Nel periodo più critico delle operazioni, il comandante della zona militare di Avezzano, Generale Carlo Guicciardi, disponeva di 10.630 soldati suddivisi in 7 zone di intervento (Avezzano e Conca del Fucino 3.500 uomini, Monte Velino 1.300 uomini, Tagliacozzo 300 uomini, Valle Roveto 1.000 uomini, Celano 300 uomini …). Si alternarono truppe appartenenti a vari reggimenti: il 18° Reggimento Fanteria, l’81° Reggimento di Fanteria, il 4° Reggimento Genio Pontieri. La presenza delle Forze Armate nel luogo del disastro fu molto breve. Già all’inizio di febbraio gran parte della truppa fu richiamata nei propri quartieri: i reparti del Genio, i più adatti in questo frangente, lasciarono la Marsica e, a partire dalla metà dello stesso mese di febbraio, anche la sanità militare fu mobilitata e ridislocata in vista delle future operazioni belliche.

Il 24 maggio dello stesso anno, un nuovo terribile avvenimento fece passare le notizie riguardante i terremotati in second’ordine: l’entrata in guerra dell’Italia. Molti dei giovani scampati al terremoto servirono ugualmente la Patria. Molti di essi non fecero ritorno. Stessa sorte subirono tanti soldati che soccorsero le popolazioni dei 52 centri abitati distrutti o fortemente danneggiati dal terremoto.

(Castenetto S., Galadini F., “13 gennaio 1915”. Il terremoto nella Marsica, SSN, Istituto Poligrafico dello Stato, Roma, 1999).

Foto Avezzano distrutta dal sisma

Dopo il terremoto arrivò anche la neve
Dopo il terremoto arrivò anche la neve a rendere ancora più complicate le operazioni di soccorso. Dal 16 gennaio la neve ricoprì le macerie rendendo impossibile la circolazione di uomini e mezzi, tanto che diversi centri del reatino furono raggiunti non prima del 19 gennaio. Ignazio Silone nel suo romanzo “Uscita di sicurezza” scriveva: “E la notte portava i lupi attirati dall’odore di morte e dal bestiame che veniva riunito all’aperto, mentre le bufere di neve avevano coperto il paesaggio desolato…, la maggior parte dei morti giaceva ancora sotto le macerie. La notte si accendevano grandi falò, tenevano lontano i lupi che erano scesi a valle, e il loro ululato, sempre più vicino, non lasciava riposare neppure gli atterriti superstiti che vivevano accanto alle case distrutte”.

Le vittime

Dati riportati dall’Agenzia di Protezione Civile, Servizio Sismico Nazionale (13 gennaio 1915. Il terremoto nella Marsica, 1999).

Il paese più colpito fu Avezzano con 10.719 vittime su una popolazione di 13.119 abitanti. Avezzano fu rasa al suolo, una sola abitazione restò in piedi.

Unico edificio di Avezzano rimasto in piedi dopo il sisma del 13 gennaio 1915

I danni a Celano
Nel 1915 Celano non aveva la stessa estensione che ha oggi. La popolazione era concentrata nel centro storico compreso tra l’altura di Capo del Colle, con il castello e la duecentesca “cittadella”, le Mura Nuove fino a via San Ferrante. I tre ordini di mura includevano l’abitato su tre gradoni rivolti verso la sottostante piana fucense. A quel tempo erano pochi i caseggiati sparsi lungo la stazione ferroviaria, intorno al convento di Santa Maria Valleverde e nei borghi periferici di Sardellino, Bussi e Monterone. Celano pagò un tributo in vite umane abbastanza alto ma di gran lunga inferiore a quello di altri centri della Marsica. Le zone del centro storico maggiormente colpite furono La Palmaretta, Le Mura Nuove e San Ferrante. Il numero di vittime fu di 1.118 su una popolazione di 11.400 abitanti (molte vittime si ebbero nella frazione di Paterno che contava 1.800 abitanti).

A Celano, come nell’intera Marsica le strutture pubbliche rovinarono insieme a quelle private. Vennero seriamente danneggiati il Palazzo Comunale, La Pretura, il Carcere Mandamentale di fianco alla chiesa della Madonna del Carmine. Il sito verrà occupato in seguito dall’edificio scolastico, oggi Auditorium Enrico Fermi. Il municipio distrutto era ospitato nel Palazzo Coia ubicato all’inizio della discesa di S. Angelo.

Antiche mura del centro storico di Celano

Le vittime a Celano
Le opere di lavoro di scavo e di sepoltura, fatti solo a mano in mancanza di mezzi meccanici, durarono qualche mese, così come quello della sepoltura dei corpi. L’escavazione dei banchi per l’inumazione di circa 500 cadaveri estratti dalle macerie durò per circa 2 mesi (dal 14 gennaio al 13 marzo 1915).

Le vittime a Paterno
Paterno nel 1915 contava circa 1.800 abitanti. (Dati del censimento del 1911). Occorre ricordare che Paterno il 14 maggio 1811 venne aggregato al Comune di Celano e continuò a farne parte fino al 12 agosto 1953. In questa frazione di Celano il terremoto aveva distrutto anche il cimitero, per questo motivo l’Amministrazione comunale fece ricorso alle fosse comuni per almeno 700 vittime. Il lavoro di seppellimento dei cadaveri estratti dalle macerie durò dal 19 febbraio al 9 marzo 1915.

La ricostruzione
Gli interventi di ricostruzione riguardarono dapprima Avezzano che fu ricostruita leggermente più a nord, nord ovest rispetto al centro originario. Nella città rasa al suolo dal sisma (una sola abitazione restò in piedi) il governo Salandra istituì uno dei più grandi centri di concentramento della prima guerra mondiale in località Borgo Pineta con l’impiego di circa 15.000 prigionieri austro-ungarici e dei soldati rumeni della Legione Romenia d’Italia che realizzarono diverse opere (alcuni edifici pubblici, i nuovi servizi viari cittadini, le cisterne per l’approvvigionamento idrico delle Tre Conche, la pineta della zona nord e il rimboschimento del Monte Salviano.

Campo di Concentramento di Avezzano

La costruzione di baracche in legno
Dopo le operazioni di esumazione dei cadaveri seppelliti dalle macerie, la seconda urgenza, cioè quella di sistemare i senzatetto, fu opera del Genio Civile di Avezzano. All’indomani del sisma, per sistemare i senzatetto si ricorse alla costruzione di baracche in legno per ospitare le famiglie e all’istallazione dei cosiddetti “baracconi” per ospitare le scuole che prima del sisma erano dislocate in case private del paese. Il Genio Civile costruì 850 baracche nei vari quartieri: Campitelli, Gualchiera, Muricelle, Vaschette, Stazione, Monterone. I nuovi agglomerati furono forniti di acqua con la costruzione di condutture e fontane all’aperto, nonché di “pozzi neri” da adibire a bagni pubblici. Le baracche misero le famiglie al riparo dalle intemperie, ma non dal freddo. Il riscaldamento fu procurato a spese del comune con stufe a carbone. Le stesse condizioni valsero anche per i baracconi adibiti a scuola.

Il processo di sbaraccamento a Celano
Contemporaneamente allo sbaraccamento iniziato già nel 1919, in Rione Tribuna furono costruiti 63 alloggi stabili (case economiche in muratura) con il contributo del “Giornale La Tribuna” (da cui prese il nome il quartiere). Le casette asismiche in muratura furono costruite negli stessi siti occupati dalle baracche in legno. Nel 1926 si aprì una terza fase nella ricostruzione degli alloggi. Dopo le baracche in legno e dopo la loro sostituzione con le baracche in muratura, il Ministero dei Lavori Pubblici iniziò la costruzione di case popolari in muratura con l’intento di portare a termine definitivamente il processo di sbaraccamento. Tale opera di costruzione ebbe termine nel giugno del 1932.

Ricostruzione del nuovo Edificio Comunale di Celano
Nel mese di aprile 1937 vennero appaltati i lavori, alla ditta Rossi Giacinto di Avezzano, per la ricostruzione del nuovo edificio comunale in Piazza del Mercato, oggi Piazza IV Novembre. Soltanto nel luglio del 1939 Celano potè ospitare i suoi uffici amministrativi nel Nuovo Palazzo Comunale. (N. Fidanza, Il terremoto del 13 gennaio 1915 a Celano, Avezzano 2014). L’evento sismico colpì duramente anche i monumenti di Celano. Gli antichi edifici sacri furono danneggiati nelle loro strutture di copertura che, cadendo, rovinarono molti dei preziosi elementi di arredo interno. Le torri campanarie risultarono le più colpite: molte crollarono o furono spezzate.

Esproprio e ricostruzione del castello
L’operazione di restauro del castello iniziò nel 1938, quando a causa del mancato restauro da parte dei vecchi proprietari, lo Stato, vista l’importanza del bene storico, operò, attraverso il varo del decreto regio 1315 dell’8 luglio 1938, all’esproprio per pubblica utilità del castello e dei terreni annessi. Nel 1940 iniziarono i lavori che, dopo l’interruzione della seconda guerra mondiale, ripresero nel 1955 per terminare nel 1960. L’intervento è consistito in una ricostruzione scientifica delle parti mancanti basandosi sulla abbondante documentazione fotografica esistente.

Doppio loggiato del Castello Piccolomini di Celano prima e dopo la ricostruzione

Castello di Celano prima e dopo il sisma del 1915

Castello di Celano prima e dopo il sisma del 1915

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