La droga: fuga nei “paradisi artificiali”

Parlare oggi di droga è ormai ripercorrere un sentiero già percorso fino alla noia e questo è molto pericoloso. Si parla, si discute, si riferiscono inchieste e percentuali, testimonianze ed episodi strazianti, fino al punto da provocare una sorta di immunità all’argomento. Questa è una prassi diffusa nella società italiana. Scoppia uno scandalo e allora se ne parla. Lo si volta e lo si rigira da tutte le parti finchè si può stare tranquilli che il cittadino l’ha preso a noia, non ne vuole sentire parlare perché è “vaccinato”.Si può procedere quindi alla seconda fase: l’insabbiamento. I mass-media ci parlano fino alla nausea degli inizi di un problema, del come avviene che un giovane muoia di droga, quali sono i canali dello spaccio, quali gli effetti e persino i moventi psicologici del drogato. Il problema dovrebbe essere affrontato con una programmazione migliore di quella attuale, affidata al pressapochismo e alla buona volontà, perché già di difficilissima soluzione.

Se consideriamo come sia arduo a un fumatore smettere di fumare, possiamo immaginare quanto sia terribile la situazione di un tossicodipendente che voglia uscire dalle sabbie mobili in cui è caduto, magari senza rendersene neppure conto. Aiutarlo è per la società, un dovere imprescindibile, perché non farlo equivarrebbe ad un omicidio, considerate le percentuali delle morti per overdose. Ancora più necessario però prevenire tale piaga. Certo, la scuola un po’ si prodiga per far conoscere ai giovani il rischio della droga, ma per attuare davvero una prevenzione valida bisognerebbe individuare le cause che spingono la persona a drogarsi, in modo da poterle eliminare. A questo punto il problema diventa estremamente complesso, perché entrano in campo motivazioni e interessi diversissimi. Dietro il giro dell’eroina ci sono speculatori senza scrupoli che guadagnano miliardi sulla pelle dei tossicodipendenti e si tratta spesso di persone “rispettabilissime” con forti appoggi politici. La legge si limita quasi sempre a punire i piccoli spacciatori, mentre chi tira i fili dell’organizzazione riesce sempre a sfuggire alla cattura.

Eliminare dalle radici simili”multinazionali della morte”, vorrebbe dire probabilmente ripulire dalle basi la nostra società. Se ciò è estremamente difficile, quasi impossibile diventa individuare e di conseguenza eliminare, i meccanismi che spingono alla droga. Gli studiosi li hanno più volte elencati: l’emarginazione sociale, la disoccupazione, il non trovare sbocchi professionali ai propri studi possono provocare frustrazione e disperazione. La curiosità di sperimentare un mondo proibito esercita un enorme fascino sui più giovani, che rimangono invischiati in una situazione di cui non avevano calcolato la portata negativa. L’insoddisfazione per una società ingiusta, e a volte crudele, conduce a questa fuga dal mondo e dalle responsabilità, rappresentata dalla droga. Per riportare una vera vittoria sull’eroina, bisognerebbe cambiare la società, renderla più umana e vivibile. Per capire quanto ciò sia difficile, basta sfogliare un giornale, guardare la televisione, osservare con occhi attenti quanto ci circonda; basta passeggiare in un qualsiasi parco e soffermarsi accanto alle decine di siringhe che giacciono sul terreno; basta riflettere sul numero, in pauroso aumento, dei morti per droga. (V.L.)

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