Mentre le camicie nere e parte dell’esercito italiano, combattevano aspramente nella guerra spagnola del generale Franco, l’estate del 1937 fu caratterizzata nella Marsica dalle esercitazioni militari, dai campi estivi per i giovani avanguardisti e dalle gare ciclistiche, con la quinta «Coppa città di Avezzano», una competizione di ben 148 chilometri vinta da Nello Taddei, seguito dai corridori avezzanesi: Di Giuseppe, Ridolfi, Martinelli e D’Amore (forse era mio nonno Antonio).
Un altro esempio importante che caratterizzava il culto fascista della “romanità” fu quello delle esercitazioni militari in tutta la Marsica, svolte in piena estate. Il 93° artiglieria dei Granatieri di Sardegna fu stanziato a Magliano dei Marsi; il 13° artiglieria a Massa d’Albe; gli avanguardisti aquilani furono distribuiti e posti nel Parco Nazionale d’Abruzzo (Pescasseroli, Opi, Villetta Barrea, ecc.).
In diversa prospettiva, invece, si tenne ad Avezzano il congresso eucaristico (8 settembre 1937) condotto dal vescovo Pio Marcello Bagnoli. Occorre specificare, tra l’altro, che nel panorama del conflitto spagnolo i cattolici avevano aderito alla causa nazionalistica, condizionati dal governo fascista e da notizie delle violenze compiute nei confronti di preti e suore. Indubbiamente, l’immagine del conflitto così presentato dalla stampa cattolica e fascista, fece intendere di poter intraprendere una nuova crociata o una guerra santa contro i «rossi comunisti» presenti nella penisola Iberica. Il presule Bagnoli, nella pastorale dell’anno prima, ricordando le parole del Papa affermò in proposito che: «Tutto ciò che è bello, buono, santo, tutto ciò che sa di civiltà e di religione, è preso di mira dagli affiliati di Mosca, atei militanti, proclamatisi ufficialmente senza Dio. Davanti a tanto scempio non ci è possibile restarcene indifferenti» (1).
Nel frattempo, le prime pagine de Il Messaggero riportarono un’importante notizia diffusa dall’Agenzia Stefani, che aveva appena pubblicato il comunicato ufficiale del 3 settembre 1937: «per invito del Führer il Duce si recherà in Germania nella seconda metà di settembre». Così, Mussolini, intese ricambiare la visita fatta in Italia da Hitler nel 1934 (2). Infatti, il 28 settembre 1937 i due statisti «parlarono al mondo». D’altra parte, già presagiva una futura alleanza, anche se fino a quel momento Mussolini aveva lasciato cadere le avances di Hitler. Di fatto ora, a Berlino, il suo messaggio appariva chiaro: «Camerati! L’importante è che i nostri due grandi popoli, i quali formano una imponente, crescente massa di 115 milioni di anime, siano uniti in una sola incrollabile decisione. Fascismo e Nazismo sono due manifestazioni di quel parallelismo di posizioni storiche che accomunano la vita delle nostre Nazioni risorte a unità nello stesso secolo e colla stessa azione» (3).
Al suo ritorno a Roma, un’immensa folla acclamò il duce, che comunicò a tutti la prossima visita del Führer in Italia. Fra le questioni sollevate per l’intervento fascista in Spagna, nel mese di ottobre dello stesso anno, furono ricordati nella Marsica in più occasioni i legionari della provincia aquilana caduti sul suolo iberico e «consacrati alla gloria».
In termini di strategia politica, altri mutamenti si tracciavano all’orizzonte per l’Italia imperiale. A ottobre Mussolini parlò ai centomila gerarchi accorsi in Piazza Venezia, dove era presente anche Rodolfo Hess, ministro del Reich (4).
Questa sorta di liturgia nazionale, sempre molto efficace per propagandare il credo fascista, si rifletteva anche e soprattutto nella Marsica.
Nel piccolo paese di Aielli, a dimostrazione delle «moderne» opere svolte dal regime e appena compiute, venne inaugurata la chiesa di San Adolfo e il sacrario dei caduti. L’inviato speciale, Walter Merlini, oltre ad esaltare queste recenti costruzioni, parlò in termini lusinghieri di Guido Letta: «figlio di Aielli e Prefetto di Novara, che forse ricordando le antiche ferite, il martoriato pianto delle genti e la desolazione del terremoto, ha voluto far nascere i segni miliari della conquista nuova con munifiche offerte» (5).
Mantenendo questa linea d’attenzione sul territorio preso in considerazione, ebbero luogo ad Avezzano due importanti manifestazioni in puro stile fascista. Alla metà di ottobre del 1937: la Festa dell’Uva e la celebrazione dell’annuale fondazione dei fasci giovanili. Nella prima, di fatto: «Un carro tirato da due magnifici buoi artisticamente bardati, ha percorso le vie principali della città; detto carro era fiancheggiato da Avanguardisti e Giovani fascisti in divisa, e seguito da un bel gruppo di Giovani italiane in costume paesano. Finito il giro, il carro si è fermato vicino alla capanna, costruita per l’occasione con gran buon gusto, in Piazza Risorgimento, ed i giovani hanno cantato inni patriottici e canzoni folcloristiche. La festa, organizzata dalle autorità locali, è riuscita ottimamente, ed il Camerata Fernando De Bernardinis ne ha egregiamente diretto l’esecuzione». Nella seconda, tra l’altro, fu elogiato Sergio Rampa, comandante delle centurie marsicane che era stato appena promosso «Sottocapo manipolo in seguito alla frequenza del Corso Nazionale per aspiranti, svoltosi a Roma. Al detto Ufficiale è stato anche affidato il compito di aiutante maggiore della 14ª Legione A.G.F. Marsa» (6).
La capanna della festa dell’Uva in Piazza Risorgimento
Oltretutto, un’importante avvenimento fu celebrato con cerimonia più rigorosa e di carattere espressamente militare: «Tutti i reparti perfettamente inquadrati hanno percorso le vie principali della città, sfilando dinanzi alle autorità in Via del Littorio; indi si sono schierati innanzi al Monumento ai Caduti in Piazza Risorgimento, deponendovi una corona di alloro». Il comandante del fascio giovanile (centurione Umberto Iatosti), acclamato da una folla in delirio lesse il messaggio inviato dal duce ai giovani fascisti (7).
Nell’ambito di questi riti collettivi, venne conferita la «Croce di Guerra» al valore militare a Vincenzo Colucci (di Scurcola Marsicana), capo squadra della 230ª legione CC.NN. Abruzzi, con la seguente motivazione: «Ferito il proprio ufficiale prendeva il comando del plotone M.P. ed alla testa di esso, in una posizione difficile, con una sola mitragliatrice rimasta efficiente, con tiri bene aggiustati e lancio di bome a mano, respingeva tre contrattacchi del nemico, che si accaniva per riprendere la posizione perduta. Esempio mirabile di spirito di sacrificio e di abnegazione. Adi Dechi Malech, 2 marzo 1936-XIV» (8).
NOTE
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