Negli ultimi anni, si parla sempre di più di cannabis legale. Su questa tematica non sempre c’è una conoscenza sufficientemente approfondita. Il motivo è molto semplice: fino a poco tempo fa, parlare di cannabis significava aprire un capitolo legato a criminalità e a un mondo all’insegna dell’illecito. Oggi come oggi, le cose sono ben diverse.
A cambiarle, almeno in Italia, ci ha pensato la Legge 242/2016, entrata in vigore nel gennaio dell’anno successivo. Questo provvedimento normativo, che è stato redatto con lo scopo di valorizzare il carattere sostenibile della coltivazione della pianta, ha permesso di acquisire maggiori informazioni sulle caratteristiche della cannabis e sulle sue potenzialità. Come già detto, però, ci sono numerosi punti da chiarire. Quando si nomina la marijuana legale, si inquadrano anche numerosi luoghi comuni che è il caso di sfare. Ecco i principali (e i motivi per cui si tratta di affermazioni non vere).
La cannabis legale non è affatto una sostanza stupefacente. Questa affermazione non è vera in quanto, per legge, la cannabis commercializzabile in Italia deve essere caratterizzata da una percentuale di THC, principio attivo psicoattivo per eccellenza, compreso tra lo 0,2 e lo 0,6%.
Anche in questo caso, ribadiamo, si tratta di un luogo comune da sfatare. Coltivare cannabis light non è pericoloso. Quello che conta, è acquistarla da rivenditori autorizzati e, per sicurezza, conservare per qualche mese il certificato di iscrizione dei semi al Registro Europeo delle Sementi.
Eccoci a parlare di un altro luogo comune da sfatare quando si parla di cannabis light. Da quando è stata introdotta in Gazzetta Ufficiale la legge sopra ricordata, si è aperto un vero e proprio business che, nel corso degli anni, è diventato così fiorente da portare molti esperti a parlare di new canapa economy. Al giorno d’oggi, attorno alla cannabis light legale ruota un giro d’affari di diverse decine di milioni di euro. A questo risultato contribuisce anche il fatturato di numerosi e-commerce.
Questi portali, che negli ultimi mesi hanno vissuto un vero e proprio boom a causa del lockdown, sono autorizzati a vendere cannabis light online e hanno prodotti adatti a tutti, dalle infiorescenze per chi ha già un po’ di esperienza all’olio di CBD per chi, invece, è alle prime armi e cerca un’alternativa per consumare cannabis light in maniera agevole.
Anche in questo caso, parliamo di un’affermazione che non ha fondo di verità. Nei negozi che sono nati dal 2017 ad oggi, si vendono prodotti a base di cannabis light. Con questa espressione, si inquadrano numerose alternative. Si parla ovviamente delle infiorescenze, dell’olio di CBD (o cannabidiolo, il principio attivo più popolare dopo il THC e privo di effetti psicoattivi), ma anche dei sopra citati semi e della farina. Quest’ultima rappresenta un’ottima opzione quando si tratta di cucinare per celiaci o intolleranti al glutine (si tratta di due condizioni diverse).
No, non lo è. Da diversi anni, la medicina ha scoperto le potenzialità della cannabis per il trattamento di diverse patologie anche gravi, come per esempio l’epilessia. In questo caso, però, si chiama in causa qualcosa di diverso dalla cannabis light a basso contenuto di THC. La cannabis medica è regolamentata da un’altra legge e viene utilizzata per la preparazione di farmaci. La cannabis a basso contenuto di THC a cui fa riferimento la Legge 242/2016, non ha proprietà mediche.
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