I confini della Marsica arrivano fino al Monte Marsicano
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Soldati spagnoli e commissario
Spese gravose delle Università marsicane per mantenere commissari e soldati spagnoli (1607-1631)
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Magliano de' Marsi si prepara a celebrare il bicentenario della nascita di Padre Panfilo Pietrobattista, insigne teologo e missionario
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Preziose maioliche della chiesa della Madonna delle Grazie di Collarmele portate a Genova: "Analizzate per capire fabbricazione e datazione"
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O emigrante o brigante li chiamavano briganti

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Il titolo di questo pezzo l’ho rubiamo a Francesco Saverio Nitti, per parlare o meglio provare a parlare del Brigantaggio e per ricordare che quindici anni fa, si tenne a Picciano (PE) una interessante mostra sul Brigantaggio e per ricordare e riflettere sul fenomeno del Brigantaggio dopo l’unità d’Italia.

La mostra, si leggeva su di un cartello, “non condanna, né assolve”

Li chiamavano Briganti ma, in realtà erano semplicemente dei poveri” Cafoni “per dirla con Ignazio Silone oppure “Bestie da soma” (erano le donne) per dirla con Teofilo Patini o ancora “Il brigantaggio non è che miseria, è miseria estrema, disperata” come ebbe e dire Francesco Saverio Sipari.

Ma anche Benedetto Croce osservò: “Sarebbe giovato adoperare i beni ecclesiastici, bene dei poveri da restituire ai poveri e non lasciare che li divorassero…gli speculatori”.

Basta leggere i tanti autori “tantissimi” che si sono occupati di questo problema, ebbene tutti descrivono quel periodo, come un periodo di sofferenza e di fame, insomma gli speculatori ebbero ancora una volta vita facile.

Alle grosse masse di nullatenenti restavano solo le tasse e una nuova e più rigida leva obbligatoria, mentre   i latifondisti, gli unici a disporre di denaro divennero ancora più ricchi e il divario anziché ridursi aumentò.

Va detto che, a proposito del servizio leva, le leggi Borboniche, prevedevano una “TASSA” di 240 ducati, ed esentavano i figli unici e gli ammogliati, dalle famiglie con due o tre figli prendevano uno solo; da quelle più numerose ne prendeva due, con l’evento del nuovo regine Sabaudo la “ TASSA” da pagare, per esentarsi dal servizio, era di 729 ducati, cifra assolutamente proibitiva.

Lo stesso Garibaldi, che tanto fece, per gli speculatori, venne messo da parte.

Al Brigantaggio, con le sue confuse bande armate, si trovarono insieme ex ufficiali, rimasti fedeli Borboni, criminali, ignobili, avventurieri, ma soprattutto tanti, tantissimi diseredati, spinti dalla disperazione, dalla rabbia e dalla fame.

Alla fine del 1862 furono più di 15.600 i briganti fucilati, senza contare quelli morti già prima di quella data e quelli  morti in conbattimento.

Addirittura  per l’alto numero di prigionieri il governo Sabaudo chiese al governo Portoghese un’intera isola disabitata ove poter portare i prigionieri, l’iniziativa fu interrotta per la forte indignazione internazionale. Per i tanti errori e abbusi sui cittadini, la protesta , la ribellione anziché calmarsi aumentò.

Ebbe a dire Massimo D’Azzelio:” Noi abbiamo cacciato il Sovrano per ristabilire il Governo sul consenso universale”

Il 16 dicembre 1862 la Camera nominò una commissione d’inchiesta e nel maggio del 1863 riferì in Parlamrnto, relazione Massari.

La relazione, circa la figura del Brigante, si esprimeva così:”La vita del Brigante abbonda di attrattive per il povero contadino, il quale ponendola a confronto con la vita stentata e misera che egli è condannato a menare non ifierisce certo dal paragone conseguenze propizie all’ordine sociale (…)Il Brigantaggio, in tal modo, diventa la protesta selvaggia e brutale della miseria contro antiche secolari ingiustizie”.

In realtà, pur essendo state riconosiute le cause sociali, che pure erano presenti anche prima dell’arrivo del governo Sabaudo, non venne avviata nessuna vera riforma, la legge Pica poi del 15 agosto 1863, finì di aggravare le già precarie condizioni.

Non entriamo a parlare della legge Pica diciamo solo che non poche donne furono passate alle armi, sorprese a portare cibo fuori dai paesi ai briganti.

Va detto che il controllo dei briganti sfuggì anche ai Borboni, ne fu vittima il generale Josè Borjes, che vagò tra i briganti, nelle terre D’Abruzzo, senza però riuscire nella sua missione, e fu assassinato presso Tagliacozzo, dall’esercito Sabaudo.

Rimasero solo pochi gruppi di disperati ed erano per lo più poveri e al tempo stesso vittime e carnefici e qui mi viene in mente il libro di Pino Aprile dal titolo:  “Carnefici” che non si riferisce ai Briganti ma bensì al governo Sabaudo. I Briganti continuarono ad impervessare fino al 1870, erano stati sradicati, era stata fatta l’ITALIA, ma bisognava fare gli ITALIANI.

Detto questo, riportiamo quando scriveva Francesco Saverio Sipari.

“ Chi sono i Briganti? Lo dirò io , nato e cresciuto tra essi.Il contadino non ha casa,non ha campo, non ha vigna,non ha prato,non ha bosco,non ha armento;non possiede che un metro di terra in comune al camposasanto.Non ha letto,non ha vesti,non ha cibo d’uomo, non ha farmaci,tutto gli è stato rapito dal prete,al giaciglio di morte o dal lodronaccio feudale o dall’usura del proprietario o dall’imposta del Comune e  dello Stato.Il contadino non conosce pan di grano,né vivanda di carne, ma divora una poltiglia  innominata di spelta (forno), segale o melgone, quando non si accomuni con le bestite a pascere (pascolare) le radici che gli dà la terra matrigna a chi l’ama.Il contadino robusto e aitante , se non è accasciato dalle febbri dell’aria, con sedici ore di fatica, riarso dal solleone,rivolta a punta di vanga due are di terra alla profondità di quaranta centimetri e quadagna ottantacinque centesimi, beninteso nelle sole giornate di lavoro, e quando non piove e non nevica e non annebbia. Con questi ottantacinque centesimi vegeta esso, il vecchio padre, spesso invalido, dalla fatica già passata, e senza ospizio la madre, un paio di sorelle, a mogliee una nidiata di figli. Se gli mancano per più giorni gli ottanta, gli mancano gli  ottantacinque centesimi, il contadino, non possedendo nulla, nemmeno il credito, non avendo nulla da portare all’usuraio o al monte dei pegni, allora (oh io mentisco!) vende la merce umana; esausto l’infame mercato, piglia il fucile e strugge,rapina,incendia, scanna,stupra e mangia.

Dirò cosa strana: mi perdonino. Il proletario vuol migliorare le sue condizioni né più né meno che noi. Questo ha atteso invano dalla stupida pretesa rivoluzione; questo attende dalla monanrchia. In fondo  nella sua idea bruta ,il Brigantaggio non è che il progresso, o , temperando la crudezza della parola, il desiderio del meglio. Certo, la vita è scellerata, il mondo è iniquo e infame. Ma il Brigantaggio non è che miseria, è miseria estrema, disperata: le avversioni  del clero, e dei caldeggitori  il caduco dominio e tutto il numeroso elenco delle volute cause originarie e di questa piaga sono scuse secondarie e occasionali, che ne abusano e le fanno perdurare. Si facciano i conatdini proprietari. Non è cosa difficile, ruinosa, anarchica e socialista come ne ha la parvenza. Una buona legge sul censimento , a piccoli lotti dei beni della Casta ecclesiastica e demanio pubblico ad esclusivo vantaggio dei contadini nullatenenti, e il fucile scappa di mano al brigante…Date una moggiata al contadino  e si farà scannare per voi, e difenderà la sua terra contro tutte le onde barbariche dell’Austro-Francia”.

(Tratto da  “Storia di Napoli” B. Croce.)

A questo punto sono molte le riflessioni che noi dopo, 150 anni abbondanti possiamo fare, ma le fece per noi Francesco Saverio Sipari.

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