I confini della Marsica arrivano fino al Monte Marsicano
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Soldati spagnoli e commissario
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Magliano de' Marsi si prepara a celebrare il bicentenario della nascita di Padre Panfilo Pietrobattista, insigne teologo e missionario
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La classe egemone marsicana dell’anno 1894

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NECROLOGI MARSICA

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Necrologi Marsica Leucio Sisto Lippa
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Necrologi Marsica Cesidio Iacovetta
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I dati raccolti dall’Annuario d’Italia del 1894, offrono un panorama sociale della Marsica inconsueto, colto in una fase critica nazionale, in cui si evidenziavano i complessi problemi dell’epoca. D’altronde, le Discussioni fatte alla Camera dei Deputati ne riflettono perfettamente il clima. Lo stesso re Umberto I di Savoia, da Palazzo Montecitorio, inaugurando la seduta del 3 dicembre, così esprimeva le sue preoccupazioni: «Signori Senatori! Signori Deputati! L’anno che tramonta surse incerto e diffidente di sé». Nella stessa seduta, Sidney Sonnino (ministro del Tesoro), non lasciò larghi spazi all’ottimismo durante l’esposizione finanziaria: «Oggi la finanza nostra è un’ammalata in convalescenza, scampata, mediante una cura energica, da una crisi gravissima» (1).

Qualche anno dopo, Paolo Boselli, ministro delle Finanze nel quarto governo Crispi, registrava anche lui un quadro a tinte fosche caratterizzato da: arretratezza dell’agricoltura, stentato decollo dell’industria e scarso sviluppo delle attività commerciali. La delicata situazione socio-economica dell’Italietta, dopo la disfatta dell’esercito italiano avvenuta nella pianura di Adua (sconfitta del generale Oreste Baratieri) precipitò, inducendo il capo dello Stato alle dimissioni. In questo scenario, la nota azione imprenditoriale espressa dalla famiglia Torlonia nel “latifondo” del Fucino (il principe Giovanni, deputato e poi senatore, sedeva a Sinistra con i costituzionalisti), a dispetto delle precarie condizioni generali, mobilitava e metteva sempre più in campo grandi capitali, raggiungendo progressi notevoli, evidenziati più tardi nella «Mostra dell’Agricoltura» del 1903, svoltasi all’Aquila. Tra l’altro, occorre precisare che nel documento della «Statistica Industriale» del 1905, il moderno zuccherificio dei Torlonia in continua ascesa, era già stato dotato di potenti macchinari: sette caldaie a vapore (1850 HP) e otto motori a vapore (520 HP) con l’occupazione di 260 operai. Il dato andrà confrontato con il Censimento del 1927, dove si evince che i lavoratori aumentarono fino alla cifra di 1.048 (2).

Tuttavia, comportamenti e scelte dei soggetti coinvolti, riflettevano su tutta la zona interessata un forte impatto sociale. Infatti, seppur si evidenziassero i progressi di mercato con Roma, nacquero anche molti contrasti tra fazioni politiche, con orientamenti di classi egemoni e ceti rurali verso posizioni estreme, in una situazione rappresentata da aspre lotte interne.

Il Fucino, naturalmente, giocava un ruolo fondamentale nelle secolari vicende che videro sempre più svilupparsi nuovi interessi e attese, in quadro ambientale dove la maggior parte della popolazione conduceva un’esistenza di sofferenze e privazioni, a differenza dei ricchi proprietari terrieri appartenenti alle famiglie storiche locali.

D’altronde, la storia della Marsica si evidenziò, durante i secoli trascorsi, dal lento decadimento delle antiche sedi comitali (Celano, Pescina, Tagliacozzo), mentre la città di Avezzano raggiunse già sotto il dominio borbonico e poi con l’Unità un certo progresso, dovuto alla sua centralità e, soprattutto, alla forte azione industriale dei Torlonia.

Ben lo ammise Nicola Marcone (schierato con la Sinistra storica di Crispi). Dopo la sua attenta visita nel 1886 al capoluogo sede di sottoprefettura, confermò le dinamiche economiche del centro abitato, scrivendo: «Vastissimo palazzo del Principe, con annessa Foresteria, i superbi granai, riboccanti de’ nuovi prodotti del lago, la cattedrale splendente di maestà nuova […] I mercati di un tempo si sono trasformati in Fiere; il traffico commerciale è intensissimo […] S’incrociano i carri di grano, di fagioli, di bellissime e ricercate patate, di fresche verdure e, soprattutto, di mele e pere stupende, che esportano nei centri di consumo e specialmente a Roma». Certamente il suo resoconto fu caratterizzato da forti descrizioni apologetiche, che evitava magari di raccontare i primi seri contrastati in atto tra braccianti e affittuari. Infatti, seppur già cominciasse a emergere uno scontro tra possidenza agraria tradizionale e grande capitale, Nicola Marcone mise anche in luce risultati di tutto rispetto, inseriti, però, nella logica dei profitti: «Era infatti la Società Italo-Tedesca a contrattare, su basi spesso vessatorie ma di sicura impronta industriale, quantitativi e modalità di consegna della barbabietola». Tuttavia, nel groviglio di problematiche spesso inestricabili: «Le famiglie prescelte dai Torlonia, oltre a poter offrire le necessarie garanzie di solvibilità, erano quelle maggiormente influenti, di solito detentrici del potere quanto meno a livello locale, di cui essi volevano evidentemente assicurarsi il favore» (3).

Nel 1894, dunque, il Circondario di Avezzano comprendeva 8 mandamenti (35 comuni), con una superficie di 1.070 chilometri quadrati e con una popolazione di 111.737.

Il Mandamento di Avezzano, quarto collegio uninominale, era formato da 5 comuni (23.574 abitanti). L’Annuario d’Italia riporta altre notizie interessanti: «Avezzano (ab.7272) trovasi in un’estesa pianura, a settentrione del già Lago Fucino ora prosciugato, vicino al Monte Velino». I prodotti del territorio, in parte piano e in porzione montuoso, erano prevalentemente: cereali, vini e canape. Gli abitanti erano per la maggior parte contadini e braccianti: «Vi sono, si sottintende, anche tutte le arti e i mestieri indispensabili in un centro abitato di qualche importanza». Si praticavano cinque Fiere: il venerdì dopo Pasqua; il 29 giugno; il 1° settembre, il 4 ottobre e il 28 dicembre; mentre il mercato era settimanale.

Con riferimento alla classe sociale che dirigeva l’amministrazione municipale, emergono i nomi di benestanti e professionisti locali (avvocati, dottori e notai), provenienti da antichi casati importanti; mentre, gli uffici governativi, di solito erano occupati da forestieri di un certo rango.

Nella città, sede di Sotto Prefettura sin dal 1861, aveva il suo ufficio, il funzionario governativo «cavaliere-dottore» Luigi Carracicco, affiancato dal segretario, dottor Gennaro Gentile, il «computista» Gian Loreto Lolli e «l’ufficiale d’ordine» Gian Battista Scacchi.

L’ufficio di «Pubblica Sicurezza» era comandato dal vice ispettore Luigi De Robertis, affiancato dal «delegato» Tito Di Fabio. La caserma dei «reali carabinieri», invece, era retta dal tenente Paolo Viti. In quegli anni, il vecchio sindaco Emanuele Lolli presiedeva l’amministrazione comunale. Esisteva poi un «Magazzino delle Privative»; un registro del demanio e l’agenzia delle imposte, diretta dall’agente Luigi Borella. Il tribunale civile e penale aveva come presidente «Gigli cav.Teodorico», con i giudici: Oreste Costanzi, Francesco Fattorini, Filippo Giovanetti e Demetrio Beruto. Il cancelliere Giulio Antonelli era affiancato dai vice: Francesco Colelli, Giuseppe Moreschi e Giovan Leonardo Ferrari.

Il «procuratore del re», si chiamava Alberto Avellino. Foltissimo si rivelava il collegio degli avvocati, il cui «Consiglio dell’Ordine» era formato da: Vincenzo Cerri (presidente); Francesco Mattei (segretario); Luigi Gentile (consigliere); Antonio Lolli (cassiere).

Nel collegio dei procuratori esisteva un consiglio di disciplina, presieduto da Vincenzo Cerri, dal segretario Antonio Lolli, dal cassiere Serafino D’Ovidio e dal consigliere Luigi Gentile.

Anche la composizione del «Consiglio Notarile Distrettuale» evidenziava i nomi di personalità importanti dell’epoca, come: Giovanni D’Amico (presidente); Alessandro Venditti (segretario); Vincenzo Fallace (tesoriere). Membri ordinari erano: Raffaele Cherubini, Alfonso Del Vecchio e Alessandro Venditti. Membri supplenti: Vincenzo Angelitti, Carlo Bizzarri e Quirino Silvestri. L’archivio notarile distrettuale aveva la sua grande importanza, diretto dal «Conservatore e Tesoriere» Carlo Leonelli e dall’archivista Andrea Resta.

I notai riportati nell’annuario, risultavano Giovanni D’Amico e Geremia Saturnini. A capo del «Subeconomato dei Benefici Vacanti», si trovava l’avvocato Gaetano Odorisio; mentre, l’ispettore del distretto forestale era Vincenzo Cialente. Il «Comizio Agrario» era presieduto dal cavalier Lorenzo Botti (lo ritroveremo più tardi vincitore alle elezioni del consiglio provinciale di Avezzano); vicepresidente, l’ingegnere Biagio Orlandi e il segretario Salvatore De Filippis. Il «Capo Ufficio Postale» era Gaetano Piccinelli; il «Capo Ufficio del Telegrafo» era una donna: Candida Mussolon. L’ispettore scolastico si chiamava Evasio Barberis e il «Delegato di Mandamento» il dottor Ferdinando Ruggeri. Il direttore del «Ginnasio Pareggiato» era Giuseppe Petroni. La direttrice della «Scuola Magistrale Rurale» si chiamava Giuditta Contesini; mentre «l’Insegnate Aggiunta» era Luigia Damiani; le maestre del corso di preparazione erano: Anna Folicaldi e Rosina Rosati. Invece, la «Maestra della Scuola Esemplare» si chiamava Plinia Benvenuti. Giuditta Cortesini era la direttrice della «Scuola Normale Femminile». Alla direzione degli «Scavi e Monumenti» fu incaricato l’avvocato Francesco Lolli.

Dal lungo resoconto di dati, si apprende anche il nome degli albergatori di Avezzano e quelli degli agenti dell’assicurazione «Riunione Adriatica di Sicurtà»; altresì, si rileva l’esistenza della «Banca Cooperativa Popolare Marsicana». Non mancano altri nomi di titolari di «negozi di bestiame», di caffettieri, calzature, cappelli, cartolai, cereali, chincaglieri, droghieri, ebanisti, ferramenta, legatori di libri, «librai liquoristi», mediatori in vini e cereali, esercizio di mulini, orefici, panettieri, della fabbrica di «paste alimentari», del negozio di pellami, quelli dei pizzicagnoli, ramai e  sarti, quello del negozio di tessuti, tipografi e negozio di vini.

La professione di avvocato era praticata da: Giovanni Cerri, Vincenzo Cerri (spesso difenderà il comune di Avezzano nelle cause contro l’amministrazione Torlonia), Giuseppe Colacicchi, Giovanni Corbi, Bernardino Corbi, Antonio Di Carlo, Luigi Gentile, Bartolomeo Giffi, Carlo Leonelli, Francesco Lolli, Antonio Lolli, Luigi Lombardi, Francesco Mattei, Gaetano Odorisio, Paolo Resta, Raffaele Iacobacci, Pasquale Schiavone ed Ernesto Zugaro. In testa all’elenco dei farmacisti spicca il nome di Fedele De Bernardinis, seguito da quello di Emilio Ferrini, Ferdinando Fiori e Luigi Rainaldi. Anche i nominativi dei medici-chirurghi, mostrano l’appartenenza dei dottori al ceto borghese: Antonio Cerri, Paride Ferrini, Raffaele Nardelli (futuro sindaco di Avezzano), Ferdinando Ruggeri, Edoardo Sferra. I periti agronomi più importanti erano: Francesco Amorosi, Bartolomeo Corbi, Raffaele Fiori, Giulio Gallese, Biagio Orlandi e Gennaro Amorosi. I veterinari: Giuliano Alviani e Francesco Rocchetti.

Al collegio elettorale di Avezzano (diocesi di Pescina), apparteneva il comune di Capistrello (sindaco Carlo Bizzarri), con 3.746 abitanti; Magliano dei Marsi (sindaco avvocato Giuseppe De Clemente), con abitanti 4.423; Massa d’Albe (sindaco Francesco Blasetti), con abitanti 4.414; Scurcola (sindaco Francesco Ansini), con abitanti 3.130. Di minor importanza, ma ugualmente utile, il mandamento di Carsoli, con ufficio di registro a Tagliacozzo e con sede di «Pretura» che comprendeva anche il paese di Pereto.

Poi seguiva il mandamento di Celano, dove esisteva persino una stazione di «vetture postali per Aquila e Avezzano». Visto l’arretratezza dei tempi, dovrà tenersi conto (come evidenzia l’Annuario), che per giungere al capoluogo di provincia s’impiegavano «ore di percorso 5,55»; invece per giungere ad Avezzano, si trascorrevano: «ore di percorso 1». Facevano parte del mandamento i paesi di: Aielli (commissariato), abitanti 2.300; Ovindoli (sindaco Michele D’Angelo), abitanti 1.853.

Il mandamento di Civitella Roveto, comprendeva i centri di: Balsorano, Canistro, Civita d’Antino, Morino e S.Vincenzo Valle Roveto.

Il mandamento di Gioia dei Marsi (sede di Pretura), comprendeva i paesi di: Lecce nei Marsi, Ortucchio e Pescasseroli.

Il mandamento di Pescina con l’«Agenzia delle Imposte, Ufficio del Registro, Pretura, Ginnasio, Convitto» e sede vescovile (retta da monsignore Enrico De Dominicis), comprendeva i comuni di Bisegna, Cerchio, Cocullo, Collarmele e Ortona dei Marsi.

Il mandamento di Tagliacozzo, includeva: Cappadocia, Castellafiume e Sante Marie. Infine, nel mandamento di Trasacco, sede di Pretura, furono inseriti i municipi di: Collelongo, Luco dei Marsi e Villavallelonga (4).

NOTE

  1. Discussioni della Camera dei Deputati, Atti Parlamentari, Sessione 1894-95 (2ª della XVIII legislatura) Discussioni, Volume Unico, dal 3 al 15 dicembre 1894, Roma, Tip. Della Camera dei Deputati, 1894, p.82.
  2. Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio, Direzione Generale della Statistica, Riassunto delle notizie sulle condizioni industriali nel Regno, Roma 1905, vol.VII, pp.15-16.
  3. N.Marcone, Viaggio al lago dei Marsi e suoi dintorni, Roma 1886, p.37. La citazione di C.Felice, Azienda modello o latifondo? Il Fucino dal prosciugamento alla riforma, Estr. da: «Italia Contemporanea», 189, dicembre 1992, p.646.

Annuario d’Italia, Anno IX, Ediz.1894. Calendario Generale del Regno, Pubblicazione Ufficiale già edita a cura del Ministero dell’Interno e continuata dalla Società dell’Annuario Generale d’Italia, Anno XXXII, Parte seconda, Stab. Bontempelli, Roma, pp.1625-1630.


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