Abruzzo – L’Ululone appenninico (Bombina pachypus), un endemismo oggi al centro di importanti azioni di tutela, versa in una condizione di forte vulnerabilità in gran parte del suo areale.
La sua sopravvivenza è minacciata da diversi fattori che hanno portato a un drastico declino delle popolazioni: dagli anni ’90, areale, numero di individui e consistenza complessiva della specie si sono ridotti in Italia di circa il 90%. Nel solo PNALM, negli ultimi 10 anni, è andato perduto il 37% dei siti idonei.
La rarità di questo endemismo rende indispensabile agire con tempestività, attraverso misure di conservazione efficaci e interventi gestionali mirati.
In questa direzione si è mosso il progetto ULUNET in collaborazione con il Parco Naturale Regionale dei Monti Lucretili e la Riserva Naturale Monte Navegna e Monte Cervia.
Il progetto ha creato una base conoscitiva condivisa tra enti, realizzato interventi di miglioramento ambientale e avviato programmi di allevamento ex situ.
Tra le cause principali di questo crollo spicca la perdita degli habitat: la scomparsa di pozze, ruscelli, fontanili e piccole zone umide priva l’ululone dei siti riproduttivi necessari al completamento del suo ciclo vitale.
Molte popolazioni risultano inoltre piccole e isolate, con una conseguente riduzione della variabilità genetica, un fattore che ne indebolisce la capacità di resistere a malattie e cambiamenti ambientali.
A questo quadro già critico si aggiungono gli effetti dei cambiamenti climatici, che sempre più spesso causano periodi di siccità proprio nei momenti in cui la specie dipende dall’acqua per riprodursi.
Nonostante questo quadro sia chiaro agli addetti ai lavori, non è sempre semplice trasmettere al pubblico la reale portata delle criticità in atto.
Spesso, infatti, si tende a considerare i problemi ambientali come episodi isolati, frammentandoli in una serie di piccole emergenze prive di connessione tra loro.
Guardiamo alla pozza che scompare in estate come a un dettaglio marginale, senza realizzare che per l’ululone quella pozza è il suo intero mondo.
Questo modo di osservare la natura per compartimenti stagni rende difficile vedere il filo che lega tutto, e di conseguenza, cogliere la progressiva erosione degli ecosistemi.
Se si potesse osservare la Terra da una prospettiva distante, la dinamica apparirebbe ancora più evidente. Il pianeta, per l’umanità, svolge la stessa funzione che una pozza svolge per l’ululone: è l’unico spazio possibile, il contesto che permette la nostra stessa esistenza. Eppure, lo trattiamo come se avessimo un’alternativa.
La perdita anche di una piccola specie, apparentemente marginale, non è dunque un evento isolato, ma un indicatore prezioso dello stato dell’intero sistema.
Riconoscere queste connessioni è essenziale per comprendere come i fenomeni che minacciano l’ululone stiano, in modo diverso ma analogo, mettendo a rischio anche la nostra stabilità futura.
Fonte: Parco nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise







