Tango Rouge Company - Vuelvo al Sur
Il grande Tango al Teatro dei Marsi con lo spettacolo "Vuelvo al Sur". In scena 4 coppie di ballerini e 5 musicisti della Tango Spleen Orchestra
Santino Spinelli, in arte Alexian, e Gennaro Spinelli.
Due musicisti abruzzesi di fama internazionale in concerto al Teatro alla Scala di Milano
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Le grotte e i loro misteri

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NECROLOGI MARSICA

Necrologi Marsica Loreto Conti (Enzo)
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Necrologi Marsica Luciano Di Martino
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Necrologi Marsica Erminia Sperduti
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Necrologi Marsica Armanda Domenica Crocenzi
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Necrologi Marsica Ada Giffi
Ada Giffi
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Necrologi Marsica Luisella Bonechi
Luisella Bonechi
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Nel territorio marsicano le grotte sono numerosissime ed hanno da sempre generato storie fantasiose, ma nella realtà storica sono servite a rifugi ed abitazioni per antichi popoli nomadi, per cacciatori, pastori , briganti e santi eremiti. Durante la seconda guerra mondiale le persone si rifugiavano nelle grotte per sfuggire ai bombardamenti e sono servite anche da depositi di mercanzie per evitare le razzie dei tedeschi.

I loro nomi sono spesso legati a personaggi o ad eventi storici ,oppure a Dei, Madonne e Santi. Molte leggende sono nate da esse, alimentando un fascino misterioso per queste spaccature naturali nelle montagne. Alle pendici del monte Velino, c’è la “Grotta del Cristiano”, famosa per essere stata rifugio di un povero ed umile anacoreta, il Beato Benedetto marsicano.

A Scurcola Marsicana c’è “jo puzzo de la Matonna”, più che una grotta è una fenditura tra le rocce. Una grotta nel vero senso della parola è, invece, quella “della Ritornata”, vicino Civita d’Antino nella Valle Roveto, chiamata in questo modo per un’antica leggenda popolare. Questa racconta di un uomo che trovò sulla montagna un quadro della Madonna e lo appese in segno di rispetto dentro la grotta.

Gli abitanti di Civita, di notte, rubarono il quadro e lo portarono in paese, dove lo posero dentro la chiesa. Ma il mattino successivo gli abitanti ebbero una brutta sorpresa, il quadro era miracolosamente tornato nella grotta. Gli abitanti di Civita, testardi, lo riportarono giú altre volte, ma sempre il quadro tornò al suo posto, finché tutti si convinsero che la Madonna preferiva la grotta.

Sono, invece, numerosissimi i Santi che hanno dato il nome a grotte o anfratti rocciosi nella Marsica. Il primo è S. Michele Arcangelo che battezza non solo la famosa grotta di Balsorano , ma anche una grotta a San Pelino (frazione di Avezzano) e di un’altra tra Ortucchio, Trasacco, Collelongo e Villavallelonga (secondo i racconti questa grotta metterebbe in comunicazione tutt’e quattro i paesi), e davanti alla quale, in cima ad una roccia, c’è una specie di cippo che la gente del luogo chiama “la cosa di San Michele”.

Un altro Santo è l’apostolo S. Bartolomeo, il cui culto una volta era diffusissimo nella Marsica. Tra le grotte a lui dedicate c’è quella sulle alture prospicienti Civitella Roveto, dove il Santo avrebbe trascorso gli ultimi anni della sua vita vivendo da eremita. La leggenda dice che S. Bartolomeo uscisse ogni giorno dalla grotta con un canestro di vimini per fare rifornimento d’acqua e , miracolosamente , l’acqua, lungo tutto il percorso, non usciva dalle fessure del canestro, arrivando integra .

L’altare di pietra utilizzato nella grotta era il giaciglio del Santo. C’è anche una grotta di S. Lucia presso Castelnuovo (frazione di Avezzano), dove il 13 dicembre i pellegrini riportano a casa parte del terriccio raccolto all’interno della grotta. La grotta di S. Lorenzo, presso Corcumello,è caratteristica. Vi si accede per una gradinata a scalpello e vi si trova un serbatoio d’acqua, alimentato dallo stillicidio delle rocce.

A S. Gregorio sono dedicate le numerose grotte (le “Grottelle”) situate vicino ad un castello distrutto, a nord di Scurcola Marsicana, presso i Campi Palentini. Sul monte Velino c’è la grotta dei Santi Benedetto e Vito. Quando questi due eremiti (secondo la leggenda) morirono, gli abitanti di Albe li tirarono fuori dalla grotta e li deposero su un carro trainato da buoi. Quando gli animali giunsero nel paese di Albe, dove adesso si trova la chiesetta di S. Pietro, s’inginocchiarono in quel luogo e morirono anch’essi. Gli Albensi, allora, raccolsero le loro spoglie e li venerarono come protettori del paese. Alcune grotte venivano utilizzate dai persecutori per imprigionarvi e torturarvi i prigionieri.

La piú nota è quella dei Santi Martiri di Celano: la loro grotta sarebbe quella situata tra Celano e Ovindoli, in prossimitá di S.Potito. In questa grotta sarebbero stati rinchiusi, per ordine dell’imperatore, i Santi Simplicio, Costanzo e Vittoriano, insieme con serpenti velenosi. Ma poiché i tre Santi avevano superato indenni quella terribile prova, l’imperatore ordinò di tirarli fuori dalla grotta e farli trascinare lungo la montagna da due buoi. Essendosi salvati, per grazia divina, anche da questa tortura, i tre furono alla fine decapitati nel luogo dove, cadute le loro teste, zampillarono tre fonti miracolose.

Nelle vicinanze di Trasacco si trova la grotta di S. Manna, abitata, secondo la leggenda, da un diavolo. Di grotte custodite o abitate dal diavolo ce n’è una sterminata varietà. Il diavolo, nella Marsica, ha assunto il compito di guardiano di grotte e custode dei tesori in esse conservati.

Fra Ortucchio e Trasacco c’è una grotta molto grande dove è nascosto un tesoro; ma, essendo custodito dal diavolo, nessuno mai è riuscito a trovarlo, perché all’improvviso esce il dannato in mezzo ad una grande fiammata. Il diavolo che custodisce la “Grotta alle Foci” di Celano viene descritto come una persona tutta nera (faccia, mani) che tiene in mano un libro aperto. L

e fantasie popolari parlano delle numerose grotte poste lungo le alture di Ortigia (l’attuale Ortucchio), dove i diavoli, rappresentati come «mandrilli» in calore, penetrano in queste grotte accoppiandosi ciascuno con una strega e dando origine a tutta una corporazione di piccoli diavoli-maghi, nati da queste unioni sessuali e sparsi, poi, per ogni localitá della Marsica.

Il diavolo che, invece, sta a guardia della “Grotta di S. Ferrante”, vicino Celano, appare come un ragazzino vestito di rosso, con i calzoncini corti e un cappellino rosso in testa, che sta sempre a ballare e, appena s’avvicina, schizza fiamme da tutto il corpo. E, piú spaventoso, appare il demonio della “Grotta dello Scapigliato”, posta di fronte al monte Girifalco, presso Castellafiume, che si manifesta come un fantasma nero, con i capelli lunghi e arruffati. II demonio che custodiva la “Grotta del Diavolo”, presso Corcumello non si è fatto piú vedere da quando, in una grotta vicina, andó ad abitarvi S. Lorenzo.

Il diavolo della grotta di Collelongo, che avrebbe consegnato il tesoro solo a chi fosse riuscito a “cuocere la carne con le parole”, dovette arrendersi alla furbizia di un collelonghese che portó con sé alcuni pacchi di giornali e, con questi, arrostì la carne: cosí poté impadronirsi del tesoro e diventare ricco. Al posto del diavolo ci può essere un serpente.

Alla “Fossa della Penna” di Luco dei Marsi, il sotterraneo che passa sotto la chiesa di S.Maria, è abitato da un grande e mostruoso serpente, che esce dalla grotta solo quando suona il mezzogiorno. Del resto, il mito del serpente è legato nella Marsica, alle figure di Angizia (la maga domatrice di serpenti ed abitatrice delle grotte del Fucino) e del dio Pitonio, il fiume-serpente sotterraneo, le cui bocche spaventose e pestifere si aprivano proprio nella zona a nord dell’attuale Luco dei Marsi.

Grotte con tesori nascosti si trovano ad Albe (il famoso “Pozzo di Saturno”), ad Avezzano (la “Grotta di frate Ciccio Felice”), ad Aielli (la “Bocca del Diavolo”), a Castellafiume (la “Grotta dello Scapigliato”), a Celano (la “Grotta di S. Ferrante”, la “Grotta alle Foci”, la “Grotta della Montagna Grandine” o di “Costa Pelara”), a Forme (la “Grotta di Costa Stellata”), a Collarmele (la “Grotta della Ciurlana” e quella di “Fossa Trippetta”), a Morino (la “Grotta allo Schioppo”), a Luco dei Marsi (la “Fossa della Penna”), a Ortucchio (la “Grotta del Tesoro”), a Collelongo (la “Grotta di S.Angelo”), a Trasacco (la grotta di “S.Manna”, quella di “S.Angelo” o del “cippo di S. Michele”, la “Grotta dei Briganti”), a Tagliacozzo (la “Grotta dei pulcini”); e si potrebbe continuare. A Morino,nella “Grotta allo Schioppo”si troverebbe una chioccia con i pulcini d’oro, ma nessuno finora è mai riuscito ad impossessarsi di questo tesoro.

A Tagliacozzo, chioccia e pulcini sono incise su una pietra che ricoprirebbe un tesoro.Ogni giorno chioccia e pulcini, staccandosi dalla pietra, vanno in giro per la montagna: basterebbe afferrare uno dei pulcini per impadronirsi del tesoro. Ma nessuno mai è riuscito fino ad oggi nell’impresa. Nella “ Grotta della Ciurlana”, presso Collarmele, è nascosto un vitello d’oroinsieme a numerosi marenghi, sotto un cappello d’uomo. Una volta un prete era riuscito ad impadronirsi di questo vitello d’oro, ma fu bombardato da tante violente sassate, lanciate da una mano invisibile, che fu costretto ad abbandonare il bottino e a fuggirsene di gran carriera dalla grotta. E si racconta che il tesoro è ancora lì; e, per poter ingannare quell’invisibile diavolo che impedisce a chiunque di prendere il vitello d’oro, basterebbe pronunciare una formula magica che nessuno conosce.

All’interno della “Grotta di Costa Pelara”, tra Aielli e Celano, ci sono segni magici incisi su una pietra. Essi sono rappresentati da una croce e da tre lettere: I, S e A. Quest’ultima non è disposta verticalmente come le prime due, ma orizzontalmente, quasi ad indicare la direzione da seguire nella ricerca del tesoro. Tuttavia, nemmeno con questo aiuto si è mai riusciti nell’impresa.

E si potrebbe continuare all’infinito, parlando dei briganti, abituali clienti di queste grotte marsicane; e proseguire con le storie di quei visitatori che, una volta entrati, non si sono piú usciti; i personaggi mitici e storici, che hanno dato il loro nome a molte grotte della zona (“Antro della Sibilla”, “Peschio di Orlando”, “Grotte di Nerone”, “Grotta di Beatrice Cenci”).

Ma è giusto fermarsi qui e lasciare all’immaginazione del lettore la scoperta delle grotte che numerose affollano le nostre montagne.

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Roberta De Santi

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