Conterraneo, amico di famiglia, custode di ricordi condivisi da generazioni, confidente leale nel disincanto della ricerca del bello, convinto assertore della liberazione dalla miseria e dall’ignoranza delle classi subalterne, Luigi è stato “fratello” di vita e di arte.
Partito giovanissimo verso le Americhe in cerca di fortuna, condivise la condizione di emigrante con mio padre Adriano con il quale conservò intatto negli anni un cuore semplice ed umile. Del resto per coloro che erano cresciuti nelle ristrettezze del secondo dopoguerra bastava poco per essere felici.
Come l’Olandese Volante condannato a navigare col “Vascello Fantasma” per secoli in cerca della verità, Luigi aveva capito che in ogni angolo della terra, è necessario saper percepire la meraviglia di nuovi orizzonti senza dimenticare il filo d’erba bagnato di rugiada davanti alla porta di casa.
Proprio grazie a questa consapevolezza, come capacità di sentire in ogni tempo ed in ogni luogo l’importanza esistenziale dell’eterno ritorno dell’amore, la sua produzione artistica si fa originale espressione dell’animo umano in una visione cosmopolita. Il segreto anelito all’infinito nei suoi dipinti, dove il colore materico si impregna di albe e tramonti dagli arcani significati, racconta la morte intesa come la fine di ogni cosa ma anche il desiderio insopprimibile di vita piena dove le inquietudini si placano nella dolcezza dei sensi. Nelle sue opere la ricerca estetica nel connubio tra colore e forme diventa metafora dei luoghi esotici creando un’atmosfera onirica attraverso il controllo delle superfici nel loro tonale accordo dove la vegetazione è avvolta da un silenzio disarmante. In una caleidoscopica visione del mondo, il suo sguardo interiore che vede e interpreta, che gioisce e che soffre, si commuove di fronte alla maestosità della natura. Quando la vitalità cromatica, simbolo della “vis energetica” esalta una figura di donna altamente lirica, la femminilità imprime un’onda emotiva nel fruitore che incanta. Anche le sue “Maternità” nelle sfaccettature introspettive sono cariche di pathos capace di trasformare il linguaggio pittorico in poesia visiva. Il sapiente uso della spatola sulla tela permette all’arte di conservare la sua libertà ed essere espressione di valori universali scaturiti dalla sua inesauribile creatività. Tuttavia nella sua versatilità dei linguaggi l’ispirazione artistica, come “ Locus amoenus “, diventa trascrizione emotiva dei colori in parole: paesaggi marini, montani e silvani diventano versi in vernacolo.
Alfonso di Nola, famoso antropologo, disse a proposito del pittore-poeta: “Susi è un uomo della speranza, un pellegrino dell’attesa, e avverte che ogni descensus esistenziale nelle tenebre non può dischiudersi a speranza”.
Nel convulso andare dei giorni il “Tempo” considerato nella sua poetica “come arida pianura degli affanni” grava sovente sull’uomo come destino invincibile d’angoscia: “Ntramente l’alma smània,/ i pendele ‘je tèmpe… nna’nte e arrète… /cùnnia l’òre, l’anzia e le penà, / e i file lla speranza la mantè, /fra tènnere llusiòne e mille sògne… / ddò sempre sta lentàna l’alba gnòva”.
In questi versi in vernacolo ogni attimo diventa vigilia nella quotidianità destinata a non rinnovarsi mai più, ma la cui rimembranza sarà ancora capace di addolcire i giorni della conoscenza e del disinganno.
Il suo ritorno nel paese nativo anche se in età matura gli consentì di ricucire con il filo della memoria il passato con il presente nella costruzione di un nido d’affetti familiari e di autentiche relazioni comunitarie alla ricerca di una nuova identità personale e collettiva. Alla ricerca di armonia tra le aspirazioni individuali ed i bisogni sociali l’amore agognato in modo struggente è stato il pensiero dominante di tutta la sua arte che lui stesso pose ”Nel regno delle cose che implorano la luce “ dove vive ancora e sempre la speranza.
Nel ringraziare tutti i componenti della famiglia di Luigi, chiamato confidenzialmente ”Luigino “, per l’onore della pregevole amicizia, per l’ospitalità gentile e tenera , per aver onorato sempre con stima le memorie di antichi rapporti e per l’affinità spirituale che ci accomuna nella sensibilità culturale e soprattutto umana, dedico queste parole, tratte dal testo di Romano Battaglia “Notte Infinita”, affinché vedano nel viaggio la condizione del nostro “Esserci” come espressione della contemporaneità in continua costruzione e metamorfosi.
“E’ dolce tornare di sera quando il paese dorme e gli alberi sono in fiore per la primavera. Sentire il profumo dell’erba tagliata di fresco e l’alito del vento che toglie di dosso l’odore del treno. Ascoltare le ore suonate dall’orologio familiare più serene, più amiche. E’ dolce l’incontro con i genitori anziani svegliati di sorpresa nella stanza che sa di mele. E’ dolce tornare di sera fra chi tanto ama senza chiedere niente”.
