Giunti in Italia nel Vi secolo d.C., i Bizantini si erano preoccupati di impadronirsi delle città marinare per poter dominare sui mari italiani con la loro flotta. Ma quando, in seguito alle scorrerie degli Arabi e dei Normanni, i Bizantini perdettero la loro supremazia sui mari, alcune città marinare si resero indipendenti e provvidero da sole alla loro difesa. Nacquero così le Repubbliche Marinare di Venezia, Genova, Pisa ed Amalfi.
La sorte di queste Repubbliche fu molto diversa: Amalfi decadde subito dopo le Crociate (fine XIII secolo); Pisa perse ogni importanza all’inizio del XV secolo; Genova e Venezia sopravvissero invece fino alla fine del XVIII secolo. Nel 1186 l’imperatore Federico Barbarossa riuscì a combinare il matrimonio tra suo figlio Enrico e la principessa Costanza D’Altavilla, unica erede del Regno normanno. Morto il Barbarossa, (1190), il figlio Enrico assunse i titoli di imperatore di Germania, re di Sicilia e di Puglia. Il dominio degli imperatori tedeschi, nell’Italia meridionale, durò fino al 1266. In quell’anno, Carlo D’Angiò, fratello del re di Francia, riuscì ad impadronirsi dei Regni di Sicilia e di Puglia. Il governo degli Angioini suscitò ben presto un grande malcontento.
Nel 1282, scoppiò a Palermo un tumulto popolare. In breve, la rivolta del popolo, che passò alla storia col nome di Vespri siciliani perché ebbe inizio all’ora dei vespri, si trasformò in una vera e propria guerra. Con l’aiuto dell’esercito aragonese, i Siciliani riuscirono a cacciare i Francesi. Cacciato uno straniero, ne giunse un altro: infatti la Sicilia passò sotto il dominio degli Aragonesi. I comuni italiani seppero ad un certo punto conquistarsi la libertà, non furono però in grado di mantenerla a lungo.
Infatti, vinta la lotta contro l’Impero Germanico, i Comuni, invidiosi l’uno della potenza dell’altro, presero a lottare tra loro. Ben presto, la vita operosa di quasi tutti i Comuni venne sconvolta da gravissime discordie interne: l’ambizione di arrivare a ricoprire le massime cariche pubbliche fece scoppiare lotte sanguinosissime tra le famiglie più potenti del Comune. Non è difficile farsi un’idea del grande disordine che regnò nei vari Comuni italiani.
Di fronte a una situazione così grave, si decise di affidare il governo del Comune ad un uomo energico e risoluto, che fosse capace di ristabilire l’ordine. Fu così che i Comuni italiani passarono sotto il governo di un solo capo. Ben presto ciascuno di questi capi si fece chiamare “signore” e si considerò il padrone assoluto della città. Nel XIV secolo, quasi tutti i Comuni dell’Italia centro-settentrionale si erano trasformati in Signorie, ossia in piccole monarchie assolute.
Le più potenti Signorie furono quelle dei Visconti e degli Sforza a Milano, dei Medici a Firenze e dei Savoia in Piemonte. I Signori più potenti riuscirono ad ottenere il titolo di principi per se e per i loro discendenti. Così alcune Signorie si trasformarono in Principati ereditari.
Nel 1435 morì Giovanna II della Casa D’Angiò, che aveva retto il Regno di Napoli per oltre un ventennio. Poiché Giovanna non aveva lasciato eredi, alla sua morte si scatenò una tremenda lotta tra due pretendenti al trono: Renato D’Angiò e Alfonso d’Aragona. Quest’ultimo, con l’aiuto del duca di Milano, Filippo Maria Visconti, riuscì a sconfiggere l’esercito di Renato d’Angiò e ad entrare trionfante a Napoli(1442).
Terminò così nel Regno di Napoli il dominio della Casa angioina (francese) e gli suddette quello della Casa aragonese (spagnola). Verso la fine del XV secolo le condizioni politiche dell’Italia erano le seguenti: mezza penisola era in mano allo straniero e l’altra metà suddivisa in tanti piccoli stati, spesso in lotta tra loro.
Una condizione politica che certo nessuna nazione poteva invidiarle. Tuttavia a quell’epoca l’Italia aveva raggiunto un primato davvero invidiabile: a cominciare dal XIV secolo, essa seppe porsi alla testa di tutte le nazioni europee nel campo della cultura e dell’arte. Fama universale raggiunsero i poeti Dante Alighieri (1265-1321), Francesco Petrarca (1304-1374), e Giovanni Boccaccio (1313-1375). Anche i migliori artisti di quei secoli furono italiani. Basti citare tra i tanti, i nomi di Giovanni Cimabue (1240-1302), Giotto (1266-1336), Masaccio (1401-1428), Donatello (1386—1466), il Perugino (1445-1523), Michelangelo Buonarroti (1475- 1564) e, superiore a tutti, il sommo Leonardo da Vinci (1452-1519). Inoltre il più grande navigatore del tempo, Cristoforo Colombo, fu italiano.
E non basta: grazie ai floridi commerci delle Repubbliche Marinare di Genova e Venezia, e agli affari dei grandi banchieri di Milano e di Firenze, l’Italia era diventata uno dei paesi più ricchi d’Europa. La particolare situazione politica dell’Italia non era sfuggita a uno dei più potenti sovrani dell’epoca: il re di Francia Carlo VIII. Con la conquista della Penisola italiana, la Francia avrebbe aumentato di molto la sua potenza sul Mediterraneo.
Carlo VIII scese in Italia nel settembre del 1494, col pretesto di far valere i diritti di Casa D’Angiò sul Regno di Napoli: per timore o per opportunismo quasi tutti i capi degli Stati dell’Italia centro-settentrionale gli aprirono le porte. Anche la conquista di Napoli avvenne senza lotta: all’arrivo delle truppe francesi, Ferdinando D’Aragona si rifugiò nell’isola d’Ischia. Ma accadde una cosa che Carlo VIII non si aspettava: giudicando indecoroso che un sovrano straniero avesse avuto via libera, alcuni principi italiani decisero di formare una lega per cacciare dall’Italia i francesi.
Vista la situazione CarloVIII si affrettò a riprendere la via del ritorno. A Fornovo, sul fiume Taro, l’esercito della lega cercò di sbarrargli il passo: ma dopo una cruenta battaglia i francesi passarono e a tornare in Francia. Ferdinando D’Aragona si rimpossessò del trono di Napoli. Di conseguenza la lega dei principi si sciolse. Ne approfittò Luigi XII, succeduto a Carlo VIII, per ritentare la conquista del Regno di Napoli. Ma questa volta la Spagna sbarrò il passo alla Francia. Scoppiò una guerra che vide i francesi sconfitti e gli italiani di nuovo sotto il giogo straniero: gli spagnoli nel Regno di Napoli ed i francesi nel Ducato di Milano dal quale avevano cacciato Ludovico il Moro. Nel 1559, in seguito alla pace di Cateau-Cambrésis, stipulata tra Francia e Spagna, due terzi dell’Italia passò sotto il dominio Spagnolo. La dominazione spagnola durata fino al 1713, fu una delle peggiori tra quelle subite dagli italiani. Carestie, miserie ed epidemie furono le tristi conseguenze del malgoverno degli spagnoli.
Non mancarono le rivolte popolari, la più violenta scoppiò a Napoli nel 1647, ma essa fu facilmente e crudelmente domata. Mentre i territori italiani sottoposti al governo spagnolo andarono via via decadendo, un piccolo Stato, che era rimasto libero dalla dominazione straniera, raggiunse un grande splendore. Questo piccolo Stato era il Ducato di Savoia, che nel XVII secolo comprendeva pressappoco l’attuale Piemonte e la Savoia. Il Ducato di Savoia dovette la sua prosperità all’opera di alcuni suoi grandi principi: Emanuele Filiberto (1528-1580), Calo Emanuele I (1562-1630), Vittorio Amedeo II (1666-1732).
Quest’ultimo ingrandì notevolmente il suo Stato ed ottenne il titolo di re di Sardegna (1720). E fu proprio questo regno ad avere la parte più importante durante il Risorgimento italiano nel XIX secolo. Nella prima metà del XVIII secolo, l’Europa fu sconvolta da parecchie guerre combattute tra gli Stati più potenti d’allora: Spagna, Francia, Polonia, Inghilterra, Olanda, Russia.
Al termine di queste guerre , anno 1748, gli italiani ebbero un altro padrone: gli Austriaci. Infatti, quasi tutti gli stati in cui venne suddivisa allora l’Italia, dipesero più o meno direttamente dall’Austria. l’Italia meridionale e la Sicilia passarono sotto il dominio dei Borboni (francesi). Veramente indipendente era solamente il Regno di Sardegna, comprendente la Sardegna, il Piemonte e la Savoia.