Soldati spagnoli e commissario
Spese gravose delle Università marsicane per mantenere commissari e soldati spagnoli (1607-1631)
Le «gabelle» (che erano molteplici forme di contribuzione, non legate da alcun rapporto d’identità, come un’imposta diretta o indiretta oppure anche una tassa), gravarono in modo particolare sui prodotti...
Magliano de' Marsi si prepara a celebrare il bicentenario della nascita di Padre Panfilo Pietrobattista, insigne teologo e missionario
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Magliano de’ Marsi – Duecento anni fa, esattamente il 22 Aprile 1824, nasceva a Magliano de’ Marsi il teologo e missionario Panfilo da Magliano, al secolo Giovanni Paolo Pietrobattista....
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   La Necropoli di Val Fondillo
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Le rovine della sede della Banca Marsicana di Pescina distrutta dal terremoto del 1915
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Pescina – Tra le fotografie che ci permettono di conservare la memoria di quanto avvenne nella Marsica a seguito della violenta scossa di terremoto del 13 Gennaio 1915 c’è anche quella che...
Preziose maioliche della chiesa della Madonna delle Grazie di Collarmele portate a Genova: "Analizzate per capire fabbricazione e datazione"
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Collarmele – Con l’arrivo del parere favorevole della Sovrintendenza, possiamo ufficializzare la partenza, a stretto giro, di alcuni frammenti delle maioliche della Chiesa di Madonna delle...
Castello baronale dei Colonna
Il sistema fiscale delle imposte nella Marsica vicereale dopo la peste del 1656
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Recensione del saggio "Ispettori ai monumenti e scavi nella Marsica" di Cesare Castellani nel Bullettino della Deputazione abruzzese di Storia Patria
Recensione del saggio "Ispettori ai monumenti e scavi nella Marsica" di Cesare Castellani nel Bullettino della Deputazione abruzzese di Storia Patria
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Aspetti della giurisdizione delegata nella Marsica durante il viceregno spagnolo e austriaco
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Problematica “Cinghiali”, WWF: “Togliere la gestione ai cacciatori e affidarla a esperti della fauna selvatica”

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Abruzzo – “Le immissioni a scopo venatorio, iniziate dagli Anni ’50, hanno sicuramente giocato un ruolo fondamentale nel creare la situazione di espansione e crescita delle popolazioni di cinghiale” (autori Pedrotti & Toso, 2001). Non sono le considerazioni di associazioni ambientaliste, ma le conclusioni di diversi studi e rapporti dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), l’organismo governativo deputato istituzionalmente a effettuare ricerca sulla fauna selvatica e a emanare pareri tecnici a favore delle pubbliche amministrazioni. È evidente, quindi, la responsabilità storica sulla proliferazione dei cinghiali delle associazioni venatorie e delle amministrazioni pubbliche loro compiacenti.

Il problema è che fino ad oggi la gestione dei cinghiali non è stata affrontata in termini scientifici, ma esclusivamente in termini di ricerca del consenso della lobby dei cacciatori. Imputare alle aree protette la responsabilità dell’aumento della specie è una sciocchezza che non ha alcun fondamento. Chi si occupa di gestione faunistica sa che i cinghiali si muovono in aree di circa 2/3 km di raggio: andrebbero fatti quindi degli studi sul posizionamento delle zone di ripopolamento e cattura e delle aree cinofile, distribuite a macchia di leopardo e create proprio dagli Ambiti Territoriali di Caccia, con l’avallo delle Province.

“La santa alleanza stipulata in questi anni tra cacciatori e Regione Abruzzo ha portato al disastro nella gestione faunistico-venatoria”, dichiara Luciano Di Tizio, delegato regionale del WWF Abruzzo. “L’esempio più evidente è proprio la gestione del cinghiale, inadeguata e carente sotto il profilo tecnico e organizzativo. La Regione Abruzzo, non da oggi, è incapace di pianificare e coordinare le attività faunistico-venatorie: da anni è priva di un Piano Faunistico Venatorio aggiornato e non si è dotata dell’Osservatorio Faunistico Regionale, previsto dal 2004 e mai realizzato. Chi parla di fauna, lo fa spesso senza avere dati certi.

Come si fa a gestire un problema di cui non si conosce neppure la reale portata? È notizia di pochi giorni fa che la Regione Abruzzo non ha fornito all’ISPRA neppure i dati 2014/15 sui tesserini venatori. Come si fa a pianificare l’attività faunistico-venatoria e a ridurre l’impatto sulle attività antropiche delle specie problematiche in queste condizioni?”. Da anni il WWF sostiene che alle imprese agricole andrebbe riconosciuto un ruolo più rilevante nella gestione del cinghiale, non solo perché costituiscono la categoria che maggiormente subisce disagi, ma perché, se coinvolte nel modo corretto, possono essere una componente strategica per la riduzione del danno. Purtroppo fino a quando le Organizzazioni agricole continueranno a farsi rappresentare da cacciatori all’interno dei comitati di gestione faunistica (Ambiti Territoriali di Caccia e Consulte provinciali per la caccia), prevarranno gli interessi venatori su quelli agricoli.

L’obiettivo, ora, di cacciatori e di alcuni funzionari della Regione Abruzzo sembra essere quello di aprire la caccia nei luoghi più agognati, le aree naturali protette. Si tratta di un’ipotesi ovviamente non condivisa dal mondo ambientalista che contiene in sé la prova del fallimento delle politiche gestionali in materia faunistico-venatoria della Regione che, oltre a non avere un Piano faunistico-venatorio da anni, non ha mai concretamente attuato le “Linee Guida per la Gestione del cinghiale nelle aree protette” (ISPRA), non ha mai fatto approvare le aree contigue dei Parchi dove gestire la caccia in modo razionale creando delle zone-cuscinetto tra parchi e resto del territorio.

In altre regioni si è riusciti a ridurre notevolmente i danni in agricoltura con una gestione un minimo più razionale delle dinamiche faunistiche. Sarebbe sufficiente decidersi a compiere le scelte sulla base delle evidenze scientifiche e non ascoltando solo le chiacchiere da bar dei cacciatori! Prevenzione dei danni, catture nelle situazioni problematiche e un sistema di indennizzi efficace proprio nelle aree protette sono soluzioni applicabili, se effettivamente si vuole ridurre il problema. Il WWF rinnova l’invito alla Regione a organizzare, con tecnici indipendenti non legati alla lobby venatoria, un momento di confronto vero e non – come tante volte è accaduto in passato – precostituito per confermare una scelta già assunta aprioristicamente.

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