Sono anni che sentiamo dire che il nostro movimento calcistico necessita di profonde riforme che possano consentire di ridurre il gap con i migliori campionati d’Europa. Cosa è stato fatto recentemente per ovviare ai numerosi problemi che affliggono il nostro calcio e cosa potrebbe essere fatto in futuro? Queste le domande che si pongono spesso gli addetti ai lavori e gli appassionati di calcio della nostra penisola ed oggi cercheremo di fare il punto su un mondo che, seppur reduce da piccoli passi in avanti, necessità di cambiamento strutturale, con i vertici federali che devono mostrare di avere la forza ed il coraggio di cambiare.
La nazionale di Roberto Mancini: un punto di partenza
Quando poco più di un anno Gravina fu eletto presidente della FIGC, in molti speravano che il nostro conterraneo fosse l’uomo giusto per avviare il percorso di rinascita del nostro calcio. Ad oggi, quella sensazione sta trovando conferma nelle tante piccole rivoluzioni messe in atto a livello federale, soprattutto con la scelta che ha visto affidare la panchina della nazionale maggiore a Roberto Mancini. Mancini è generalmente riconosciuto come uno degli allenatori più preparati di tutto il panorama calcistico europeo e la nomina a CT degli azzurri ha fatto intendere sin da subito che qualcosa stesse cambiando. Da sempre attento alla valorizzazione dei giovani, il tecnico di Jesi sin dalle prime uscite sulla panchina azzurra ha dimostrato di avere le idee chiare e, soprattutto, coraggio e personalità. Coraggio perché la scelta di Mancini è stata chiara: privarsi di giocatori che seppur esperti e maturi sono quasi giunti a fine corso per puntare, di conseguenza, su giovani talenti che hanno bisogno di maturare esperienza a livello internazionale. Questa scelta ha pagato i suoi dividendi sin da subito ed i vari Barella, Zaniolo, Sensi, Mancini e Kean hanno dimostrato già nelle prime uscite di essere pronti per determinati palcoscenici. Rischiare, avere il coraggio di cambiare e di rivoluzionare l’idea di calcio del nostro paese, sarà probabilmente la missione più difficile cui sarà chiamato Roberto Mancini. Il sacrificio dei risultati nell’immediato potrebbe essere un buon modo per mettere delle solide basi al progetto azzurro che, in ogni caso, ha già dimostrato di essere competitivo ad alti livelli. Dopo due vittorie nelle prime due uscite valevoli per il girone di qualificazione al prossimo europeo itinerante, l’Italia è prima nel girone e grazie alle giocate dei tanti giovani in rosa è secondo le scommesse calcio, a quota 1,70 la candidata principale alla vittoria del proprio girone, anche se la Grecia proverà a scombussolare i nostri piani sino alla fine. Se è vero che nell’ultimo periodo il nostro calcio non sta riuscendo a produrre quei fenomeni che hanno caratterizzato la storia del nostro sport, è altrettanto vero che per anni ai giovani è stato praticamente precluso l’accesso alla prima squadra. Ciò ha determinato che il processo di crescita dei piccoli talenti fosse interrotto sul più bello e che, di fatto, un’intera generazione di calciatori fosse stata quasi interamente spazzata via. Per fortuna questo atteggiamento preclusivo sta cambiando ma, a prescindere dalle vicende meramente calcistiche del nostro calcio, appare doveroso affrontare dei problemi organizzativi che minano seriamente la serietà di un intero movimento.
Il pasticcio Serie B
Come detto, a prescindere dai dati meramente tecnico-tattici dell’Italia calcistica, ciò che preoccupa maggiormente e induce a riflettere è l’incapacità di tutto il nostro movimento di far fronte ai problemi che lo affliggono da tempo. Il pasticcio che si è consumato in questi giorni in Serie B, spiegato nel dettaglio anche da Sky Sport, è con ogni probabilità la dimostrazione più eloquente di cosa non funziona e di cosa, necessariamente, deve essere modificato. Per chi non si fosse interessato alle recenti vicissitudini della cadetteria basta rappresentare come il campionato si sia concluso con dei verdetti che, due giorni dopo, sono stati radicalmente modificati dalla giustizia sportiva. Nello specifico è accaduto che il Palermo, terzo in classifica finale e qualificato ai playoff, a causa di illeciti amministrativi commessi durante il corso della gestione Zamparini, è stato declassato all’ultimo posto della griglia e condannato al campionato di Serie C. Da questa decisione sono scaturiti una serie di stravolgimenti che sono destinati a far discutere e che gettano numerosi dubbi sulla regolarità dello svolgimento del campionato. In primis, a giovare della esclusione dei playoff del Palermo, è stato il Perugia che quindi andrà a giocarsi la possibilità di accedere alla massima serie. Data la retrocessione del Palermo, Venezia e Salernitana che avrebbero dovuto giocare i playout per garantirsi la permanenza in cadetteria sono state automaticamente salvate, mentre il Foggia che sperava in uno slittamento della classifica con possibilità di disputare i playout si è visto tagliato fuori. Proprio il Foggia, inoltre, in queste ore attende l’esito dell’ennesimo ricorso contro la penalizzazione di sei punti che gli è stata comminata dalla giustizia sportiva durante il corso del campionato. Un eventualmente accoglimento del ricorso dei pugliesi sconvolgerebbe nuovamente la classifica e, forse, condannerebbe alla retrocessione automatica la Salernitana che, però, a quel punto proporrebbe a sua volta ricorso. Una situazione così paradossale e contorta, probabilmente, non si viveva dai tempi in cui Calciopoli sconvolgeva il nostro calcio ma la sensazione è che le sorprese non siano finite qui.
Il nostro calcio continua a non navigare in acque sicure e la sensazione è che servano come il pane delle riforme profonde e coraggiose che, accompagnate da controlli più serrati sulle gestioni societarie, possano portare ad una riforma dei campionati professionistici. Solo in questo modo il calcio italiano può ritrovare sé stesso e dovrà farlo nel più breve tempo possibile.