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Torna il grande teatro al Marsi di Avezzano: venerdì 11 gennaio, alle ore 21, in scena “I Miserabili” con Franco Branciaroli

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Avezzano – “I Miserabili” di Victor Hugo, spettacolo che andrà in scena nell’adattamento di Luca Doninelli, per la regia di Franco Però, con Franco Branciaroli nel ruolo di Jean Valjean e con un eccellente cast d’interpreti è il nuovo imponente progetto di produzione del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, il CTB- Centro Teatrale Bresciano e il Teatro de gli Incamminati.
I Miserabili” di Victor Hugo con Franco Branciaroli e per la regia di Franco Però è la nuova importante produzione del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia con il CTB-Centro Teatrale Bresciano e il Teatro de gli Incamminati, ha toccato le maggiori città italiane.
In scena, assieme a Franco Branciaroli un assieme di ottimi attori (spesso impegnati in più ruoli): Alessandro Albertin, Silvia Altrui, Filippo Borghi, Romina Colbasso, Emanuele Fortunati, Ester Galazzi, Andrea Germani, Riccardo Maranzana, Francesco Migliaccio, Jacopo Morra, Maria Grazia Plos, Valentina Violo.
Lo spettacolo – che si avvarrà delle scene di Domenico Franchi, dei costumi di Andrea Viotti, delle luci di Cesare Agoni e delle musiche di Antonio Di Pofi – inaugurerà la stagione 2018-2109 dello Stabile del Friuli Venezia Giulia, prima tappa di una lunga tournée che toccherà le maggiori piazze italiane.
Tutti  i creatori e gli attori  affrontano questo progetto con grande emozione: portare “I Miserabili” su un palcoscenico è infatti un’impresa sicuramente temeraria, e si trema davanti a «millecinquecento pagine – ha sottolineato Luca Doninelli, che ha accettato la sfida dell’adattamento – che appartengono non solo alla storia della letteratura, ma del genere umano, come l’Odissea, la Divina Commedia, il Don Chisciotte o Guerra e Pace».
L’idea nasce da Franco Però: «Un’importante induzione verso questa scelta – spiega – viene dal momento che stiamo vivendo nelle società occidentali, dove si assiste all’inesorabile ampliarsi della forbice fra i “molto ricchi” e i “molto poveri”, fra chi è inserito nella società e chi invece ne è ai margini. Dopo anni in cui, allo Stabile, attraverso la drammaturgia, abbiamo indagato il microcosmo della famiglia (“Scandalo” di Schnitzler, “Play Strindberg” di Dürrenmatt), apriamo ora lo sguardo al macrocosmo della società.
C’è un’altra considerazione: il pubblico, a teatro, sembra sempre più attratto da operazioni legate alla narrativa. La narrativa sulla scena è un medium che permette anche di attrarre fasce non abituate a frequentare le platee, trattando argomenti dal valore universale… Naturale dunque guardare ai grandi romanzi. Poi subentrano le passioni, le vicinanze culturali che ognuno possiede. Io ho sempre frequentato soprattutto la letteratura francese (ha diretto più edizioni de “Lo Straniero” di Camus, tratto da uno dei più grandi romanzi del secondo Novecento), accanto a quella mitteleuropea: da qui “I Miserabili”, che – concordo con il recente parere di un critico francese – è forse il romanzo più famoso che esista in occidente, ma che pochissimi hanno letto per intero, tanto è imponente».
È però anche un’opera capace come rare di parlare al nostro tempo: «Non c’è stata una giornata delle prove – evidenzia il regista – in cui per sistemare una battuta, per cercare una parola non ci si sia imbattuti in concetti universali, pensieri che toccano il mondo di oggi, la nostra società, il pensiero francese di questi momenti… Un giorno mi suonava strana la battuta di uno dei giovani rivoluzionari e ho riguardato il romanzo, certo che ci fosse stato qualche aggiustamento drammaturgico: sembrava scritta nel ’68. Invece Luca Doninelli aveva preso esattamente la frase di Hugo, che continua a stupirci e impressionarci per queste sue assonanze con l’attualità, per la capacità di affrontare temi diversissimi, di mettere assieme momenti alti e momenti bassi (questa è un’altra sua grandezza)».
«“I Miserabili” – conclude – è veramente un fiume in piena di cui noi restituiremo un’onda o poco più» concordando con Doninelli che fin dall’inizio ha sottolineato come ogni capitolo, ogni parte, ogni quadro, ogni scena dell’immenso romanzo meriterebbe uno spettacolo a sé. Non potendo fare questo, in ogni caso si dovrà costruire uno spettacolo che, nel proprio ventre, possa contenere in qualche modo anche ciò che non si riuscirà a raccontare. Ma la storia di Jean Valjean, di Fantine, Cosette, Javert, dei Thénardier, di Gavroche, Eponine, di Marius e di tutti gli altri studenti rivoltosi, deve essere ripercorsa e, possibilmente, per intero, individuando la metonimia giusta per restituire il significato, il colore e l’emozione di questa sterminata “sinfonia”. Importante e appassionato sarà in ciò l’apporto degli interpreti che daranno vita a questi immensi personaggi, a partire dal Jean Valjean di Franco Branciaroli che per la prima volta – dopo uno spettacolo interpretato assieme a inizio carriera, il “Gesù” di Dreyer per la regia di Aldo Trionfo – lavora con Franco Però.
«Ogni personaggio – osserva Però – è quasi protagonista di un proprio romanzo all’interno de “I Miserabili”, ogni attore ha un ruolo fondamentale: mi è sembrato giusto partire dagli otto attori della Compagnia dello Stabile del Friuli Venezia Giulia, strumento prezioso del nostro Teatro, poi ho integrato il cast con alcuni altri attori tutti di qualità… e poi esiste Jean Valjean. Un personaggio “monstre” che aveva bisogno di un attore altrettanto “monstre”: Franco Branciaroli. Diverse ragioni mi hanno indirizzato a lui, oltre al piacere di “incontrarlo” finalmente sulla scena: certo mi ha favorito sapere che aveva già collaborato con lo Stabile in un bellissimo “Galileo”, poi mi hanno colpito alcune sue dimostrazioni di generosità nel recente passato, e naturalmente ho ammirato la sua carriera, i lavori con Ronconi… Ho messo in rapporto la sua bravura, la sua generosità e la sua capacità di essere “fuori dalle regole”, fuori dagli schemi… com’è Jean Valjean che è tutto: un santo e anche un vero galeotto. E poi avviene l’incontro e speri che le cose vadano bene. E sta andando bene: sono colpito dall’atteggiamento di Franco Branciaroli, (che devo ringraziare anche per l’incontro con Doninelli, scrittore che ha accettato la sfida dell’adattamento teatrale del romanzo), sono colpito dalla sua disponibilità, l’impegno, il pudore e la sensibilità con cui propone e suggerisce… Branciaroli è un grande “strumento”, la quintessenza dello strumento, uno dei rari attori che si mette completamente a disposizione del lavoro».
Un lavoro che l’attore definisce un percorso avventuroso quello sul romanzo di Hugo e sul “suo” Jean Valjean: «Uno strano santo – dice Franco Branciaroli del suo personaggio – una figura angelico-faustiana. Il ritratto di un’umanità che forse deve ancora venire».
La scenografia firmata da Domenico Franchi – un artista di grande esperienza e scuola, che è scenografo e pittore – ha saputo coniugare una necessaria astrazione, alla concretezza della materia. È dominata da tre elementi che sembrano una rivisitazione degli antichi periaktoi, che si muoveranno sempre, offrendo la possibilità di continui mutamenti di scena e di sfondo. E si è intuito poi, che rimanderanno all’immagine di libri di cui gli attori apriranno e muoveranno pagine diverse, attraversando il grande romanzo di Hugo ed il suo mondo, basso e alto, tragico e mutevole.
Ecco il cast e i ruoli ricoperti:
Franco Branciaroli (Jean Valjean), Alessandro Albertin (Vescovo Myriel/Gillesnormand), Silvia Altrui (Cosette bambina/Gavroche), Filippo Borghi (Marius), Romina Colbasso (Cosette adulta), Emanuele Fortunati (Courfeyrac/Montparnasse), Ester Galazzi (Fantine/Baptistine), Andrea Germani (Enjolras/Gueleumer), Riccardo Maranzana (Thenardier), Francesco Migliaccio (Javert), Jacopo Morra (Combeferre/Babet), Maria Grazia Plos (Madame Thenardier/Magloire), Valentina Violo (Eponine).

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