Presenza degli usi e delle consuetudini

Gli usi e le consuetudini sono la radice del comportamento che il cittadino sentiva e speriamo che sente ancora, come dovere Giuridico e Civico.

E’ vero che le leggi in materia hanno in qualche modo sostituito i termini e i modi di dire, ma sono comunque ancora e sempre attuali e noi ci crediamo ancora.

Parlare della presenza degli usi e consuetudini, ai giovani di oggi, nel terzo millennio, potrebbe sembrare una cosa fuori tempo, (magari lo è) eppure le Camere di Commercio curavano (e hanno fanno bene secondo chi scrive) la raccolta nei territori loro affidati.

Naturalmente gli usi e le consuetudini, con il passar del tempo, vanno rivisitate ed aggiornate ma, ricordare il passato non è superfluo anzi è una cosa buona ed aggiungiamo anche giusta; va detto inoltre che gli usi si possono classificare, territoriali, locali, a seconda che vengono applicati ed attivati in ambito nazionale, regionale, provinciale, comunale e locale.

Prima di andare avanti, nella trattazione, ci soffermiamo a ricordare alcuni termini e modi di dire che si usavano nella nostra Marsica ed Alto Sangro o alta Marsica che dir si voglia e specialmente nelle contrattazioni, nelle fiere, nel taglio dei boschi, nell’allevamento e nell’agricoltura, insomma nella vita di ogni giorno e nei lavori che ognuno era chiamato a fare, al fine di poter sopravvivere.

Ne riportiamo solo alcuni, ma ve ne sono tantissimi e cambiano da zona a zona anche a secondo dei dialetti usati nei centri dove l’uomo operava ed opera.

Gli usi poi, con il passar del tempo, sono diventati norme giuridiche non scritte, derivante dal comportamento generale, uniforme e costante, osservate per un lungo periodo di tempo “Vetuste”; in altre parole l’uso consiste nella ripetuta convinzione d’ubbidire ad un norma giuridica e civica allo stesso tempo.

Caparra, compravendita, pigione, cauzione, soprassuolo, a peso vivo, a peso morto, alpeggio, tomolo, mezzetto, coppa, quartuccio, a capezza ‘nterra, (a cavezza per terra) alla paesana, erba morta, imposto, pedagna, canna, tronchi di trancia, tronche da sega, pasci pascolo, vitello, jenca, streppa, vannino, caruso, stacca, patate da seme, patate da consumo e mezzanelle.

Nei contratti di compravendita di un fondo rustico veniva usata la clausola” a cancello chiuso” nella compravendita” a cancello aperto” il prezzo convenuto era comprensivo delle scorte morte (letame, fieno, paglia, stoppie) e degli impianti di irrigazione, non erano compresi gli animali.

Altra cosa molto importante si verificava nelle piazze dove si teneva la vendita degli animali gli accordi venivano confermati con una stretta di mano.

Il compito di accertare, raccogliere e rivedere periodicamente era stato delegato alle camere di commercio, ma con il D.L. 112 del 25 giugno 2008, l’articolo 20 cancellava la competenza, a raccogliere gli usi alla Camere di Commercio per affidala ai Comuni, noi ci chiediamo, i Comuni hanno fatto quanto loro assegnato?

La prima disposizione legislativa che affidava agli enti Camerali era contenuta nell’art.5, lettera d, della legge 20 marzo 1910, n.121 che recitava:” Compilano e rivedono periodicamente la raccolta degli usi e delle consuetudini del proprio distretto e rilasciano certificati su tale materia, indicando la deliberazione camerale in cui i singoli usi furono accertati.

Anche il R.D.L. DEL 16 giugno 1927, n.1071, all’art.3, n.7, stabilì che le Camere di Commercio: “compilano e rivedono periodicamente le raccolte degli usi e delle consuetudini commerciali ed agraria della loro Provincia”.

Negli usi e consuetudini, vi sono misure di lunghezza, misure di volume, misure di capacità usate per gli aridi, misure di capacità usate per la legna da ardere, misure di capacità usate per il carbone vegetale, misure di capacità per liquidi, misure di peso, misure di superfice e variano da Circondario a Circondario ad esempio il Circondario di Avezzano, di Sulmona e l’Aquila, solo per parlare della nostra provincia.

I pesi e le misure, indicati negli usi, nelle consuetudini, dovevano essere espressi anche facendo riferimento al sistema metrico decimale o ad articoli del Codice Civile e alle leggi della Repubblica.

Ci sono state poi tante sentenze di Tribunali, Corte d’Appello e Cassazione, circa la validità di tali comportamenti.

Ci sono tante sentenze nell’uso di applicare gli Usi e le Consuetudini, ma noi vogliamo riportare quella del Ventura che dice:” il decorso di un grande lasso di tempo toglie alla raccolta parte della sua attendibilità in quanto gli Usi sono in continua evoluzione e pertanto a distanza di tempo non si potrà sapere con sufficiente sicurezza quale degli Usi compresi nella compilazione siano di fatto ancora vigenti”.

Ci sono poi alcuni termini ancora oggi anche se in modo confuso, che dimostrano che malgrado l’abbandono della campagna e della montagna, del bosco, dell’allevamento, dell’agricoltura, alcuni termini risultano tutt’ora in uso e non potrebbe essere altrimenti.

Vi sono poi usi e consuetudini anche nel settore creditizio e bancario che non trattiamo in questa occasione.

Di questi Usi e Consuetudine ne abbiamo ancora e cerchiamo di non scordarli, sono la nostra cultura agro-silvo-pastorale e basta solo pensare che le leggi hanno preso posto in questo settore derivano proprio dagli Usi e dalle Consuetudini, anche se la Costituzione Italiana non ne fa menzione, tanti era scontata la loro forza.

Gli Usi e le Consuetudini abbracciano un periodo abbastanza lungo, che va dal periodo Romano al periodo Barbarico al periodo Medioevale fino ad arrivare alla prime fonti consuetudinarie, dove anche la Chiesa ha detto la sua.

In poche parole gli Usi e le Consuetudine sono la storia e la storia giuridica e civica della nostra cultura.

OPI LI,18 DICEMBRE 2017

ANDREA DI MARINO

 

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