Avezzano – Oltre 50.000 euro, a tanto ammonta il risarcimento del danno retributivo per una prof.ssa avezzanese di scuola media, a cui il Tribunale di Tivoli ha riconosciuto il diritto alla progressione economica per il servizio pre-ruolo, disapplicando le disposizioni di legge e del Contratto Collettivo di comparto che lo negano. Applicando le regole del Testo Unico della scuola, l’Istituto scolastico di titolarità della docente, una volta assunta a tempo indeterminato, le aveva peraltro computato ai fini della ricostruzione della carriera pregressa soltanto i servizi di precariato pari o superiori a 180 giorni per anno scolastico.
Gli avvocati della Cisl scuola di Avezzano Salvatore Braghini e Renzo Lancia domandavano quindi al Tribunale di riconoscere il diritto agli scatti maturati durante il periodo antecedente all’immissione in ruolo, e, contestualmente, di riconoscere tutto il servizio effettivamente svolto, ivi compresi i periodi lavorativi inferiori a 6 mesi. La vertenza è stata decisa sulla base della perizia del consulente del lavoro, dr. Gino Cipriani, nominato dal Tribunale. Al CTU il Giudice del lavoro, dr.ssa Roberta Mariscotti, ha chiesto di stabilire se la ricostruzione di carriera effettuata dal Ministero alla docente dopo la sua immissione in ruolo fosse discriminatoria rispetto al servizio effettivamente prestato (quindi considerando anche quello inferiore a sei mesi per anno scolastico, escluso dalle norme) e, una volta ricostruita l’anzianità di servizio, di calcolare il corretto scaglione retributivo e le differenze stipendiali maturate rispetto alla paga-tabellare già percepita dall’insegnante durante i rapporti a termine.
Il perito, valutando il servizio effettivamente svolto, ha conteggiato un totale di 17 anni e 14 giorni di pre-ruolo, evidenziando un notevole scarto con la ricostruzione di carriera elaborata dal MIUR, che, computando solo i servizi pari o maggiori di 180 gg, ulteriormente decurtati dalla norma che congela un terzo dei servizi prestati dopo il quarto anno, le riconosceva appena 13 anni e 8 mesi. Da qui ha dedotto che la ricorrente ha maturato differenze retributive durante il pre-ruolo per un totale di € 32.333,56, oltre interessi, cui devono aggiungersi mediamente circa 400 euro mensili per i 6 anni di ruolo, a titolo di differenze retributive per il corretto scaglione retributivo cui la dipendente ha diritto ad essere inquadrata con l’integrale riconoscimento del servizio svolto (fascia 15-20 dall’a.s. 2015/2016 all’a.s. 2017/2018 e fascia 21-27 dall’a.s. 2018/2019).
Il Giudice, nel ricostruire l’evoluzione normativa e giurisprudenziale, ha osservato come l’integrale riconoscimento del servizio prestato durante il precariato ai fini della progressione economica scaturisca direttamente dall’accordo quadro europeo allegato alla direttiva CE 99/70, che giustifica la disapplicazione delle norme vigenti in Italia in quanto discriminatorie verso il personale precario, escluso da qualsivoglia progressione.
La vicenda – dichiara l’avv. Braghini della CISL – ripropone un’anomalia retributiva del personale scolastico cui il Ministero dell’Istruzione non vuole porre riparo nonostante i continui richiami da parte della Corte di Giustizia Europea e le numerose sentenze che condannano l’Italia a riconoscere pari dignità al servizio svolto dai docenti precari, il cui contributo al funzionamento della scuola è identico a quello di ruolo ed altrettanto essenziale per il funzionamento della scuola, talché non è giusto che venga discriminato in alcun modo dalle disposizioni di legge”.