San Benedetto dei Marsi – “Nell’approssimarsi dell’anniversario della morte della Fondatrice della Lega del Filo d’Oro Sabina Santilli di San Benedetto dei Marsi, il 12 Ottobre 1999, ho pensato di mettere in risalto la figura di questa esile donna per il coraggio e la determinazione di voler fondare un’opera a favore dei ciecosordi italiani isolati e abbandonati togliendoli dall’isolamento e rieducarli con una complessa metodologia allo studio e al lavoro” cosi la sorella Loda Santilli.
Di seguito uno dei primi articoli pubblicato dal “Corriere dei ciechi” nel 1946 e presentato dal direttore dell’Istituto professionale “Vittorio Emanuele” di Firenze Prof. Leone Cimatti.
All’epoca Sabina Santilli era malata in ospedale
“CHI NON CONOSCE FRA I CIECHI SABINA SANTILLI LA SORDOCIECA DELL’ABRUZZO CHE, educata nei primi anni da Augusto Romagnoli,passò poi all’Istituto professionale di Firenze per seguire i corsi della scuola professionale femminile?
Ricercatrice accorta di mezzi per scoprire ciò che attorno a lei si svolge, per comunicare il suo pensiero e tradurre le sue idee in atto,acuta nei giudizi, profonda nelle considerazioni dei problemi dello spirito, colta nelle lettere e nelle scienze, abilissima nel lavoro manuale, ha destato sempre l’ammirazione di tutti coloro che l’hanno avvicinata ed hanno scorto le bellezze della sua interiorità.
Da una sua relazione scritta di un accorgimento da lei studiato per scrivere con la matita- e davvero scrive molto bene. Essa è giunta alle sue idee in proposito dopo uno studio dei segni grafici che le vengono tracciati sul palmo della mano dalle persone che non conoscono l’alfabeto digitale col quale si può parlare con lei che è cieca e sorda. Ella ritiene che una penna stiloforo possa meglio rispondere alle necessità, senza volerlo,ha indicato un’applicazione che si va diffondente attraverso le stilografiche ad inchiostro solido continuo.
Il brano non ha valore solo per quanto descrive, ma per indicare un metodo di ricerca e di sperimentazione a cui dovrebbero ricorrere i ciechi e i vedenti per rendersi conto di ciò che gli altri fanno e per progredire nel campo che degli studi, del lavoro, dei mezzi di comunicazione del pensiero.
Leone Cimatti
La forza della necessità mi ha spinto a trovare un mezzo per scrivere in corsivo assai più preciso e pratico di quanto non siano quelli già usato dai ciechi.
Volendo, appena all’ospedale rassicurare i miei con qualche rigo di mia mano posai semplicemente il foglio su un fondo di cartone un coperchio di scatola, segnandomi le righe alla meglio sull’orlo del cartone o addirittura con la stecca laterale di esso. Scrivendo così mi sovvenne il bisogno di sentirmi sotto il foglio delle righe segnate in rilievo, Pensa e ripensa,pieghettai un foglio di carta più resistente, assicurandolo su una stecca di cartoncino larga quanto un rigo; pestai bene le rigature ed ottenni finalmente un bel foglio rigato, sul quale bastava porre il foglio da scrivere per aver sotto una sottile e sicura linea di guida per ogni rigo. I caratteri vennero anche molto chiari.
Studiai allora il modo di perfezionare la calligrafia: confrontando e riflettendo su infiniti caratteri che altri, senza vedere, mi facevano sulla mano (mezzo comune per parlarmi di molta gente intorno), mi resi conto di una maggiore precisione e chiarezza di carattere. C’era chi, per unire per unire tutte le lettere della singola parola le formava tutte di unica linea ritorta, facendo una pessima calligrafia e le ornava.Una confusione difficile a leggersi.. Invece chi era dotato di più svelta intelligenza e di viva immaginazione, anche se mi parlava in dialetto, mi faceva un carattere semplice e chiaro, intellegibile all’istante. Convenni allora che solo la maggiore di forma poteva dare un carattere più chiaro e ordinato.
Qualcuno mi scriveva stampato ( sulla mano), ma tale scrittura era difficile a decifrarsi, perchè tante linee si confondevano tra loro, confondendo le lettere; assurdo era poi capire quando tutte le lettere, spezzate in linee, mi venivano fatte sullo stesso punto: una verticale, due orizzontali,, una curva e magari sproporzionate tra loro. Ma ciò mi servì per studiare ed imparare a scrivere stampato, e ci riuscii benissimo, su una guida di righe più stretta, tanto da guadagnarmi l’invettiva di mia sorella la quale, rispondendo ad una mia questione di risentimento: – se non capisci il mio scritto, dimmelo, che ti scriverò stampato – ,mi scriveva :” Mi fai ridere:, non sapevo che scrivessi così bene anche lo stampato! Sei un diavolo…
Sì, quando si è acquistato il senso stereologico di quelle piccole linee, si può formare più preciso il carattere con lo stampato! , che è appunto la forma ancora più semplice. Basta saperle unire tutte nella unica forma integra di ogni lettera, appoggiando i punti di cima e di base tra le parallele tracciate.
Studia inoltre tutti gli inconvenienti della nuova guida. Mi piaceva scrivere in piccolo e feci una rigatura come quella di quinta elementare, con grande risparmio di spazio, di strada alla matita di tempo e di lavoro. e si capva lo stesso, anzi fu questo che mi servì soprattutto per le cartoline. Però come avvenne quandosi scrive con la matita, la scrittura non era così chiara come il carattere grande e le righe risultavano un poco appiccicate tra loro. Ma, una volta avuta una riga quadrangolare di legno, ho finalmente ottenuto una guida ottima, sulla quale non dovevo badare che a formare diritte ed esatte le lettere. Essa era appunto della misura del guidamano Trani. Appoggiando le lettere medie (a, e, n,, ecc) lungo la traccia della piegatura, mi rimaneva abbastanza spazio sotto e sopra per le lettere lunghe(b, g, ecc.) e le maiuscole.. In tal modo lo scritto rimaneva assai più chiaro ed esatto che non col guidavano Trani , dove le medesime si confondono e si va facilmente a zig-zag.
Il consumo di spazio è abbastanza, ma mai eccessivo,compensato in ogni modo dalla forma limpida e pratica. Purchè si conosca bene la forma delle lettere, questa riesce per noi la scrittura più coerente e semplice , interamente simile a quella dei vedenti.
Ed ecco le ultime esperienze.
La matita calca sul foglio rigato e a lungo andare cancella le piegature, lancia incisioni ecc. Ci vorrebbe un foglio ( un foglio è sempre più adatto di una tavoletta) che non prendesse incisioni e dove le linee in rilievo delle righe non venissero schiacciate.”