Giovedì 22 agosto a Pescina, nell’ambito della XXVII Edizione del Premio Internazionale Ignazio Silone, si terrà la mostra del pittore Cesare Borsa. L’evento organizzato per celebrare l’anniversario della morte di Silone, avvenuta a Ginevra nel 1978, ha l’intento di rivedere il “Caso” Silone liberandolo dalle accuse per rivalutare la parabola esistenziale dell’uomo “Silone”, fatta di sofferenza ma anche di ricostruzione coscienziale in un avvenuto riscatto morale. Oggi ci onora celebrarlo a 46 anni dalla sua scomparsa, tra gli illustri personaggi del novecento, con le sagge parole di Geno Pampaloni: “Silone è stato il poeta del dissenso, in nome di un personalissimo socialismo cristiano (…) Il nostro debito con lui è incalcolabile, poiché la sua parola, o per meglio dire la sua lezione di vita ha lasciato un segno profondo nella nostra vita”.
Tra coloro che hanno raccolto e fatto proprio il messaggio del patrimonio culturale legato a Silone è certamente Cesare Borsa la cui opera pittorica si fa testimonianza ermeneutica nella quotidianità della condizione aspra e sofferta, fatta di ingiustizie e sopraffazioni, del mondo agro-pastorale.
Il dettato pittorico di Borsa traduce la poetica di Silone con luoghi atopici e tempi acronici meditati da un’ansia esistenziale di purificazione. Come direbbe Platone:” La potenza del Bene si è rifugiata nella natura del Bello”. La rappresentazione iconica dei quadri trascende la realtà negli interrogativi pieni di delicati sentimenti impregnati di emozioni. In una silente collaborazione empatica tra pittura e letteratura Silone e Borsa fanno dell’ansia romantica dell’artista desideroso di assoluto la misura e il fine dell’uomo nel senso cristiano e divino. La scrittura letteraria di Ignazio dal lessico alla sintassi, dalle immagini al contenuto è rappresentata nell’arte di Cesare in materia incandescente che va oltre i termini concettuali e sconfina in un territorio espressivo dove l’idea scaturisce dall’elemento pittorico rendendo fluidi i confini tra i linguaggi e le tecniche. Sia per Silone che per Borsa la sperimentazione delle forme estetiche non è mai fine a sè stessa, come nella filosofia crociana, poiché in un atteggiamento innovativo e critico si fa contraddittorio di un mondo antico caratterizzato dallo sfruttamento dei ceti poveri dal “padronato”.
Tutta la produzione di Borsa è finalizzata, sull’esempio delle pagine dell’illustre scrittore di Pescina, a rompere il potere di una gerarchia statica e immobile per giungere ad un rapporto dialettico con la realtà per cambiare la vita. Entrambi intendono la creatività dell’arte come confronto e connessione tra processi psichici, sociali, politici ed economici per una nuova etica, quella della solidarietà.
Contro il vuoto e sterile “qualunquismo”, Silone e Borsa, in una deliberata trasgressione e ricontestualizzazione dei codici espressivi dominanti, colgono il divenire dell’esperienza per porre al centro la dignità degli oppressi contro ogni totalitarismo. Pertanto, frasi tratte dai romanzi immortali di Silone come Fontamara, L’avventura di un povero cristiano, Il segreto di Luca, Uscita di Sicurezza, Il seme sotto la neve, La volpe e le camelie, si fanno “Didascalia” dei quadri di Cesare.
Sul filo delle parole dei capolavori siloniani Borsa rappresenta i cafoni del Fucino, archetipo di tutti gli oppressi e diseredati del mondo, con linee e colori nei “Senza volto” narrando, con il suo pennello, insieme ai campi, ai monti, alle case e alle strade, la fatica della gente fucense dai volti dolenti eppure nobilitati dalla dignità del lavoro.
Silone e Borsa, figli di questa terra che fu un lago, nella concezione di un’amicizia ideale pura e disinteressata aspirano alla “Bellezza” di quel luogo che come lo definisce nel “Il seme sotto la neve” il protagonista, Pietro Spina, si fa “Paese dell’anima”.