I dolorosi avvenimenti del terremoto e della Prima Guerra Mondiale non attenuarono di certo nella Marsica, un clima di evidente stato di conflitto; anzi, in questo drammatico scenario si riaccesero nuovi elementi di contrasto tra il municipio centrale di Pescina e la sua frazione S.Benedetto, proprio alla vigilia delle elezioni del 1920. Occorre ricordare che, tra le due comunità, già in passato, durante l’assegnazione di alcuni appezzamenti sempre localizzati nel Bacinetto, erano scoppiati gravi tumulti. Solo il tempestivo intervento dei soldati di fanteria che presidiavano la vicina caserma di S.Francesco di Avezzano, riuscì a disperdere con forza i dimostranti ormai venuti alle mani. In proposito, il settimanale Umbrone, con un articolo intitolato «Cose di famiglia», comunicò questo violento scontro fra le fazioni avverse, avvenuto proprio nella piazza antistante al palazzo Torlonia, in data 15 aprile 1886. Quel giorno, la moltitudine dei contadini cercò di accaparrarsi i terreni messi all’asta durante la gara senza esclusione di colpi (violenta sassaiola). La cronaca mise in luce una competizione ben presto diventata «troppo spinta», che suscitò una cruenta zuffa tra centinaia di concorrenti.
Con un articolo essenziale, intitolato: «Le terre del Fucino ed i combattenti di Pescina», Giulio Di Genova pose in evidenza che, dall’affitto dei terreni, si volevano escludere i coloni pescinesi, perché ritenuti non ripuari dell’ex lago: «È vero che l’abitato di S. Benedetto lambisce la strada di circonvallazione del Fucino ed è perciò l’abitato più vicino al latifondo Torlonia, ma è pur vero che solo i terreni appartenenti a Pescina sono quelli adiacenti al Fucino». Il riferimento includeva gli estesi tenimenti di proprietà «dell’opera Pia Serafino Rinaldi» e delle antiche famiglie Sclocchi, Guglielmi, Sabatini, Mascioli e altre ancora. Oltretutto, intervenne il prefetto dell’Aquila, confermando l’ubicazione della frazione sul territorio di Pescina: «ragione per cui appartiene al Comune di Pescina, e perché poi, vivendo i naturali di quella Frazione esclusivamente di pesca, non possedevano che una limitatissima estensione di terreni che facevano corona al Lago. Quando nel Fucino vi era l’acqua, gli abitanti di S. Benedetto erano ben pochi. Su una popolazione totale di 4.444 abitanti, solo 960 formavano quella di S.Benedetto, qualche centinaio di Venere ed il resto costituiva quella del centrale Pescina.
La legge che provvedeva alla distribuzione delle terre del Fucino stabiliva che queste fossero cedute in fitto agli abitanti dei Comuni rivieraschi in rapporto sia alla popolazione che al quantitativo della proprietà fondiaria circostante rimasta danneggiata dal prosciugamento». Chiamato in causa Filippo Cavanna, direttore generale della Romana Zuccheri, respinse simili insinuazioni e, di là dalle evidenti questioni campanilistiche, si augurò pacifiche risoluzioni tra le parti contrapposte. Tra l’altro, scrisse: «Per le inesattezze fatte rilevare dal Signor Scarsella sulla mia opera relativa alla sistemazione delle terre del Bacinetto, dopo il disastro tellurico del 13 gennaio 1915, tengo a far notare che gli agricoltori di Pescina non sono stati da me meno favoriti di quelli di S.Benedetto, ed infatti prima del terremoto avevano in affitto nel Bacinetto una superficie complessiva, che ora risulta maggiore, mentre sono stati situati in terreni più comodi per la distanza all’abitato di Pescina, e ciò per principio generale di economia agricola, che ho cercato di adottare per tutti gli agricoltori del Bacinetto. Se a qualche agricoltore di Pescina è stata ridotta la superficie delle terre che aveva in affitto, ad altri invece dello stesso paese sono state concesse senza che prima ne avessero avuto» (1).
Riguardo ai gravi contrasti zonali, recuperiamo quanto già scritto in passato nel saggio intitolato: «Rivendiche dei frazionisti di San Benedetto dei Marsi contro il comune centrale di Pescina (1902-1934)», nel quale si riporta una comunicazione del 22 aprile 1922, quando il comandante dei «Reali Carabinieri» della compagnia di Avezzano, scrisse preoccupato al sottoprefetto: «Corre voce che nel prossimo raccolto, verrà impedito il passaggio, da e pel Fucino agli agricoltori Pescinesi e, qualora tal mezzo non riuscisse efficace, si vorrebbe ricorrere alla violenza, come avvenne nel 1914» (morì un ragazzo). Naturalmente, le disposizioni impartite alla tenenza di Pescina, furono quelle di stare all’erta: «onde mantenere la calma ed evitare turbamenti dell’ordine pubblico».
Tuttavia, l’azione degli scissionisti della frazione di S.Benedetto andò avanti con durezza e determinazione, investendo nella lunga diatriba anche l’avvocato e senatore Giannetto Cavasola e il regio commissario di Pescina, Cesare Pietroiusti (vicesegretario del comune di Avezzano), per giungere all’importante relazione del 1921.
Nella lunga lite giudiziaria furono coinvolti anche Francesco Ippoliti, gli avvocati Taddei e Palladini (2).
Tra il 1944 e il 1945, non senza altri litigi, si prospettò l’ennesima azione di forza, con operazioni dirette dal comitato quarantennale per la lotta dell’autonomia comunale, confortate dall’assiduo impegno dell’avvocato Nelio Cerasani, che riuscì e interessare della questione persino l’onorevole Manlio Brosio. Certamente, i nodi da sciogliere rimasero delicati, messi in evidenza nella lunga seduta municipale del 22 maggio 1945. Interessanti «puntualizzazioni e prospettazioni in ordine a diversi punti d’attenzione», con particolare riferimento al numero degli abitanti della frazione, furono esposte da una commissione di sette sambenedettesi che raggiunse presto Roma per farsi ascoltare dal vicepresidente del Consiglio (Brosio). Indubbiamente, questa nuova azione fu un momento di preziosa verifica e di necessaria interlocuzione che permise al governo di approvare la costituzione del nuovo comune: «con Decreto Legislativo Luogotenenziale», registrato dalla Corte dei Conti. Infine, il giorno 7 settembre 1945, dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia (Anno 86, n.123) delle motivazioni per l’approvazione dell’autonomia, fu acclamato a furor di popolo il primo sindaco di San Benedetto: professor Sebastiano Simboli (3).
NOTE
- Il Risorgimento d’Abruzzo, Settimanale di Battaglia, Anno II, Num. 47, Roma, 21 Marzo 1920, «Tra S.Benedetto e Pescina».
- Il Giornale della “Valle del Giovenco”, Bimestrale della Comunità Montana, Rivendiche dei frazionisti di San Benedetto dei Marsi contro il comune centrale di Pescina (1902-1934), Anno III, n.2, maggio-agosto 2002, pp.31-34. Per una analisi dettagliata della questione, si veda: C.Pietroiusti, Dalla Civitas Valeria al nuovo Comune di S.Benedetto dei Marsi; Id., La Marsica, il Fucino, San Benedetto dei Marsi del cav. Pietroiusti (creazione del 1921), R.Arcangelis, 1936.
- Comune di Pescina, Provincia di Aquila, Circondario di Avezzano, Deliberazione emessa dal Consiglio Comunale di Pescina, in merito all’istanza degli elettori di S.Benedetto dei Marsi per vedere quella Frazione elevata in Comune Autonomo, Casa Editrice N.De Arcangelis, Casalbordino, 1908.