Avezzano – Registravano, secondo la Procura, nella Banca dati nazionale capi di bestiame solo nati virtualmente, al fine di ottenere indebitamente mediante false dichiarazioni gli aiuti-contributi dall’Unione Europea. Con l’accusa di indebita percezione e truffa ai danni dello Stato, sono finiti sotto inchiesta tre allevatori: Fiorella Silo, Sabrina Tatangelo, Orazio Tatangelo. Nei guai anche due veterinari: Pierluigi Imperiale, medico aquilano, direttore del Servizio Veterinario-Sanità Animale della Asl dell’Aquila e Mario Mazzetti, medico, dirigente dello stesso servizio: per loro , l’accusa, è di omissione o rifiuto di atti d’ufficio.
«In alcuni casi però riuscivano ad ottenerli ed in altri no» precisa la Procura di Avezzano. Come riporta Il Messaggero, i fatti sono avvenuti tra il 2012 e il 2015 e per l’annualità 2013 gli allevatori hanno riscosso circa 27mila euro, mentre per 2014 la somma incassata è stata di 16mila euro circa. Per la Procura della Repubblica di Avezzano il meccanismo del raggiro era abbastanza semplice. Gli allevatori coinvolti, che hanno sede legale in zona, hanno avanzato richiesta, inserendo i dati on line facendo dichiarazioni false. Avrebbero dichiarato, quali allevatori di bovini, la nascita di animali mai avvenuta percependo per ciascun nato un contributo da parte dell’Unione Europea. Successivamente ad un controllo da parte degli addetti si è scoperto che gli animali non c’erano negli allevamenti. Tra l’altro gli allevatori sembra che abbiano cercato di giustificare l’assenza degli animali denunciandone la scomparsa I tre indagati sono difesi dagli avvocati Paolo Vecchioni, Luca e Pasquale Motta e Antonio Carugno.
l direttore della Asl, Imperiale, difeso dall’avvocato Umberto Paris, invece è indagato perché, precisa l’accusa, «malgrado gli allevatori di bovini Fiorella Silo, e Orazio Tatangelo nelle annualità 2012-2014 avessero presentato denunce di smarrimento abnormi non credibili per sistematicità, nonchè malgrado la mancata esecuzione delle prove diagnostiche sulla totalità dei capi di età pari o superiore a sei settimane negli allevamenti riconducibili alle suddette persone, ,l’indagato non solo si limitava a recepire dette denunzie senza alcun vaglio critico e ma si rifiutava/ometteva di adottare il necessario provvedimento». Lo stesso è anche indagato per aver posto in essere potenziali condizioni di pericolo per la salute pubblica derivanti dalla possibile diffusione di malattie infettive. Il dirigente veterinario Mazzetti, difeso da Leonardo Casciere, invece è indagato poiché «ometteva di adottare- precisa l’accusa- atti del proprio ufficio, che per ragioni di igiene e sanità, dovevano essere compiuti senza ritardo». In sostanza poiché gli allevatori non avevano eseguito la profilassi obbligatoria il dirigente doveva emettere un provvedimento di sospensione di «allevamento ufficialmente indenne».