Massa d’Albe – Il 13 ottobre 2001, nella capitale del Burkina Faso, Ouagadougou, Padre Celestino Di Giovambattista, missionario camilliano, concludeva la sua vita terrena nel modo più alto e radicale: donandola interamente a Dio e ai fratelli.
Venne assassinato mentre si recava in visita ai detenuti della prigione cittadina, dove portava regolarmente conforto, ascolto e speranza a chi viveva in condizioni di sofferenza e marginalità.
Nato a Massa d’Albe (L’Aquila), Padre Celestino aveva scelto giovanissimo di entrare nell’Ordine dei Chierici Regolari Ministri degli Infermi, i Camilliani, seguendo l’esempio di San Camillo de Lellis e la sua chiamata a servire Cristo nei malati e nei sofferenti.
La sua vocazione missionaria lo portò fino in Africa, dove visse con semplicità evangelica, dedizione e amore instancabile verso i più poveri.
In Burkina Faso, si fece vicino a tutti: ai malati, ai carcerati, ai bambini e alle famiglie segnate dalla povertà. La sua presenza era segno di luce e di consolazione, un Vangelo vissuto più che predicato.
La sua missione non era fatta di parole altisonanti, ma di gesti concreti, di mani tese e di cuore aperto.
La sua morte violenta, avvenuta proprio mentre compiva un’opera di misericordia, resta una ferita profonda ma anche un seme di speranza.
Padre Celestino ha testimoniato fino all’estremo il senso più autentico della carità camilliana: “Mettere più cuore nelle mani”, come amava ripetere.
Oggi, a distanza di anni, la sua figura continua a parlare a noi con forza e dolcezza. È il ricordo di un uomo semplice, sorridente, totalmente affidato a Dio e ai fratelli, che ha fatto della sua vita un dono senza misura.
La sua famiglia, la comunità di Massa d’Albe e tutti coloro che lo hanno conosciuto lo ricordano con profonda gratitudine.
Il suo esempio rimane un faro per i missionari e per chiunque crede che l’amore evangelico possa cambiare il mondo, anche nelle sue periferie più difficili.












