Soldati spagnoli e commissario
Spese gravose delle Università marsicane per mantenere commissari e soldati spagnoli (1607-1631)
Le «gabelle» (che erano molteplici forme di contribuzione, non legate da alcun rapporto d’identità, come un’imposta diretta o indiretta oppure anche una tassa), gravarono in modo particolare sui prodotti...
Magliano de' Marsi si prepara a celebrare il bicentenario della nascita di Padre Panfilo Pietrobattista, insigne teologo e missionario
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   La Necropoli di Val Fondillo
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Le rovine della sede della Banca Marsicana di Pescina distrutta dal terremoto del 1915
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Pescina – Tra le fotografie che ci permettono di conservare la memoria di quanto avvenne nella Marsica a seguito della violenta scossa di terremoto del 13 Gennaio 1915 c’è anche quella che...
Preziose maioliche della chiesa della Madonna delle Grazie di Collarmele portate a Genova: "Analizzate per capire fabbricazione e datazione"
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Collarmele – Con l’arrivo del parere favorevole della Sovrintendenza, possiamo ufficializzare la partenza, a stretto giro, di alcuni frammenti delle maioliche della Chiesa di Madonna delle...
Castello baronale dei Colonna
Il sistema fiscale delle imposte nella Marsica vicereale dopo la peste del 1656
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Recensione del saggio "Ispettori ai monumenti e scavi nella Marsica" di Cesare Castellani nel Bullettino della Deputazione abruzzese di Storia Patria
Recensione del saggio "Ispettori ai monumenti e scavi nella Marsica" di Cesare Castellani nel Bullettino della Deputazione abruzzese di Storia Patria
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Aspetti della giurisdizione delegata nella Marsica durante il viceregno spagnolo e austriaco
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Teme di perdere il posto dopo la lite sul lavoro e sale sull’Altopiano delle Rocche per togliersi la vita. Salvato dai carabinieri

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NECROLOGI MARSICA

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Rocca di Mezzo. Non si sa ancora il motivo per cui, per tentare un gesto così estremo, sia arrivato fino ai monti dell’Altopiano delle Rocche. Sta di fatto che deve ora la sua vita ai carabinieri, che lo hanno tranquillizzato e disarmato, in modo che non potesse farsi del male.

E’ una storia che fortunatamente ha avuto un lieto fine, quella di un uomo di circa 45 anni di un centro del Lazio, che lavora come portantino in una clinica.

Ieri pomeriggio, intorno alle 17, l’uomo è stato fermato dai carabinieri del capitano Francesco Nacca, il comandante della compagnia di L’Aquila. I militari del nucleo radiomobile, coordinati dal tenente Maximiliano Papale si sono messi alla ricerca di una persona che risultava scomparsa dal posto in cui abita con la sua famiglia.

L’allarme è scattato dopo la segnalazione dei suoi familiari, nel Lazio. Sapevano che l’uomo, infatti, era armato di una pistola, una Smith Wesson, regolarmente denunciata per uso sportivo.

Ad allertare i colleghi sono stati i militari del Lazio che hanno spiegato che le celle del cellulare dell’uomo scomparso si erano attaccate con quelle di Fontavignone, la frazione di Rocca di Mezzo. Il primo a partire è stato un carabiniere della compagnia di Avezzano, della stazione di Rocca di Mezzo. E’ stata una corsa contro il tempo.

Due militari, in abiti civili, hanno individuato e fermato l’uomo mentre era ancora nella sua auto. Con sé aveva non solo la pistola ma anche un coltello. I carabinieri hanno parlato con il 45enne e hanno da subito provato a convincerlo a desistere nel suo disperato gesto. In ausilio sono poi intervenuti i colleghi in divisa della Radiomobile aquilana. Insieme lo hanno disarmato. E’ stato così che l’uomo ha desistito e ha scelto di trovare un’alternativa al gesto estremo che probabilmente voleva compiere.

Non si conosce ancora il motivo per cui era a Fontavignone. Pare però che si fosse allontanato dal Lazio dopo aver avuto una brutta lite sul luogo di lavoro. Per questo pensava di poter perdere il posto.

Una storia triste che però non si è conclusa con una tragedia grazie alla tempestività dell’intervento dei carabinieri ed è per questo che anche davanti a quella che poteva essere una tragedia, si può comunque scrivere che si tratta di un lieto fine.

 

LA NOTA STAMPA DELL’ARMA DEI CARABINIERI:

Si tratta di un giovane di Anzio (RM), classe ’75, che due giorni fa ha fatto perdere le proprie tracce, inviando un sms ad un medico specialista che lo aveva in cura dal tenore a dir poco preoccupante. Il giovane infatti partecipava al professionista di essere stato licenziato dal lavoro, di essere andato via di casa e gli chiedeva di notiziare la madre convivente affinchè si prendesse cura del loro cane. Vane si rivelavano a questo punto le ricerche della madre presso parenti e amici, nella speranza di rintracciare il figlio, così come vani risultavano i tentativi di contattarlo sulla sua utenza cellulare, che squillava senza però avere risposta. A questo punto la donna decideva di sporgere formale denuncia presso il locale Commissariato in modo tale da attivare immediatamente le ricerche del caso. Da una prima ricostruzione dei fatti emergeva come il giovane scomparso, dipendente di una clinica privata, prima di far perdere definitivamente le proprie tracce a bordo della sua Seat Ibiza di colore rosso, aveva avuto un forte alterco con i colleghi di lavoro, tanto che in preda al rancore aveva manifestato loro l’intenzione di suicidarsi.

Immediate sono scattate le ricerche del giovane, che grazie alle coordinate fornite dal suo telefono cellulare rimasto acceso, veniva sì localizzato, ma in un’area geografica piuttosto ampia, tra Rocca di Mezzo e San Demetrio ne’ Vestini.

A questo punto l’Arma aquilana attivava tutte le sue risorse sul campo, pattugliando palmo e palmo la zona interessata, che diventa molto impervia nella parte a ridosso delle montagne.

Dopo appena un’ora di ricerche, due militari liberi dal servizio a bordo di mezzo privato, rispettivamente della Stazione Carabinieri di Rocca di Mezzo e dell’Aliquota Radiomobile di L’Aquila, che benché non in orario di lavoro avevano deciso di concorrere nelle ricerche, rintracciavano il giovane a bordo della sua autovettura in  San Martino D’Ocre, frazione del Comune di Ocre, su una piazzola sterrata a margine della SP 38 Vestina. Gli accertamenti nel frattempo eseguiti sul conto del giovane facevano ritenere altamente probabile che lo stesso potesse portare con se armi e che volesse suicidarsi proprio mediante l’utilizzo di una delle 4 armi – 2 fucili e 2 pistole – dallo stesso regolarmente denunciate e detenute.  Nel frattempo non era stato possibile nemmeno sincerarsi dell’ammanco eventuale di armi presso l’abitazione del giovane, in quanto le stesse erano riposte in un armadio a muro blindato, le cui chiavi verranno poi rinvenute nella sua disponibilità.

I militari liberi dal servizio venivano nel frattempo raggiunti dai colleghi della gazzella in turno del Radiomobile di L’Aquila ed insieme, adottando tutte le cautele del caso, si avvicinavano al mezzo.

In particolare, al fine di garantire l’effetto sorpresa ed evitare che il giovane potesse fare gesti inconsulti alla vista delle uniformi, i militari in abiti civili a bordo del proprio mezzo privato, simulando un passaggio casuale sul posto, provvedevano una volta affiancato il mezzo,  a bloccare immediatamente il giovane, mentre i colleghi in divisa giungevano immediatamente dal retro del mezzo garantendo la sicurezza degli operanti e del giovane stesso. La professionalità dei militi e lo stratagemma utilizzato si rivelavano fondamentali per la buona riuscita dell’intervento: il giovane, che piangeva a dirotto, aveva tra le gambe uno zaino aperto con all’interno la sua pistola marca COLT calibro 45, con il colpo in canna e il grilletto armato, pronta a fare fuoco. Solo l’immediato rintraccio e la prontezza d’intervento dei militari evitava il peggio, quanto ormai il giovane era in procinto di farla finita.

Il dispiacere per il lavoro perso, il disagio sociale che tale evento porta con sé, il rancore per il diverbio avuto con i colleghi, nonchè alcuni problemi sanitari seri di cui il giovane soffriva da tempo, lo avevano convinto a farla finita.

Il giovane laziale, dopo essere stato tranquillizzato dagli stessi militari e riportato alla calma, veniva trasportato, con l’ausilio di personale 118, presso l’Ospedale San Salvatore di L’Aquila,dove veniva ricoverato e subito sottoposto alle cure del caso.

Il serbatoio dell’arma conteneva ulteriori 6 proiettili, quasi ad evitare che l’insano gesto potesse fallire, e nel cassetto porta oggetti del mezzo venivano rinvenuti ulteriori 37 colpi calibro 45 e un ulteriore caricatore della stessa pistola contenente altri 7 colpi. All’interno della tasca del giubbotto del giovane, i militari rinvenivano anche un coltello a serramanico di tipo “Cecoslovacco”.

Le armi rinvenute, così le altre legalmente detenute presso l’abitazione del giovane, venivano tutte precauzionalmente ritirate.

 

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Magda Tirabassi

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