Strage di Bologna, crocevia della nostra storia

Anche allora era tempo di Olimpiadi. A Patrizio Oliva, sul momento, non dissero nulla, quel 2 agosto 1980, 44 anni fa. Preferirono lasciarlo tranquillo, perché l’allora 21enne pugile napoletano, astro nascente della boxe italiana e internazionale, aveva un appuntamento con la storia, il pomeriggio di quello stesso giorno, il penultimo delle Olimpiadi di Mosca, di quei Giochi dimezzati per il boicottaggio deciso da 65 paesi, a seguito dell’invasione sovietica dell’Afghanistan, nel 1979. L’Italia prese parte ai Giochi partecipando, però, solo sotto la bandiera olimpica. 

Sta di fatto che nella finale dei pesi superleggeri Oliva, quel giorno, esibì un pugilato spettacolare, dominando il favorito russo, nonché idolo di casa, Konakbayev, e riportando in Italia dopo vent’anni, per il pugilato, un oro olimpico. 

Fu soltanto dopo l’incontro che a Patrizio Oliva venne riferito del dramma in cui era piombata l’Italia tutta, dalle ore 10 e 25 di quel 2 agosto. Dirà anni dopo Oliva che sperava, con quella sua vittoria, di aver regalato agli italiani un minimo di sollievo, in una giornata tanto brutta. Difficile, impossibile però non pensare, magari anche per un solo istante, a quello che era accaduto in quel giorno, esattamente alle ore 10 e 25, quando ventitre chili di tritolo nascosti in valigie nella sala d’aspetto di seconda classe della stazione di Bologna esplosero, provocando 85 morti e oltre 200 feriti, il più grave attentato della nostra storia in tempo di pace.  

La terribile deflagrazione provoca il crollo dell’intera ala ovest della palazzina della stazione, mentre lo spostamento d’aria fa piovere in modo violentissimo pezzi di metallo e pietre fino al piazzale davanti la stazione. Uno scenario apocalittico si presenta ai primi soccorritori, che scavano a mani nude tra corpi straziati. Invece dei passeggeri, l’autobus 37 inizia la spola tra obitorio e stazione, trasportando cadaveri o quel che resta dei corpi. L’ultima vittima verrà estratta dalle macerie alle 2 di notte. 

Si può dire, nei fatti, che con la strage della stazione di Bologna si chiude il periodo di quella strategia della tensione che era iniziata, nel dicembre del ’69, con la bomba di Piazza Fontana a Milano. Una lunga, drammatica e sanguinosa fase che aveva visto, nella sostanza, opposti estremismi tentare di destabilizzare l’assetto democratico di uno stato che, da parte sua, si mostrava fragile e per tanti versi pericolosamente permeabile. Esattamente sei anni prima di Bologna, del resto, e proprio cinquanta anni fa, nella notte tra il 3 e 4 agosto 1974, la strage sul treno Italicus, tra Firenze e Bologna, provocando 12 vittime, era stato un altro tassello, tra i tanti, di un piano eversivo che puntava a condizionare pesantemente la vita politica. 

In questo senso anche le risultanze processuali della strage di Bologna, tornate a riaprirsi proprio in questi ultimi tempi, rappresentano un perfetto paradigma di un panorama nebuloso, spesso contrassegnato da connivenze tra criminalità politica e comune, e ancora depistaggi, servizi deviati e un clima generalmente opaco. E’ con la cosiddetta strage di Natale, quando una bomba sul rapido 904 provoca 16vittime il 23 dicembre 1984, che siamo ad una svolta, con l’entrata in scena di una criminalità mafiosa potente ed arrogante, che punterà anch’essa a colpire al cuore lo stato, aprendo una nuova stagione di violenza.         

Maurizio Cicchetti

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