Riflessioni attorno all’immagine di un bracciante marocchino che torna da Fucino in bicicletta

Fucino – Sono tante le persone che lavorano nelle campagne del Fucino. E una buona parte di queste non è originaria dei nostri paesi ma nei nostri piccoli paesi è arrivata partendo, spesso, da un altro continente. Persone diverse sotto tanti punti di vista: per lingua, per cultura, per religione, per tradizioni. Il dottor Pisegna, oggi, ha condiviso online, una sua personale e profonda riflessione in merito alla presenza dei lavoratori stranieri che ormai siamo “abituati” a vedere lungo le strade fucensi.

Il dottor Nicola Pisegna Orlando è un veterinario che in tanti, nella Marsica, conoscono da tempo. Come lui stesso spiega, condivide la sua esperienza lavorativa quotidiana con due ragazzi stranieri che vengono dalla Costa d’Avorio. “Ragazzi svegli, volenterosi, collaborativi ,estremamente educati“, scrive Pisegna. Si muovono in bicicletta, questi ragazzi, così come fanno tanti altri lavoratori del Fucino e non solo.

Il dottore si sofferma su una scena che, praticamente ogni giorno, gli capita di osservare: “Mentre torno al mio paese mi imbatto in questo signore marocchino, bracciante nel Fucino. Parte alle quattro di mattina in bicicletta e ritorna, dopo il lavoro, sempre in bicicletta a Collelongo. Oltre dieci km di dura salita“. Il dottor Pisegna si sofferma, e ci fa soffermare, sul sacrificio che quest’uomo compie ogni giorno, sulla fatica costante che deve fare, semplicemente, per andare a lavorare.

Siamo al cospetto di un uomo che lavora una terra che non gli appartiene. Dovremmo notare la dignità del suo procedere lungo la strada dopo una giornata di fatiche. Dovremmo ammirarlo, rispettarlo, considerarlo in tutta la sua umanità e nella sua straordinaria forza di volontà. Invece, forse, in troppi, non lo notiamo neppure, passandogli accanto e procedendo oltre. Mi chiedo se questo Paese” scrive il dottor Pisegna concludendo la sua riflessione “non debba scusarsi con queste persone per aver permesso ad un Ministro della Repubblica di paventare il rischio della “sostituzione etnica”. Di certo, di fronte a queste immagini, provo molto disagio e tanta inadeguatezza“.

E viene spontaneo, leggendo queste righe, porsi delle domande in merito ai nostri atteggiamenti e ai nostri comportamenti rispetto al “prossimo“, soprattutto se straniero. Siamo sicuri di non emarginare, di non discriminare, di non penalizzare? Siamo sicuri di rispettare veramente quell’uomo che è costretto a fare dieci chilometri in salita per tornare a Collelongo dopo una giornata trascorsa a lavorare le terre del Fucino? Probabilmente ha ragione Pisegna: siamo inadeguati. Tutti molto inadeguati.

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