Pescasseroli – In un articolo apparso di recente sulla prestigiosa rivista “Natura e Montagna”, Spartaco Gippoliti e Corradino Guacci della Società Italiana per la Storia della Fauna “Giuseppe Altobello” offrono una analisi originale circa lo stato dell’arte della conservazione dell’orso appenninico, definito “il più minacciato Mammifero italiano”.
I due autori sottolineano come sulla base delle ultimissime ricerche scientifiche, si evidenzi sempre più l’unicità morfologica e genetica di Ursus arctos marsicanus anche se non si conosce ancora la causa d’origine di questa diversità. Per questo essi mostrano grossa perplessità verso i recenti riferimenti alla necessità di una importazione di orsi sloveni nell’Appennino per ‘rinsanguare’ la locale popolazione orsina.
“Non esistono attualmente, a nostra conoscenza, evidenze di problematiche di origine genetica nella piccola popolazione di orsi marsicani. Abbiamo chiesto per primi di realizzare una banca genetica per evitare problemi futuri e ci si risponde che la banca genetica non serve, però ci viene detto che un ‘rinsanguamento’ con orsi sloveni potrebbe apportare la necessaria variabilità genetica al nucleo appenninico.” Ci dice Spartaco Gippoliti, esperto di conservazione dei Mammiferi. “Peccato che questa ipotesi, oltre che scientificamente infondata, creerebbe almeno due grossi problemi; sarebbe irricevibile dalle comunità locali che non hanno mai avuto da temere aggressioni dal mite orso marsicano (non sarebbe lo stesso con altri orsi) e avrebbe un contraccolpo negativo sul turismo naturalistico più qualificato, specialmente internazionale (perché arrivare sino in Abruzzo per vedere un animale che in Slovenia è comunissimo?)”.
L’articolo affronta anche alcune questioni esplose durante la scorsa estate, come quella degli orsi che frequentano i piccoli centri urbani, criticando l’adozione di approcci mutuati all’estero in altre situazioni socio-ecologiche e con altri orsi. Infatti le azioni di dissuasione intraprese sottovalutano l’importanza della presente accettazione sociale dell’orso nella regione e possono, a lungo termine, creare un contesto meno favorevole alla sua conservazione.
Pur non discutendo la centralità del contributo della ricerca zoologica alla conservazione della specie, Gippoliti e Guacci si chiedono se in Italia non ci siano etologi, genetisti di piccole popolazioni, veterinari ed esperti di riproduzione assistita, sociologi e zoo biologi che possano fornire un contributo di competenze ed idee per la salvaguardia di quello che è un patrimonio unico dell’Appennino e dell’Italia.
Si chiede quindi alle autorità competenti di integrare il gruppo di lavoro esistente al fine di assicurare la dovuta interdisciplinarità necessaria per affrontare una situazione obiettivamente complessa.
La Società Italiana per la Storia della Fauna si impegna, da parte sua, a continuare ad assicurare il suo contributo di citizen science per la conservazione dell’endemico orso marsicano.