Maxi condotta idrica abusiva nel Fucino, confermata la sentenza del Tar “E’ abusiva e va rimossa”

Avezzano – La condotta è abusiva e va rimossa. Così ha sentenziato il Consiglio di Stato ponendo fine all’annosa vicenda della tubazione, che attraversa centinaia di metri di fondi del Fucino tra San Benedetto e Collarmele, realizzata dalla ditta Lago D’Oro, l’azienda campana dei fratelli D’Apice, giunta nella Marsica diversi anni fa e oggi proprietaria di ca. 70 ettari di terreni.  I Giudici della Suprema Assise amministrativa hanno, infatti, hanno stabilito che è pienamente legittimo l’ordine di demolizione intimato alla società dal Comune di Collarmele con l’ordinanza del maggio 2015.  

Il Tar dell’Aquila aveva già rigettato il ricorso presentato dalla società agricola per mezzo degli avvocati Roberta Confortini e Mario Petrella, con una sentenza pubblicata l’anno scorso, avverso la quale gli stessi legali hanno proposto appello, quest’oggi respinto dal Consiglio di Stato. In tutte le fasi del processo amministrativo il Comune di Collarmele è stato assistito dall’avv.  Herbert Simone, le cui argomentazioni difensive sono state pienamente accolte nei due gradi di giudizio.

Avv. Salvatore Braghini
Avv. Salvatore Braghini

Particolarmente severa la decisione dell’odierno Collegio giudicante, che non solo ha confermato la condanna della ditta ricorrente alle spese legali stabilite dal Tar dell’Aquila sia nei riguardi del Comune sia di uno dei proprietari dei terreni, intervenuto con il patrocinio degli avvocati Salvatore Braghini e Renzo Lancia, ma ha nuovamente condannato la società alla refusione delle spese di lite.

L’imponente opera idraulica aveva destato allarme sociale tra i proprietari dei terreni, che si erano rivolti alle forze dell’ordine appena scoperto l’interramento, tanto da proporre ricorso  al Tribunale di Avezzano per lo spossessamento subito unitamente ad un esposto alla Procura della Repubblica. I titolari della ditta campana venivano rinviati a giudizio per Il reato di invasione di terreni di cui all’art. 633 cod. pen.  e, incardinato il processo avanti al Giudice di Pace di Pescina, se ne attende ancora l’esito.

Non mancavano i colpi di scena. Disattesa l’azione contro lo spossessamento e la richiesta risarcitoria dei proprietari dei fondi coinvolti, le aspettative di giustizia di quest’ultimi si concentravano sul procedimento amministrativo. Infatti, il Servizio Tecnico del Comune, nell’ordinanza di demolizione aveva richiamato il verbale della Polizia municipale del maggio 2015, con il quale era stata evidenziata l’avvenuta esecuzione abusiva dell’impianto di irrigazione interrato su terreni privati nonché l’attraversamento della strada comunale Spineto, senza permesso di costruire e in violazione del Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia. Il Comune aveva, altresì, evidenziato che al di sotto della strada comunale Spineto, nel punto di attraversamento dell’impianto, transitano alcuni sottoservizi di interesse pubblico (condotta del gas metano e linea elettrica di media tensione), il che implica, nel caso di attraversamento, la presentazione di documentazione tecnico–progettuale, del tutto assente nel caso e invece necessaria  anche a fini di sicurezza stradale.

La difesa di Lago d’Oro nell’atto di appello ribadiva che non vi sarebbe stata alcuna realizzazione di un secondo attraversamento in Via Spineto, ma soltanto l’inserimento di un tubo in pvc nel vecchio tubo in ferro dell’impianto interrato, già tollerato in precedenza dai proprietari, eccependo la non necessità del titolo abilitativo edilizio, non rientrandosi nel campo di applicazione delle norme urbanistiche ma nelle attività edilizie libere.

Non così, però, per il Consiglio di Stato, secondo cui “Dagli atti risulta in maniera attendibile che la società ricorrente ha realizzato un impianto irriguo nuovo sotterrato, certamente senza alcun titolo edilizio, con l’attraversamento della strada comunale Spineto e di fondi di proprietà di terzi, senza l’assenso dei privati e senza che sia stata domandata l’autorizzazione all’Amministrazione, pur essendovi stato l’attraversamento di una strada pubblica”.

Particolare soddisfazione hanno espresso i legali dei proprietari, in quanto la sentenza del Consiglio di Stato recepisce l’istruttoria compiuta nella causa dagli stessi intentata avanti al Tribunale di Avezzano, tanto che – evidenziano gli avvocati Salvatore Braghini e Renzo Lancia – il Collegio di Palazzo Spada riconosce che “l’ordinanza del Tribunale di Avezzano del 13.7.2015 concorre a smentire la tesi attorea dell’inserzione di un tubo di pvc all’interno di un vecchio tubo di metallo preesistente…, a differenza di quanto sostiene l’appellante, dall’esame della sentenza del Tribunale di Avezzano n. 388 del 2018 non risulta affermato in alcun modo che i lavori eseguiti dalla società siano consistiti nel semplice ripristino di una condotta preesistente”.

Ben ha operato, dunque, il Comune di Collarmele nel disporre la demolizione, che, ora, dovrà essere effettuata a proprie spese dalla stessa ditta.

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