Quest’anno la festa della mamma si celebra nella giornata dell’otto maggio.
La ricorrenza nata nel 1908 da un’idea di Anna M. Jarvis, con un memoriale in ricordo di sua madre, attivista pacifista, vuole essere un’espressione pubblica di gratitudine per coloro che hanno generato la nostra vita.
Le donne, ed in particolare le madri, salveranno il mondo con la pratica della cura: “Non si può guarire solo con le parole (…) ma consolare, far rivivere. Per questo occorre vedere degli occhi di fronte a sé, toccare delle labbra, delle mani, un corpo” (D. Grossman). Le madri sono creature così terrene da diventare celesti.
Solo se impareremo da loro a prenderci cura gli uni degli altri e tutti insieme della nostra casa comune planetaria sarà possibile superare la logica dell’economia per una piena realizzazione della dignità umana. L’abbraccio materno è il luogo privilegiato dove aprire il cuore agli affetti più nobili. La cura che appartiene da sempre all’universo femminile andrebbe tramandata e praticata da tutti i componenti della comunità senza differenza di genere. Un proverbio africano dice che per crescere un bambino ci serve un villaggio.
La società maschile, costruita sul capitalismo patriarcale, che non vuole far suo un concetto così semplice eppure carico di significato nel tempo drammatico che stiamo vivendo, svaluta il lavoro delle donne nell’ambito familiare. Nilde Iotti propone una rivoluzione rendendo straordinaria la vita ordinaria delle donne “Dobbiamo far entrare nella politica l’esperienza quotidiana della vita, le piccole cose dell’esistenza, costringendo tutti, uomini, politici, ministri, economisti, amministratori locali, a fare finalmente i conti con la vita concreta delle donne”.
A tutte le mamme offro una rosa e questi versi.
Ogni volta che ti penso
Altisonante di baci e sorrisi
D’antiche memorie e chiari desideri
Ti vedo ad allevar farfalle tra amuleti
Di rose sull’azzurra vastità della Primavera.
E’ la vita che ritorna come tacita chimera
Di nubi sul grembo del sole in volo
Come lucciola variopinta per le zolle brune.
Dopo tanto silenzio sull’ombra di un fiore
Oh madre!
Bella d’amore giungi sul ciglio del mio cuore
Ad approntare corredo di candide camiciole
Soffice ciniglia di bambagia per vestire
L’anima fanciulla sulla vellutata pelle
Forse con qualche ninnolo che più non s’usa.
Stella che bisbiglia trasparenze di trine
Intrecciate tra dita fragranti di tenera lavanda
Sono le tue carezze di giunchiglia.
Nello scrigno senza diademi ponesti il tesoro
Della tua esistenza e mi dicesti porgendolo:
“E’ tutto per te, delle perle e della schiuma del mare
Fanne vita felice che avanza coi piedi leggeri d’erba novella
A camminare sui giorni che verranno
Muta gentilezza inaccessibile all’affanno della mia sera”.
Mi dicesti ancora:
“Ora senti come sospeso nella tua fede l’affetto eterno
Si fa briciola trepidante di lacrime
A darti figlio un’ansia mista alla promessa di bellezza.
Era l’eternità prima: inseguila con infinita cura fin dove il mare s’inarca”