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La consegna del Labaro alla 132ª legione Monte Velino (24 giugno 1932)

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La rivista americana «Fortune» del 1932 considerava con solidarietà e ammirazione la politica italiana, pubblicando un articolo di fondo molto efficace. Dopo aver ammesso un’evidente crisi mondiale «contrassegnata dallo smarrimento e dall’incertezza», indicò comunque l’Italia di Mussolini in maniera positiva, esaminando la situazione del regime fascista attraverso elementi saldi e positivi. Da questi rilievi, riferendosi proprio al duce, scrisse: «Egli presenta, anche, la virtù della forza e di un governo centralizzato che opera subito e senza incontrare opposizioni per il bene dell’intera nazione» (1).

Anche l’intellettuale tedesco Werner  Sombart (uno dei sociologi più influenti al mondo fino al 1940), rilevò segni positivi dichiarando nello stesso periodo: «Uno dei meriti più alti del fascismo consiste, secondo me, nell’aver completamente superato il concetto della lotta di classe, di aver invece ammesso il saggio contemperamento del principio dell’iniziativa individuale e della libera produzione col principio dell’organizzazione e del corporativismo, sì da evitare, nello stesso punto, lo scoglio di una centralizzazione livellatrice, statolatria, bolscevizzante […] È per questo che io considero la nuova Italia e la sua notevolissima creazione, lo Stato corporativo, con ammirazione di uomo e con attenzione di scienziato» (2).

In questa prospettiva, quando ormai da qualche anno in tutti i principali paesi europei, la lotta politica andava radicalizzandosi a favore delle forze estreme di destra o sinistra sotto l’imperversare della crisi economica, Mussolini era «ormai convinto che la situazione europea fosse sul punto di modificarsi radicalmente» (3).

La subordinazione delle autorità di partito a quelle del governo, era ormai da qualche tempo un punto fermo e si tradusse in pratica nel giugno del 1932, quando i segni della continua devozione al duce e alla causa fascista, ci sono forniti come fosse un “calendario della liturgia nazionale”, che si concentrò proprio sulla città di Avezzano, per suscitare nuovi entusiasmi popolari attraverso la solenne cerimonia della consegna del Labaro alla 132ª legione della milizia (4). Con il supporto di rilievi di carattere cronachistico, apprendiamo che il giorno ventiquattro dello stesso mese: «La nobile e forte città marsicana, ha vissuto una giornata di entusiasmo e di fede che si è conclusa in una cerimonia altamente significativa, celebrata in perfetto stile fascista: la consegna del Labaro alla 132ª Legione Monte Velino». Nella mattinata, i reparti della milizia, agli ordini di Passalacqua, si erano radunati nella vasta Piazza Risorgimento, seguiti dai giovani fascisti, dai balilla, dagli avanguardisti, dalle giovani italiane, dai mutilati, combattenti, alpini e dall’associazione bersaglieri con i tenenti Cariani e Falcioni. Alla cerimonia intervenne anche un reparto della milizia ferroviaria, agli ordini del capo manipolo Calligari e un folto gruppo di ufficiali in congedo, tra cui Gaggiotti, il capitano Persia e il podestà di Balsorano. Presenti tutte le autorità provinciali: il prefetto Sacchetti, il segretario federale Marinucci; il vice segretario Recina, il preside della provincia Bafile, il console generale Bevilacqua, il capo del Gabinetto del prefetto Cicchetti, il podestà di Avezzano Paolini e il segretario Colaneri, l’ispettore federale Di Lorenzo e il segretario politico Iatosti; i consoli Forti e Giorgio capo di Stato maggiore del quarto raggruppamento; Piretti, Panfili, Monni, Bernardi e Petroni, quest’ultimo in rappresentanza dei bersaglieri dell’Aquila; ancora, il tenente dei carabinieri Secchi con il capitano Cilento e il tenente Provenzale; il commissario di pubblica sicurezza Grasso, il centurione Bernardi, ufficiale d’ordinanza del generale Vittorio Vernè e l’ispettore del demanio Capizzi.

All’arrivo del generale, le truppe presentarono le armi: «salutando alla voce. La cerimonia della consegna del Labaro si è compiuta rapidamente. Il comandante la Legione seniore Passalacqua, seguito dai comandanti di coorte e di centuria, si è avvicinato al palco ove il Segretario politico gli ha consegnato il Labaro inneggiando al Re ed al Duce. Il seniore Passalacqua dopo aver ringraziato Iatosti e il Fascio di Avezzano, ha pronunciato la formula del giuramento». Prese poi la parola, il segretario federale Marinucci che, con parole altisonanti rivolte agli ufficiali e ai militi disse: «Voi avete ricevuto dal segretario politico del Fascio di Avezzano il Labaro benedetto dal ministro di Dio e baciato dal sole d’Italia. Voi avete l’orgoglio di appartenere alla prima legione che in terra d’Africa tenne alto e puro il nome dell’Abruzzo e della Milizia; la vostra Legione è meritevole di encomio e di elogio. I vostri saldi petti, animati da una fede che non verrà mai meno, sapranno essere sicuro baluardo contro i nemici che scendono da Parigi e dal Belgio nella vana speranza di poterci colpire in ciò che ci è più caro. Il giuramento possente che in questo momento avete pronunciato risuoni sempre nei vostri cuori, e voi, generale Vernè, riferitelo al generale Teruzzi, perché lo dica al grande Capo, che la Marsica è buona e sana». Cessati gli applausi che avevano salutato l’intervento di quest’ultimo, parlò il prefetto, enunciando la famosa frase riportata dalla tradizione romana: «Né contro i Marsi né senza i Marsi è possibile vincere». Infine, definì gli ufficiali e le camicie nere «fiore del fascismo d’Abruzzo». Dopo le acclamazioni indirizzate al prefetto, parlò il generale Vittorio Vernè, che ricordò le gesta della legione in Libia durante la sua dura permanenza di otto mesi in Africa. In conclusione, esortò i militi esclamando: «La Milizia tutta e quella di questa salda Legione in special modo, cementata rete di ferro e di acciaio, deve essere la barriera contro cui debbono infrangersi gli sforzi del fuoruscitismo». Terminata la sfilata per le vie principali di Avezzano, gli ufficiali si riunirono nella sala della «Società Operaia». Ultimata la cerimonia di carattere militare, autorità e ufficiali si ritrovarono insieme nel palazzo comunale, dove il podestà offrì un rinfresco. Non poteva mancare il saluto al monumento dei caduti, con il deposito di una corona d’alloro e l’offerta di lire cinquecento all’ente delle opere d’assistenza (5).

NOTE

  1. R.De Felice, cit., I.Gli anni del consenso 1929-1936, p.541.
  2. Universalità del fascismo. Raccolta di giudizi di personalità e della stampa di tutto il mondo 1922-1932, p. 342 sgg., Vallecchi, Firenze 1933. Per capire fino in fondo il pensiero di Sombart si veda: V.Gioia, I fattori soggettivi nel moderno capitalismo. La complicata ricezione italiana e le questioni insolute nel pensiero di W.Sombart, pp.163-189, in «I mille volti del regime», Studi e Saggi, 216, Opposizione e consenso nella cultura giuridica, economica e politica italiana tra le due guerre, a c. di P.Barucci-P.Bini-L.Conigliello, Firenze University Press, 2020.
  3. R.De Felice, cit., I.Gli anni del consenso 1929-1936, p.411. Infatti, la sua politica estera si indirizzava nettamente verso l’Etiopia, per rivendicare i compensi coloniali.
  4. Il Labaro, era già stato vessillo militare presso i romani e poi nel medioevo fu l’insegna particolare dei cavalieri e dei comuni d’Italia. Sulla targa rettangolare sottostante all’aquila romana del labaro, furono incisi i fatti d’arme a cui la 132ª legione prese parte.
  5. Il Risorgimento d’Abruzzo e Molise, Anno X – Roma, 26 Giugno 1932, p.4. Il Fascio di Avezzano consegna il Labaro alla 132ª Legione della Milizia.

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