Il papato di Francesco “venuto dalla fine del mondo” consegna ai cardinali, chiamati a nominare il successore di Pietro, una chiesa rinnovata nel sentire il dolore del mondo con una pastorale nuova finalizzata a riscoprire il volto misericordioso di Dio negli ultimi ed oppressi. Contro la cultura dello scarto una chiesa povera dei poveri abbraccia il mondo intero con il messaggio rivoluzionario di Cristo: “ in Lui, soleva dire, è il centro della vocazione cristiana…custodiamo Cristo nella nostra vita per custodire gli altri e il creato”. Il dialogo sociale per la pace e la giustizia porta il Pontefice alla riforma della curia che sfocia nella Costituzione apostolica “Praedicate Evangelium” in virtù del principio che “ la potestà di governo nella chiesa non viene dal sacramento dell’ordine, ma dalla missione canonica” ricevuta dal Papa con il conferimento dell’ufficio.
L’ indizione dell’anno giubilare nello spirito evangelico esorta a reagire ai numerosi problemi dell’attualità travagliata da guerre e ingiustizie sociali
dando la possibilità di trasformare un tempo vuoto in un tempo della speranza del resto è” nella speranza che noi siamo stati salvati” (Rm 8,24).
In continuità con Francesco la sinodalità nell’ultima congregazione generale ha espresso il desiderio di continuare nell’ottica del riformismo intesa come: lotta agli abusi, trasparenza economica, vicinanza ai poveri, cura del creato e impegno per la pace.
Il profilo di un Papa Pastore, capace di delineare il volto di una chiesa samaritana, sembra, molto simile a quello di Pietro Angelario da Morrone, umile frate eremita eletto pontefice nel 1294 con il nome di Celestino V, di cui parla Ignazio Silone nel libro”L’avventura d’un povero cristiano” pubblicato nel 1968 e a cui fu conferito il Campiello d’oro.
“Ormai è chiaro che a me interessa la sorte di un certo tipo di cristiano, nell’ingranaggio del mondo, e non saprei scrivere d’altro”afferma Silone narrando come con spirito francescano, anche nelle condizioni più avverse, la parola di Cristo, faccia della speranza riscatto dal dolore soprattutto nei ceti più umili.
Il “povero cristiano”, come Silone Chiama Celestino V, convinto dell’impossibilità di conciliare lo spirito evangelico con il soglio pontificio rinunciò all’incarico. Tuttavia per Silone il Papa del “Gran rifiuto” dantesco si fa simbolo di chi antepone la purezza della coscienza al potere. Un Celestino che con coraggio non tradisce la fede ma si ispira alla chiesa delle origini per seguire l’esempio evangelico.
Con “L’avventura di un povero cristiano”infatti egli superando ogni barriera ideologica in un cristianesimo assoluto, giunge al vertice del suo percorso non solo letterario ma etico dando al suo messaggio la forma dialogica di un dramma teatrale rendendolo comprensibile a tutti. In queste pagine, che rappresentano un testamento spirituale, Silone anticipa il desiderio di giungere alle periferie sociali alla ricerca dell’equità proprie del cristianesimo.
Dal suo esempio di uomo libero dalle dinamiche del mercato così come dall’esempio di Papa Francesco proviene un’eredità ricca di contenuti morali nella riscoperta dei valori evangelici. Nel frate di Morrone come nel Pontefice, che ha voluto prendere il nome del poverello di Assisi, la sostanza metafisica del loro agire poggia tutto sul sentimento cristiano della fraternità come attenzione e vicinanza agli esclusi e agli ultimi. L’economia pertanto si fa etica al servizio dell’uomo e della sua dignità e non del potere.
Tutti i cardinali riuniti per l’elezione del nuovo Papa, in conformità con il precedente, hanno fin dall’inizio del Conclave desiderato un nuovo Pastore vicino alle ferite dell’umanità e ai bisogni delle periferie del mondo. In tempi segnati da guerre e violenze, si avverte la necessità di una guida spirituale capace di uscire dal suo regno terreno per offrire misericordia, sinodalità e speranza come giubileo di rinascita nella Pasqua del Signore. L’annuncio al mondo, dalla piazza di San Pietro gremita di fedeli, dell’elezione del nuovo Pontefice, ieri 8 maggio, ha ribadito la continuità nella costruzione di un mondo in pace nella fratellanza solidale. Robert Francis Prevost eletto Pontefice della Chiesa Universale con il nome di Leone XIV, nel ricordo di Leone XIII il Papa della prima enciclica sociale la “Rerum Novarum”, apre il suo operato con interesse alla dottrina del lavoro dignitoso per la giustizia sociale necessaria alla realizzazione della pace. Una comunione dell’umana famiglia non fondata sull’uniformità ma sull’incontro nell’amore di Cristo che rende possibile la riconciliazione anche nei contesti più complessi. Una chiesa ponte, chiamata a superare le divisioni nella misericordia divina.
Il processo di Papa Francesco nello spirito dell’inclusività contro la logica dello scarto, non si ferma ma continua in Leone XIV che nei suoi 20 anni di missione in Perù si è messo in ascolto del grido di dolore proveniente dalle periferie del sud della terra.
Agostiniano ha scelto il suo motto dal commento di Sant’Agostino al Salmo 127, “In illo Uno unum” “In colui che è Uno, siamo uno solo” per sostenere, pur nel rispetto ecumenico delle altre religioni, la chiara distinzione della sua identità nella fede del Cristo risorto. Pace e giustizia annunciano le sue prime parole:
“Dobbiamo cercare insieme come essere una chiesa missionaria, una chiesa che costruisce i ponti, il dialogo, sempre aperta a ricevere come questa piazza con le braccia aperte. Tutti, tutti coloro che hanno bisogno della nostra carità, la nostra presenza, il dialogo e l’amore”. Non resta che camminare tutti insieme, guidati dal suo paterno sacerdozio del vicario di Gesù tra noi, per costruire la pace nei nostri cuori, nelle famiglie, nella comunità di tutti i continenti abbracciandoci come fratelli.
A tutti noi buon cammino nel Giubileo della Speranza come riconciliazione nell’amore.
Maria Assunta Oddi