Incendio alla Re.sel Plast, dopo 8 anni ancora non arriva la bonifica. Bracco: “Si sta aspettando un’altra campagna elettorale?”

Ortucchio. “A distanza di quasi otto anni da un incendio che ridusse in cenere un deposito di plastica nella Marsica, ancora non si trova una via d’uscita per la bonifica dell’area e lo smaltimento dei rifiuti”.

Alla luce degli ultimi allarmanti fatti accaduti a Pomezia, dove è scattato un vero e proprio allarme sanitario, il Consigliere regionale di Sinistra Italiana Leandro Bracco interviene sulla vicenda dell’incendio della Re.sel Plast datato settembre 2009.

“Le conseguenze di quanto accadde a Ortucchio, in provincia dell’Aquila, sono ancora oggi ben visibili e continuano a far preoccupare i cittadini del piccolo Comune marsicano – commenta Bracco – Nonostante un’ordinanza del tribunale, infatti, lo stabile dove un tempo sorgeva la Re.sel Plast giace ancora lì, in mezzo a numerose abitazioni e a due passi dai terreni del Fucino. E questo stabile è stracolmo di plastica bruciata”.

“La vicenda – prosegue il Consigliere – prese avvio nel 2007 e proprio in quell’anno finì anche in un’inchiesta della magistratura nella quale gli investigatori ipotizzarono l’arrivo nella Marsica di materiale prodotto da una società del Casertano per lo smaltimento dei rifiuti a costo zero tramite società intermediarie di comodo. E gli stessi magistrati, all’epoca, ventilarono la possibilità che nella vicenda fosse implicata la criminalità organizzata di matrice campana”.

“La storia dell’azienda andata in fiamme nel 2009 fra lo sgomento e il terrore degli abitanti delle zone circostanti – continua l’esponente di Sinistra Italiana – è stata ricostruita, per conto del Comune di Ortucchio, dall’avvocato Sandro Gallese. All’epoca il legale rappresentante dell’azienda era una donna ucraina di cui oggi si sono perse le tracce.

Nello stabilimento si sarebbe dovuta svolgere attività di recupero di rifiuti non pericolosi, plastica, rivestimenti per automobili e altro materiale sulla base di una comunicazione di inizio attività così come disciplinava la normativa all’epoca in vigore. In realtà – va avanti Bracco – la società si era limitata ad accatastare all’interno dello stabilimento e successivamente nel piazzale esterno ogni tipologia di rifiuto plastico in totale violazione sia della legge che della stessa comunicazione di inizio attività. Nello specifico i rifiuti venivano depositati nel piazzale che era privo di idonea pavimentazione e, inoltre, non era al riparo dagli agenti atmosferici. In più le operazioni di stoccaggio erano effettuate in modo tale da generare miscelazioni fra varie tipologie di rifiuti e la quantità di materiale depositato risultava maggiore rispetto a quanto indicato nella CIA. Per non parlare poi del fatto che non si procedeva allo stoccaggio in apposite aree e nei contenitori previsti dalla legge. L’attività finì in un’inchiesta della magistratura che sfociò, nel luglio 2007, nel sequestro preventivo dell’area. Il gip del Tribunale di Avezzano, ad aprile 2008, autorizzò le operazioni di riordino, copertura e smaltimento dei rifiuti presenti sia all’interno che all’esterno dello stabilimento quali condizioni per il dissequestro dell’area e dispose che le stesse avessero luogo nel termine di sessanta giorni. La società non fece però alcuna bonifica e patteggiò il pagamento di un’ammenda di 2mila euro. A quel punto il tribunale di Avezzano chiese la bonifica integrale dell’area al fine di ottenere la revoca del sequestro. Bonifica che mai si concretizzò. Fino a quando arrivò la data del 4 settembre 2009, giorno in cui l’intero stabile venne divorato dalle fiamme. Un enorme ammasso di rifiuti si trasformò in cenere causando nella collettività un notevolissimo allarme sanitario considerato che lo stabilimento si trova all’interno del centro urbano di Ortucchio”.

“Nel corso degli anni – prosegue il Consigliere regionale – la vicenda si è arricchita di nuovi capitoli tramite sia le ordinanze del sindaco di Ortucchio che chiedeva, allo scopo di tutelare la salute dei cittadini, la bonifica dell’area sia con i ricorsi al Tar della società che si rifiutava di attuarla. “L’assurdo sta nel fatto – spiega Bracco – che la società Garbuglia, proprietaria dello stabile, a settembre 2014 è stata dichiarata fallita e quindi il Comune di Ortucchio non è in grado di esercitare i propri poteri di surroga, fra le altre cose resi complessi dal permanere del sequestro dell’area. Anche la curatela del fallimento, che a livello formale ha acquisito la titolarità dell’immobile, pare avere sostanzialmente le mani legate in quanto è sprovvista di risorse finanziarie”.

“Sono trascorsi dieci anni dall’autorizzazione concessa a una società che oggi non esiste più e che a Ortucchio, presumibilmente, ha smaltito rifiuti con procedure anomale – insorge Leandro Bracco – Si è verificato un incendio devastante e ancora oggi, a otto anni di distanza da quel terribile rogo, i cittadini si ritrovano a vivere accanto a un edificio che continua a essere a rischio sicurezza. Nel piccolo centro marsicano si voterà fra quattro anni, nel 2021. Si attende quella campagna elettorale per fare annunci roboanti oppure è giunto il momento che la politica, per una volta, la smetta di essere politicante per trasformarsi in fattiva?».

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