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Il popolo Marso, antico come le montagne

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NECROLOGI MARSICA

Necrologi Marsica Cristina Fiocchetta
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Dott. Paolo Sante Cervellini
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Il turista che osserva oggi i paesi che punteggiano, con rigogliosa armonia, la Marsica, non può sapere quanto lungo, faticoso, arduo ma prestigioso è stato il cammino che il suo generoso popolo ha intrapreso dagli albori dei tempi fino all’attuale era moderna. Eppure la sua epopea millenaria splende al sole sotto gli occhi del mondo, incisa nella pietra dei monti, nelle vestigia arcaiche, nei solchi scavati nei volti degli anziani, pronta ad essere recepita da chi vuole leggerla e scoprirla.

Il popolo del Fucino ha percorso, nei secoli, una strada lastricata di sacrificio, ed ogni pietra di tale difficile viaggio si è intrisa delle gesta drammatiche, commoventi, patetiche, poetiche, romanzesche, inverosimili e sanguinarie che lo hanno accompagnato e segnato nell’intimo.

L’avventura magica del popolo marsicano ha avuto inizio nella misteriosa epoca preistorica, e con precisione nell’ultimo periodo dell’era glaciale, in concomitanza con i primi insediamenti umani. Circa 18.000 anni a. C. un’ardita tribù di cacciatori nomadi, provenienti dalla zona vicino Pescara dove oggi sorge Montebello di Bertona, decisero di migrare verso le montagne che circondano il Fucino.

L’aria mite, la generosità della natura che offriva frutta e cacciagione in abbondanza, convinsero i Bertoniani (questo il nome dei progenitori preistorici dei marsicani) a stabilirsi nelle grotte circostanti il lago. Essi vissero e prosperarono fino a 7.000 a.C. quando nuove tribù neolitiche, dedite all’agricoltura, si aggiunsero ad essi. In seguito, nella classificata età del bronzo, circa 2.500 a.C., altre tribù di pastori popolarono la zona dando vita, intorno al 1.500 a.C. ad un unico popolo di cacciatori, pastori ed agricoltori.

Nel periodo in cui sulla terra conosciuta, romani e greci facevano da padroni, ebbe origine il fatidico nome dei “Marsi”. La sorgente primaria di tale nome, non ha certificazione sicura, ma solo supposizioni che hanno affondato le radici in leggende storiche, forse vere. Una prima ipotesi riconosce come patriarca di questa razza fucense il leggendario Marso, figlio della mitica maga Circe che, tanto fascinosa, Omero descrisse nell’Odissea.

A convalida di questo, si attribuì a Marso il merito di aver insegnato alla popolazione l’arte di addomesticare le serpi e curare il veleno. Il secondo presunto capostipite potrebbe essere Marsia, re di Lidia, regione occidentale dell’Asia Minore, spintosi fino alle sponde del lago del Fucino dopo essere arrivato in Umbria ed aver dato la genesi al popolo etrusco. Ad esso si conferì la bravura di aver rivelato ai marsicani la padronanza delle armi e del commercio.

Ultimo, ma forse più credibile padre, è Marro, un giovane soldato proveniente dalla grande e potente Roma, al quale si attribuisce la fondazione di Marruvio (attuale San Benedetto). Ma di ipotesi sulle possibili origini ce ne sono tante, chi può dire se questo nome non derivi da Marsia (o Massyas), mitologico nume fluviale della Frigia e venerato in un luogo chiamato Celene, e spesso raffigurato sulle suppellettili etrusche.

O da Marsia di Pella, storico macedone, condiscepolo di Alessandro Magno. Comunque, da quel periodo in poi, questo popolo d’Abruzzo assunse il nome di Marsi, e la sua forza riuscì a far tremare anche l’invincibile Roma che, non riuscendo a batterli, dovette stringere patto di alleanza. Indubbia, quindi, l’antichità di questa terra e della sua gente che, nei secoli, ha subito il crollo dell’Impero occidentale; le invasioni barbariche da parte dei Longobardi che addirittura si insediarono nel Fucino mescolandosi a loro.

Il sangue di tanti uomini si è intriso nel terreno come un germe, segnando così il passaggio di battaglie, razzie, epidemie, carestie e divisioni territoriali. Il popolo marso è passato attraverso anni di povertà e secoli di prosperità come il VII secolo d.C. e grande importanza raggiunse nel 1187 quando, in base al numero di abitanti, offrirono molti soldati per le guerre sante indette dal re normanno Guglielmo II ed il papa Clemente III. Mai più riuscirono ad essere così in alto nella storia come alla fine di quell’anno 1000, quando ricchezza, prosperità agricola, pastorizia ed ittica raggiunsero cime elevate.

La Marsica divenne terra da possedere, da desiderare, e dal dominio dei conti locali passò alla favola sveva dell’imperatore Federico II; nel 1200 a Carlo D’Angiò, fratello del re di Francia Luigi IX; nel 1300 agli aragonesi. E dopo tanto lustro la Marsica sprofondò in una piega storica, tra il 1500 ed il 1800, detto il “grande sonno”. Dal 1800 in poi la storia è conosciuta; il risveglio della Marsica portò ad un aumento di popolazione, grazie anche al prosciugamento del lago del Fucino per mano del principe Alessandro Torlonia, che regalò terreno fertile a perdita d’occhio.

Furono costruite strade e ferrovie ma nel 1915, dalle viscere della terra, si scatenò un terremoto di immani proporzioni che polverizzò tutto quello che osava alzarsi verso il cielo, mettendo in ginocchio i marsicani. Ma il cammino verso il futuro non si arrestò; passando attraverso due guerre mondiali, questo popolo di lavoratori si rialzò indefessamente ogni volta che veniva colpito, fino ad arrivare ad oggi ricco, prospero, civile e numeroso. Ed eccola qui la Marsica, splendida sotto il sole, e degli antichi clamori, della gloria di questo popolo ora rimane ben poco.

Come tutto il mondo anche loro subiscono la crisi ma si risolleveranno come hanno sempre fatto e torneranno ad essere i figli dei grandi del passato. Il tempo si è prodigato a nascondere le tracce di un passato così pieno e corposo che ha forgiato questa gente conferendo loro coraggio, orgoglio ed un fardello storico nel sangue da renderli fieri di poter dire che un giorno sono stati potenti, amati ed odiati come dei, e che i semi delle loro origini si sono sparsi nel vento moltiplicandosi.

Fieri di poter affermare che il loro è un popolo che ha avuto inizio con il mondo e che nessuno potrà mai smentire che i Marsi sono e rimarranno per sempre, antichi come le montagne.

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Roberta De Santi

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