Pietro Antonio Corsignani nacque a Celano il 15 gennaio del 1686, da Girolamo, alfiere del Senato romano e governatore in varie località della Marsica, e da Beatrice Bernardini, gentildonna di Luco nei Marsi. Iniziò gli studi nel paese natale e li completò a Roma, dove nel 1707 si laureò in legge. Nel 1708, a soli ventidue anni, scrisse la sua prima opera, “Avvertimenti civili,politici e morali per un giovane che desidera esercitarsi nei governi”, stampata a Roma sotto gli auspici del cardinale Carlo Colonna e che gli permise l’ammissione in Arcadia, con il nome di Eningio Burense.
Altre accademie d’Italia gli chiesero di associarsi: quella degli Incolti di Montalto, dell’Onor letterario di Imola, degli Infecondi di Roma e degli Infimi di Nardò, col cui presidente, l’erudito C. Nardi, ebbe un fitto scambio di corrispondenza. Corsignani aveva intanto intrapreso il percorso ecclesiastico, senza peraltro abbandonare gli studi giuridici, nei quali anzi si specializzò sotto la guida di alcuni prelati della Segnatura di giustizia, supremo tribunale ecclesiastico di Roma, tra cui il dotto monsignor Vannicelli, Ilario Amici e F. Sacripante. Ordinato prete nel 1711, si trasferì a Napoli, divenendo appassionato frequentatore della biblioteca del Valletta.
Tornato a Roma, fu nominato governatore di Aspera nella Sabina e ordinato sacerdote; nel 1714 entrò in corte del cardinale F. Astalli, come aiutante di studio e auditore nelle sacre visite; quando l’Astalli morì, nel 1721, egli passò alla sovraintendenza del Collegio scozzese di Roma e fu inoltre deputato dei catecumeni e del collegio dei ginnasi nella stessa città. Continuò la sua attività di scrittore, che rimase peraltro quasi esclusivamente legata alla storia patria: nel 1712 pubblicò, dedicandola al cardinale V. Petra, l’opera “De viris illustribus Marsorum liber singularis…” e nel 1718 il ”De Aniene ac Viae Valeriae fonti bus”, dedicata al cardinale Albani, nipote di Clemente XI, riconfermandosi storico laborioso, di grande e varia erudizione, ma di scarso senso critico, per la disinvoltura con cui alterna fatti e leggende di poco credito. Tuttavia la sua dottrina ebbe riconoscimenti anche all’estero, in Francia e in Germania, dove le sue opere furono recensite negli “Acta erudito rum” di Lipsia.
Molti letterati e scrittori gli dedicarono componimenti e lo citarono nelle loro opere: così G. M. Crescimbeni, C. E. Quinzi e B. Tafuri. Con altri egli ebbe fitti rapporti di corrispondenza e di amicizia: come con L. A. Muratori, A. Zeno, I. M. Como, G. Vignoli, procustode della Libreria vaticana.
La stima che circondava il suo nome e lo zelo apostolico che caratterizzò sempre la sua condotta ne favorirono la carriera ecclesiastica: infatti fu nominato protonotaro apostolico, esaminatore sinodale, vicario e visitatore generale della diocesi di Tivoli; nel 1724 il cardinale G. Sacripante lo elesse suo auditore, carica che egli mantenne fino alla morte del cardinale, avvenuta nel 1727. Nello stesso anno fu promosso dal pontefice Benedetto XIII vescovo di Venosa, compito che assolse con grande impegno e zelo, tanto che nel 1728 indisse il sinodo della Chiesa di Venosa, che non si celebrava da più di un secolo. Dagli atti trasse un’opera “Synodus diocesana Ecclesiae Venisinae”, stampato nel 1728 con una “Historica monumenta eiusdem Ecclesiae”, dedicata al papa Benedetto XIII, il quale, trovandosi nel 1729 a Benevento per celebrare il concilio provinciale, volle lodarla pubblicamente. In occasione appunto del sinodo egli fece restaurare il palazzo vescovile di Venosa e la residenza estiva di Forenza, consacrò la chiesa dei riformati, promosse la restaurazione dei templi sacri esistenti nella diocesi e nelle terre di Forenza e Spinazzola.
Nel 1735, quando passò per Venosa il re Carlo di Borbone, che da Napoli andava alla conquista della Sicilia, Corsignani gli andò incontro alle porte della città; il re lo ammise poi a una udienza particolare e volle che gli benedicesse la mensa. Nel 1737 egli fu visitatore, con patente del cardinale V. Petra, della badia nullius dei Banzi e amministratore generalein spiritualibus et temporalibus. Nel 1738, su istanza del capitolo di Venosa, fece abbattere l’orrido carcere del vescovato detto “la Delfina”, ripetendo quanto aveva già fatto Tommaso da Villanova, che aveva reputato simili luoghi “più adatti a ladroni che a uomini di Dio”.
Nello stesso 1738 lasciò il vescovato di Venosa per quello di Sulmona e Valve, e nel 1742 Benedetto XIV lo ascrisse tra i vescovi assistenti al soglio pontificio. Nel 1738 era stata pubblicata a Napoli l’opera sua maggiore, “Reggia Marsicana, ovvero memorie topografico-storiche di varie colonie e città antiche e moderne della provincia de’ Marsi.”. L’opera, che può essere considerata un supplemento alla “Historia Marsorum” di M. Febonio, interrotta dalla morte, prende in esame tutti gli uomini che per dottrina o per valore militare illustrarono la provincia marsicana: vi si legge di Labeone, capitano famoso ai tempi di Alessandro Magno, di Ortensio, oratore coevo di Cicerone, di Domizio Marso, poeta epico-lirico.
Egli prende poi in considerazione tutti i santi i pontefici i cardinali e i vescovi che vissero o morirono nella provincia, fra cui il papa Bonifacio IV, s. Tommaso da Celano, Pietro da Morrone, G. Lazzarini. Divisa in dodici capitoli, l’opera, che si apre con una rapida esposizione delle origini del popolo dei Marsi, delle loro tradizioni, dei loro rapporti con gli antichi Romani secondo le testimonianze di Stradone, di Plinio, di Gellio, si conclude con una raccolta di tutte le antiche iscrizioni che Corsignani reperì nella sua terra, fra cui val la pena di ricordare una curiosa descrizione della naumachia organizzata da Nerone nel lago Fucino.
Farraginoso centone di notizie documentate e di miti e leggende fantasiose, la “Reggia Marsicana” non sfuggì al severo giudizio del Rogadeo: “Chiunque vorrà empiersi la mente di frottole, legga, se ha sofferenza, la Reggia Marsicana, che ne sarà ben satollo”. Un dettagliato esame dell’opera si può leggere nel Giornale de’ letterati d’Italia. Fino agli ultimi anni di vita Corsignani continuò instancabile nella sua attività di raccoglitore di notizie di storia sacra e di storia locale: l’ultima sua opera a stampa fu “Acta SS. MM. Simplicii, Costantii et Victoriani “(1750), dedicata a Benedetto XIV che l’onorò con un breve. Il Corsignani morì a Celano il 17 ottobre del 1751. Fra le opere, oltre a quelle citate, si ricordano” l’Epistola istorica sopra varie marsicane notizie”, Velletri 1722; “Vita della marchesa P. Massimi, Arcade e Vita del card. M. di Polignac, Arcade”, inserite nelle “Vite degli Arcadi Illustri”