Giornata della memoria, una marsicana racconta: “mio nonno prelevato una notte dai partigiani di Tito e scomparso in una foiba”

Giornata della memoria

Marsica – Le vittime delle foibe vengono celebrate oggi, 10 febbraio, nel corso di quella che, istituzionalmente parlando, viene definita “Giornata del ricordo“, durante la quale vengono ricordati i massacri delle foibe e l’esodo giuliano dalmata avvenuto dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. Una storia che sembra lontana, dal punto di vista temporale e spaziale, ma che non lo è affatto.

Maria Zaccone è una marsicana che ricorda la tragedia che ha coinvolto la sua famiglia attraverso una riflessione condivisa online: “Ho ancora sulla pelle e nel cuore il viso devastato di mia nonna materna stremata dalle ricerche di suo marito, mio nonno, prelevato una notte dai partigiani di Tito e scomparso. Questi ragazzi erano compagni di scuola dei suoi figli, i miei zii che erano stati invece portati nei campi di concentramento nazisti, ragazzi che avevano giocato, fatto merenda e condiviso giochi in quella casa da cui hanno prelevato il nonno“.

Furono circa ventimila gli italiani torturati, assassinati e gettati nelle foibe che, per chi non lo sapesse, sono delle profonde fenditure carsiche usate spesso come discariche. I massacri avvennero per opera delle milizie della Jugoslavia di Tito alla fine della Seconda guerra mondiale. Le uccisioni delle fobie furono un atto di vendetta dei partigiani di Tito nei confronti dei fascisti che, negli anni tra la Prima e la Seconda Guerra Mondiale, avevano amministrato queste terre con estrema durezza, imponendo l’italianizzazione forzata e reprimendo le popolazioni slave locali.

A farne le spese furono persone comuni. Continua la testimonianza della nostra conterranea: “Mia nonna e mia madre sono morte senza mai sapere cosa fosse accaduto e dove poter piangere un corpo. Solo dopo molto tempo, con l’avvento di Internet, sono riuscita a scoprire che mio nonno era stato infoibato, legato ai polsi con un filo di ferro assieme ad un collega delle Officine Elettriche di Fiume. Nel 2012 mia sorella è riuscita a portare un fiore sulla foiba di Basovizza, lei che il nonno lo aveva conosciuto. Per me è rimasta solo una piccola foto sfocata in bianco e nero. Il nero che ha avvolto quei poveri corpi martoriati, il nero della mancata memoria di quell’eccidio“.

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