Avezzano – Il NurSind di L’Aquila, nella persona del Segretario Provinciale, il dott. Antonio Santilli, che da sempre si fa portavoce della preoccupazione e della rabbia e dei disagi degli Operatori del Pronto Soccorso di Avezzano, presenta un esposto alla Procura di Avezzano a causa della mancata predisposizione di adeguati strumenti da parte di chi di dovere, in previsione dell’annunciata seconda ondata, vivono il disagio derivante dalla carenza di strumenti organizzativi che garantiscano la sicurezza di cittadini, ammalati, degli stessi operatori e dei loro familiari. Chiede alle autorità che vengano affinché si attivino le iniziative del caso e vengano valutate le eventuali responsabilità nei confronti dei pazienti.
Così integralmente nell’esposto:
“Oggetto: Pronto Soccorso del Presidio Ospedaliero di Avezzano
Riceviamo – e prontamente giriamo alle Autorità per gli accertamenti, gli interventi e le iniziative di competenza – un grido di preoccupazione e di dolore ma anche di rabbia da parte di Operatori del Pronto Soccorso di Avezzano che – dopo mesi di inerzia da parte di chi avrebbe potuto e dovuto predisporre adeguati strumenti, presìdi e supporti strutturali ed organizzativi a fronte della ampiamente prevista e preannunciata seconda ondata della pandemia – si sentono ora precipitati nell’insostenibile impatto con modalità operative, funzionali, organizzative e prevenzionali prive di elementari livelli di sicurezza per i cittadini, per gli ammalati, per gli stessi operatori e per i loro familiari.
La narrazione di cui siamo stati resi partecipi parte dalla descrizione delle condizioni assistenziali e di lavoro del Pronto Soccorso di Avezzano nella prima fase dell’epidemia.
QUANTO ALL’OBI (cioè la Sezione del Pronto Soccorso destinata alla Osservazione Breve dei pazienti, prima di decidere il ricovero nel Reparto ospedaliero di competenza o la dimissione o l’eventuale trasferimento in altro ospedale):
1 – nel mese di marzo, all’inizio dell’emergenza, i locali dell’OBI furono utilizzati per creare – separatamente dal Pronto Soccorso – un “percorso sporco” in cui andavano accolti i pazienti “sospetti”.
in questa prima fase la diagnosi era clinico-strumentale, non facendosi ancora i tamponi presso il P.O. di Avezzano. L’accesso era di 3-4 pazienti al giorno in media e questi venivano pressoché quotidianamente ricoverati o rinviati a domicilio dopo consulenza infettivologica.
Durante la prima ondata, un certo numero di sanitari vennero allontanati dal servizio per assolvere all’obbligo di quarantena; sicchè si rese necessaria la chiusura dei Presidi di primo intervento di Pescina e Tagliacozzo per dirottare il relativo personale verso ed a sostegno dell’Ospedale di Avezzano.
In questa fase i turni di guardia notturni erano effettuati da 3 medici e quelli diurni da 4 medici e, nonostante le intuibili difficoltà di primo impatto con lo sconosciuto fenomeno epidemico, quel periodo è stato superato senza nessun contagio all’interno dell’ospedale e con sufficiente adeguatezza nell’assistenza.
2 – la risalita della curva dei contagi riscontrata nel mese di settembre ha determinato un incremento degli accessi alla c.d. area grigia dell’ex Obi di Avezzano.
In questa circostanza, ed è questa la prima grave criticità, la possibilità di effettuare i tamponi “rapidi” è stata vanificata da una incomprensibile modalità organizzativa che ha imposto, per la esecuzione dei tamponi molecolari di conferma, un irragionevole accentramento di queste prestazioni nel solo polo laboratoristico/microbiologico dell’Ospedale di L’Aquila, con un gran via vai di ambulanze e senza tener conto che la ASL ha una estensione pari alla metà dell’intero territorio regionale, peraltro totalmente montano, in cui le distanze dilatano enormemente anche i tempi di attesa, considerato, ad esempio, che l’area peligna-Alto Sangro è distante da l’Aquila fino a 120 km., né è servita da autostrada o strade a scorrimento veloce.
3 – nel successivo mese di ottobre il Pronto Soccorso di Avezzano ha registrato un aumento esponenziale dei contagi sintomatici (molti anche paucisintomatici con grossa componente di ansia) e pertanto non è stato più possibile separare, nell’ambito dell’Obi, i pazienti risultati “positivi” da quelli “dubbi”.
Di conseguenza – in carenza di qualsivoglia indicazione organizzativa ed operativa proveniente dal superiore livello direttoriale – sono stati gli stessi sanitari del Pronto Soccorso a decidere di effettuare i tamponi dei “dubbi” paucisintomatici anche nelle loro stesse vetture, sulle autobulanze o nelle tende.
4 – Nel frattempo i 6 posti dell’Obi si sono velocemente saturati con i pazienti più complessi che necessitavano maggiore assistenza; mentre la mancanza di posti letto nella ASL ed in Regione ha comportato che i pazienti sostassero nei locali dell’ex OBI per giorni e giorni (e non solo fino alla risposta del 2° tampone) con aumento esponenziale anche dei pazienti ivi presenti che sono arrivati ad essere anche 15.
La ristrettezza degli spazi ha reso necessario togliere comodini ed armadietti; i letti si toccano tra di loro; i pazienti hanno tutti i beni personali sul letto stesso (borsoni, farmaci, cellulare, acqua, cibo); alcuni di loro necessitano di ossigeno ed anche di C-Pap.
Viene riferito anche:
- che i pazienti hanno freddo e, mancando le coperte (quelle fornite, di carta, sono pochissime rispetto ai pazienti), supplicano di tenere le finestre chiuse.
- che l’aria è satura di ogni odore/fetore ed è satura di virus, non essendoci alcuna possibilità di ricambio.
- che la porta del reparto è spesso lasciata aperta, per recuperare ossigeno dall’esterno, per far entrare il vitto, i farmaci, per fare uscire i prelievi, gli emogas ecc.
- Nel corridoio antistante l’ex Obi è ubicata la stanza del primario (piccolissima, senza finestre) nonché la tac del Pronto Soccorso, non di rado usata per le urgenze dei reparti, ed in cui transitano, in ambiente privo di finestre, pazienti e personale. In questi locali i sanitari entrano sì dotati dei Dispositivi di Protezione Individuale (DPI), ma non c’è, comunque, pressione negativa, nè ricambio d’aria, e lo spazio che permetterebbe di avere 6 pazienti ne ospita 15. ….. ogni commento è superfluo!
QUANTO AL PRONTO SOCCORSO (PS).
5 – Nei locali del Pronto Soccorso dovrebbero transitare solo i pazienti non sospetti; ma nelle ultime settimane, per mancanza di posto nei locali dell’ex Obi o a causa della gravità delle condizioni dei pazienti, si è stati costretti ad ospitarvi anche i pazienti positivi, quando possibile isolandoli nei locali chiamati “EBOLA” (perché creati in occasione di tale pandemia) e, quindi, ben isolati ma con ambiente destinato ad 1 solo paziente. Tuttavia, data la deficitaria situazione logistica, in questo comparto sono stati trattati anche 4 pazienti, 2 a letto e 2 su poltrona, nonchè 2 codici rossi in contemporanea ed anche per oltre 2 giorni, essendo impensabile trattenerli in ambulanza.
Ma anche questi locali non sono stati più sufficienti; sicchè il personale si è visto costretto ad allocare i pazienti Covid anche nelle stanze del PS, inquinandolo di fatto. Le stesse operazioni di vestizione/svestizione dei sanitari si svolgono nel ristretto ambito di quei locali e quindi sempre troppo vicini ai pazienti covid-negativi, con elevato rischio di disseminazione dell’infezione.
6 – in questa caotica situazione i sanitari riferiscono di aver costantemente contattato telefonicamente l’alta Direzione (il capo dipartimento, la direzione sanitaria aziendale e di presidio) per esternare i vari problemi e le varie criticità, senza però riuscire ad ottenere almeno un sopralluogo, per opportuna verifica della situazione e conseguente programmazione di interventi minimi, o, quanto meno, la convocazione di una riunione, per fare il punto e trovare possibili soluzioni anche solo congiunturali e temporanee. Ma non si è riuscito neanche ad ottenere formali istruzioni o direttive, cui attenersi, in merito al tracciamento dei percorsi ed alle procedure operative.
7 – in questo assordante silenzio i sanitari riferiscono di essere stati informati, tramite messaggi su cellulare da parte di due Colleghe, che la Direzione aveva/avrebbe deciso di aprire una seconda area grigia al primo piano, nei locali degli ambulatori, anche questi a gestione del Pronto Soccorso.
In questa area, a dire di queste Colleghe, avrebbero dovuto essere trasferiti (e sono stati in effetti trasferiti) un pò di pazienti dall’area grigia ex Obi sempre e solo fino all’arrivo del secondo tampone di conferma, il cui esito perviene in 6-12 ore: ma tutti possono confermare che i pazienti ormai sostano qui giorni e giorni.
Dunque, secondo le direttive/disposizioni, di cui però nessuno si è mai presa la responsabilità della formale prescrizione, i medici del PS sono ora costretti a farsi carico di questi pazienti, di quelli dell’ex Obi (costantemente onerata di 12-15 pazienti), e di quelli del Pronto Soccorso gestiti sia all’interno che all’esterno (ambulanze, auto private ecc.).
Per fare un esempio, rintracciabile dal sistema informatico, viene riferito che sabato 31 Ottobre c’erano 12 pazienti in OBI, 4 in “Ebola”, 2 nelle tende, 4 in ambulanza e vari nelle macchine ed ancora non c’erano quelli della nuova area al 1° piano; mentre il giorno 5-11-2020 alle 15.00 c’erano 10 pazienti nella nuova area grigia del PS, 8 in PS, 10 in OBI, 3 nelle ambulanze, 2 in tenda). Di contro i posti per i ricoveri ordinari di pazienti/Covid non sono più di 3-4 al giorno.
In pratica, mentre da un lato è stato esponenzialmente aumentato – pur in carenza di attrezzature (ci vorrebbero monitor, cardioline, c-pap…) – il carico di pazienti e di posti-letto (o barelle), peraltro dislocati in ambienti diversi e su piani diversi, dall’altro si pretende dall’esiguo numero di medici rimasti in servizio il dono dell’ubiquità, oltre che il fardello della omniresponsabilità.
Infatti, il contagio di 3 medici del PS (gli infermieri contagiati erano già 4) ha ridotto di ulteriori unità il personale medico, mentre il personale infermieristico è stato sostituito parzialmente (considerata l’apertura dei locali del 1° piano) da colleghi qui trasferiti da altri Ospedali, ma inesperti nella gestione di pazienti di Pronto Soccorso e, quindi, comprensibilmente timorosi di assistere da soli ammalati che possono complicarsi da un momento all’altro. Senza contare che per accedere al reparto ricorrono tempi di vestizione/svestizione non brevi nonché un livello di attenzione e di sicurezza che in queste condizioni logistiche ed organizzative è difficile rispettare.
8 – d’altro canto, in questo che sembra diventato un vero girone infernale, perfino le consulenze specialistiche (cui sono connesse rilevanti responsabilità diagnostiche e terapeutiche) sembrano diventate un problema annoso, ora perché ritardano, ora perché non vengono proprio assolte ora perchè assolte in modo inadeguato (ad es. “in remoto”).
I medici del PS di Avezzano latori di questa informativa, stanchissimi e preoccupati per la salute propria, del resto del personale e della Comunità, ma anche consapevoli dei problemi che affliggono tutti i Pronto Soccorso d’Italia, si dichiarano tuttavia sgomenti e disorientati per il silenzio (se non vero e proprio disinteresse) dei superiori livelli direzionali, tanto più ove si consideri che perfino nelle private aziende di produzione i datori di lavoro rispondono del mancato rispetto o della mancata attuazione delle prescritte misure di sicurezza, che nel mondo della Sanità certo non possono riguardare il distanziamento, ma non anche la predisposizione di minime misure, che in questo caso si realizzano sia sul piano fisico-tecnico che sul piano organizzativo: nella fattispecie attraverso, procedure, protocolli, disposizioni, direttive, istruzioni, implementazione dei supporti strumentali ecc., che tuttavia appaiono in questa circostanza gravemente carenti, quanto non del tutto assenti nel presidio di Pronto Soccorso dell’Ospedale di Avezzano.
Di tanto chiediamo alle Autorità in indirizzo di fare verifica attivando all’esito, secondo le rispettive competenze, le iniziative del caso.
Nel contempo questa segnalazione vuole anche costituire a futura memoria lo sfondo in cui potranno essere collocate e valutate eventuali responsabilità per conseguenze dannose a carico di pazienti e dello stesso personale sanitario, comunque connesse o conseguenti, direttamente o indirettamente, alle carenze organizzative, organiche e funzionali ascrivibili alla parte datoriale”.