Sante Marie – Pronti alla distribuzione diecimila volantini che hanno lo scopo di sensibilizzare l’amministrazione comunale di Sante Marie, alla realizzazione di un monumento simbolo per gli antichi Mastari del paese.
l’iniziativa è di Di Giacomo Giulio Gino, imprenditore marsicano e ideatore di Chicza, il chewing-gum “alternativo”, persona sempre attenta alla sua terra e legata alle sue radici marsicane.
“Un umile invito all’Amministrazione Comunale e alla Proloco affinché possano esaminare l’opportunità di un’eventuale posa in opera, alla piazza di Sante Marie, di un grande “mmasto” in metallo, di dimensioni reali o anche un po’ più grande, con una targa con scritto ” in ricordo dei Mastari : Di Giacomo, Mari e Di Giovanni che con il loro lavoro hanno contribuito a far conoscere Sante Marie in Italia e all’Estero “. – con queste parole Di Giacomo apre la sua richiesta –
“Colgo l’occasione per ringraziare pubblicamente Agata Rossi a pag. 193, Silvia Mari per “aver scritto” sugli “mmasti” con un “mmastaro” in particolare, da pag. 209 a pag. 213, Sergio Di Bernardo e Mauro Di Giovanni a pag. 201, Giancarla Berardicurti a pag. 167 del libro “Sante Marie Frazioni e Territorio” a cura di Mario Bianchini. Chiedo scusa se avessi dimenticato qualcuno. Comunque, avete, sicuramente, contribuito a mantenere vivi i ricordi !” Conclude così la sua richiesta segnalandoche a Cappadocia da oltre 20 anni “si ricordano” i mulattieri di un tempo con un mulo in metallo nella piazza.
I BASTAI
I suoi “basti” arrivavano fino in Svizzera, in Friuli, nel Veneto e in Toscana. “Basti” fatti su misura, secondo la grandezza del mulo o dell’asino, creati con amore e passione. Gli stessi che sono ancora usati dai pochi mulattieri rimasti. “Basti” creati senza risparmiare nulla, perchè “potessero durare nel tempo”, tant’è che mi è difficile trovarne oggi qualcuno per ricordo personale… un ricordo di mio padre (in giro c’è dell’altro)… proprio perchè sono ancora usati da qualche mulattiere. La sella è per i cavalli, il “basto” è per il mulo e l’asino.
La sella può essere fatta in serie, il “basto” va fatto a misura poiché l’animale deve “sentirsi fasciato” affinché il peso portato non dia fastidio e non rechi danno. I basti di una volta erano fatti con materiale d’eccellenza: gli “arcioni” (due per ogni basto) di legno ricurvo, grossi e robusti, li sceglieva lui personalmente, scartando quelli poco affidabili.
Altre particolari e personalissime scelte erano fatte sulla “tela”, sulla “paglia”, sulle “tavole” (due per ogni basto), rigorosamente tutte di un pezzo, che piegava lui personalmente con il fuoco e l’acqua.
Ulteriori e rigorose selezioni erano riservate per il “pelo animale” che faceva arrivare, in grosse balle, da Genova, e che riusciva a rendere soffice e vellutato, liberandolo da impurità e residui con una speciale macchina a mano (peccato sia andata persa !!!). Stesso discorso per i “capperoni”, i grossi tubi antincendio in disuso, di prima qualità, che tagliava e riscaldava al sole o al tubo della stufa perché risultassero più morbidi; li prendeva a “Claudio di Celano”.
Portava la stessa attenzione nella scelta di un particolare pellame nero e, addirittura, per i più umili chiodi… sì, anche questi avevano la loro importanza.
Le “misure” venivano prese dal mulo a dall’asino stesso, presso la sua bottega, o inviate per posta dai mulattieri più lontani. Ciò che usciva fuori dall’artigianale assemblaggio manuale, dopo aver usato faticosamente l’ascia, dopo aver fatto i buchi sul duro legno “a mano” (il trapano elettrico è stato inventato dopo, e quindi adoperato solo per gli ultimi anni) e usato grossi aghi… ciò che usciva fuori, quindi, era il suo “mmasto”, che veniva alla fine quasi accarezzato dalle sue grosse mani, callose e indurite. Il suo “mmasto” era un mix di profumi: magici odori di sudore, di legno, di spago, di paglia, di tela, di capperoni, di pelo animale e di pelle… sembrava che anche gli stessi chiodi profumassero.
Per i mulattieri, Domenico “Jo Mastaro” era affidabile, perché i suoi basti non si rompevano mai, sembravano fatti con l’acciaio. Ha fatto scuola, ha insegnato a molti. Per sei mesi a Sante Marie e per sei mesi a Cappadocia; sì, per sei mesi si trasferiva a Cappadocia, paese di mulattieri.
A distanza di anni, emblema del mondo che cambiava, d’estate la piazza di Cappadocia ha iniziato a riempirsi di taxi gialli, perché molti mulattieri avevano venduto i propri muli e acqui- stato licenze di taxi a Roma.
A ricordo dei tempi andati, c’è oggi una statua del mulo con “jo mmasto” in piazza. Ringrazio mio padre, cui dedico queste due righe, per gli insegnamenti che mi ha dato anche con i suoi sguardi e con i suoi silenzi. Mi ha lasciato magici ricordi di profumi che non sento più.