Dall’antica casa di Silone spunta la lettera-documento per ripianare “un’ingiustizia”

Pescina – Abbiamo il piacere di pubblicare e condividere un interessante documento storico risalente a 113 anni fa. Torniamo indietro nel tempo, esattamente all’ottobre del 1916. I cittadini di Pescina si sentono profondamente turbati e oltraggiati dal comportamento assunto da Monsignor Pio Marcello Bagnoli, all’epoca Vescovo della Diocesi dei Marsi.

Con la lettera-documento che è possibile sfogliare qui in calce, chiedono al Ministro degli Interni e dei Culti italiano di intervenire prontamente per ripianare un’ingiustizia: “questo popolo ha fede ancora nell’opera imparziale del Governo, che non vorrà favorire una popolazione, già adeguatamente beneficata, ai danni di un’altra; ha fede nel Governo che vorrà far intendere a Chi di ragione, e senza tergiversare ulteriormente, gli obblighi troppo trascurati; e vorrà ordinare sia subito anche il Seminario restituito presso la Cattedrale dei Marsi (giusta i precetti del Concilio di Trento) in Pescina, la quale lo ha largamente provveduto in dotazione, come dalle tavole istitutive di Mons. Matteo Colli (anno 1590)“.

Già il saggista e ricercatore marsicano Fulvio D’Amore, con il suo articolo “Lo spostamento della Diocesi dei Marsi dopo il terremoto: «Pescina pretende tutto o niente!»” si è soffermato diffusamente sull’annosa questione relativa al trasferimento della Diocesi dei Marsi dalla città di Pescina a quella di Avezzano avvenuta dopo il terremoto che, il 13 gennaio 1915, rase al suolo molti Comuni marsicani e provocò la morte di più di 30.000 persone. I cittadini di Pescina, attraverso questa dolorosa e minuziosa missiva, chiedono che lo Stato italiano intervenga poiché si sentono defraudati: per nove secoli la loro città è stata sede vescovile dei Marsi mentre ora, a distanza di poco meno di due anni dal sisma che ha devastato ogni cosa, si ritrovano senza Vescovo, senza Seminario, senza Cattedrale.

La loro amarezza e la loro delusione è tangibile e trapela da ogni frase. Il linguaggio è raffinato e aulico, come si addice a una comunicazione destinata alle più alte cariche dello Stato, e consente di avvicinarsi empaticamente a una popolazione che ritiene di essere stata tradita da colui che avrebbe dovuto rappresentare la loro massima guida spirituale e morale.

Monsignor Bagnoli si era fortuitamente salvato dal terremoto del 1915 perché in quel frangente si trovava a Roma. Una volta rientrato in territorio marsicano decise di abbandonare la sede vescovile ufficiale di Pescina sistemandosi provvisoriamente a Tagliacozzo. Poco tempo più tardi decise di riorganizzarsi ad Avezzano, dove fece costruire l’Episcopio, il Seminario e la Curia. Anche la Cattedrale fu edificata ad Avezzano: la prima pietra venne posata il 15 settembre del 1930.

Lo spirito che anima i cittadini di Pescina, nel 1916 e ancora negli anni a venire, è quello di gente combattiva e determinata. Rimproverano a Bagnoli di essere fuggito “in un momento di tribolazioni e smarrimento, quando nell’immensità del disastro, nella strage di tanti innocenti, nella disperazione di un ingiustificabile dolore la mente umana dubita, la fede vacilla; quando la rassegnazione cristiana doveva essere predicata e praticata con la parola e con l’esempio. Non è stato il buon Pastore il Vescovo di Pescina; non ha sentito la poesia di vivere in mezzo alla popolazione colpita, egli, che pur appartiene ad un ordine religioso che ha per massima l’austerità della vita e il sollievo dell’altrui sventure. Si è allontanato da Pescina il Vescovo dei Marsi senza porvi più piede…“.

Lottano strenuamente questi uomini, lottano e gridano tutta la loro frustrazione. Chiedono che il Vescovo torni dove per loro è giusto che sia, nella sede che era stata stabilita e indicata fin dall’XI secolo. “Torni a Pescina Monsignor Bagnoli e troverà l’accoglienza di un popolo civile“.
Monsignor Bagnoli, come sappiamo, non tornerà mai a Pescina.

M.T.

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