Addio al grande Gigi Proietti

Dire Gigi Proietti è dire teatro. Dire Gigi Proietti è dire Roma. Dire Gigi Proietti è dire i mille volti, le mille voci, le mille anime che ha incarnato sulle scene. Averlo ammirato su un palco è una delle esperienze emotive più coinvolgenti che si potessero vivere. Spirito indomabile, attore eclettico, figura che con la profonda serietà che hanno gli attori di razza, sapeva dominare il suo corpo, la sua faccia, la sua voce fino a renderli materia da palcoscenico, tributo alla sua arte, legame indissolubile con le persone che lo hanno amato da sempre. Con la sua morte si spegne un pezzo dell’anima di Roma e dell’essenza dell’arte italiana.

Lo abbiamo visto al cinema (chi non ricorda il suo memorabile Mandrake di “Febbre da cavallo”), lo abbiamo visto in TV come “Maresciallo Rocca” e in decine di altri programmi ma, soprattutto, Proietti doveva essere visto in teatro. Il proscenio era il suo habitat, vederlo interpretare pezzi come “Toto e la sauna” o “La signora delle Camelie“, solo per citare alcuni dei suoi successi più amati, significa aver assistito a momenti di autentica teatralità. Tutto cambiava se lui era sul palco, tutto diventava più potente, genuino (anche nella finzione), più coinvolgente e puro. Il suo legame con la gente, anche in una sala, aveva qualcosa che andava oltre la semplice simpatia. C’era una magia che solo i migliori sanno come creare.

La sua scuola di recitazione, negli anni, ha “messo al mondo” attori come Enrico Brignano, Rodolfo Laganà, Gabriele Cirilli e molti altri. Era un “gigante”, come molti suoi colleghi, amici ed ex allievi lo hanno definito. Per noi marsicani il suo ricordo sarà per sempre legato a uno splendido monologo intitolato “Er terremoto d’Avezzano” tratto da “Fatti e Fattacci” del 1975, diretto dal grande Antonello Falqui. Un pezzo di grande pathos che racconta di un uomo che scende dal treno e trova la sua città distrutta dal terremoto, scava con le sue stesse mani per ritrovare sua moglie e suo figlio tra la neve che cadeva. “Ecco Mario, è morto. Figlio mio. Ma Maria è viva, ha chiamato…“. Le pietre, la neve e la morte. L’uomo si ammala di una “malattia che sconvolge la mente“.

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Il Covid-19 e le severe regole che ha imposto a tutti noi, non permetteranno alla città di Roma di onorare Gigi Proietti con funerali grandiosi, come fu per il suo illustre collega Alberto Sordi nel 2003. Non potranno esserci file di persone che andranno a salutarlo al Campidoglio, né cerimonie affollate e commosse perché il rischio contagio è troppo alto. Proietti sarà ricordato oggi, giorno della sua morte, giorno del suo 80esimo compleanno, in maniera semplice, personalissima e intima da tutti gli italiani perché tutti noi italiani, oggi, abbiamo perso un pezzetto della nostra identità, della nostra radice, della nostra forza.

 


In tantissimi lo stanno ricordando, meritatamente, in queste ore in televisione e sul web.

Tra questi l’attore avezzanese Lino Guanciale che, ancora stordito dalla morte di Proietti, ha voluto omaggiare il suo primo sostenitore.

Ciao, Gigi. Non posso credere di trovarmi qui a scrivere questo saluto, sono intontito dalla notizia e molto triste. Diciassette anni fa hai creduto in me, sei stato il primo a farlo dopo il mio diploma. Non potrò mai dimenticare la leggerezza e la tenerezza con cui hai iniziato a trasmettermi “il mestiere”. Mi capita ancora oggi, sul palcoscenico, di capire delle cose che mi avevi detto o mostrato all’epoca di questa foto. Ti devo tanto…tutti ti siamo debitori, in qualche modo. È stato un onore e un privilegio aver iniziato la mia carriera con te. Grazie, Cavaliere Nero”.

Ciao, Gigi. Non posso credere di trovarmi qui a scrivere questo saluto, sono intontito dalla notizia e molto triste. Diciassette anni fa hai creduto in me, sei stato il primo a farlo dopo il mio diploma. Non potrò mai dimenticare la leggerezza e la tenerezza con cui hai iniziato a trasmettermi “il mestiere”. Mi capita ancora oggi, sul palcoscenico, di capire delle cose che mi avevi detto o mostrato all’epoca di questa foto. Ti devo tanto…tutti ti siamo debitori, in qualche modo. È stato un onore e un privilegio aver iniziato la mia carriera con te. Grazie, Cavaliere Nero”.

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