Avezzano. Gli incarichi agli amministratori pubblici non possono essere retribuiti. Pertanto, un vicesindaco, titolare di una carica elettiva, non può ricevere compensi per la nomina come legale in un Consorzio come è il Consorzio di bonifica. A dirlo, o meglio, a scriverlo, in una sua “autorevole” sentenza, è la Corte dei Conti.
Si accende la polemica sulla nomina dell’avvocato Pierluigi Oddi, professionista vicino al sindaco di Avezzano, Gianni Di Pangrazio, da parte del presidente della Deputazione Amministrativa del Consorzio di Bonifica, Gino Di Berardino, a suo legale di fiducia.
Una nomina a cui hanno comunque votato contro sia Mario Mancini della maggioranza e Dario Bonandi della minoranza. Si tratta di un incarico che costerà ai consorziati, 6.566.04 euro lordi e che, secondo il dettato della Corte dei Conti, non è stato conferito “secondo la legge”.
La Corte dei Conti, infatti, in poche parole, ha recentemente statuito che gli incarichi agli amministratori pubblici, anche se conferiti da altre amministrazioni, non possono essere retribuiti, salvo quelli dei revisori dei conti. Oddi è di fatto consigliere comunale, nonché vicesindaco, della sua città d’origine, Civitella Roveto.
La Corte Costituzionale ha, peraltro, già avuto modo di affermare (sentenza n. 151/2012) che la norma di cui al comma 5 dell’art. 5 del d.l. n. 78/2010 «introduce il principio di gratuità di tutti gli incarichi conferiti dalle indicate pubbliche amministrazioni ai titolari di cariche elettive (inclusa la partecipazione ad organi collegiali di qualsiasi tipo), in forza del quale i soggetti che svolgono detti incarichi hanno diritto esclusivamente al rimborso delle spese sostenute. Lo stesso comma prevede inoltre che gli “eventuali gettoni di presenza non possono superare l’importo di 30 euro a seduta”.
Detto principio di gratuità risponde alla ratio di evitare il cumulo di incarichi retribuiti e di perseguire in tal modo, attraverso un risparmio della spesa corrente, l’equilibrio della finanza pubblica complessiva. La normativa è, pertanto, espressione di una scelta di fondo, diretta a connotare la disciplina settoriale degli incarichi conferiti ai titolari delle cariche elettive e, nel contempo, a ridurre gli oneri della finanza pubblica. Costituisce, quindi, un principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica».
Il dispositivo normativo persegue una duplice finalità: di contenimento dei costi per le pubbliche amministrazioni e di contenimento delle retribuzioni corrisposte ai titolari di cariche elettive.
Corollario di questa duplice ratio normativa è il disincentivo sia per i rappresentanti dei cittadini ad assumere altri incarichi oltre a quelli attribuiti elettivamente, sia per le pubbliche amministrazioni ad indirizzare la propria scelta verso titolari di cariche elettive piuttosto che verso altri professionisti, anche nel caso in cui l’amministrazione richiedente la prestazione sia diversa dall’Ente presso il quale la persona in questione sia stata eletta.
La norma, infatti, dopo aver richiamato il regime delle incompatibilità vigente, non dispone un divieto di assunzione di ulteriori incarichi da parte dei titolari di cariche elettive, ma esclude la possibilità per costoro di percepire ulteriori emolumenti, facendo salvi i rimborsi spese e i gettoni di presenza per la partecipazione a sedute di organi.
Il titolare della carica elettiva e le pubbliche amministrazioni, dunque, non possono non essere consapevoli della tendenziale gratuità dell’incarico conferito a tale soggetto dalle amministrazioni stesse.