La Marsica tra veglioni fascisti, trattative sindacali e collegio degli industriali edili (febbraio-marzo 1926)

Alcuni autori oggi sono concordi nel riconoscere che gli sforzi compiuti da Giuseppe Volpi (ministro delle Finanze) per raggiungere il pareggio del bilancio statale, furono vani, seppure espressivi. Infatti: «Nel 1925 e nella prima metà del 1926 la situazione economica italiana era andata deteriorandosi notevolmente e presentava ormai sempre più caratteri inflazionistici». Del resto, la borsa continuava a essere in decadenza; i risparmiatori erano riluttanti verso gli investimenti industriali e, molti istituti bancari minori, caddero in fallimento (1).

Proprio in questo periodo, un’analisi elaborata da Ignazio Silone su dati forniti dall’apparato clandestino, mostrò che, la base sociale del partito nazionale fascista: «era grosso modo costituita per quasi il settantacinque per cento da piccoli e medi borghesi, per un quindici per cento da contadini e operai e per il resto dalla borghesia ricca. E, ancora, che all’interno della piccola e della media borghesia fascista c’erano in maggioranza gli impiegati, i liberi professionisti e gli intellettuali, mentre i ceti medi più immediatamente legati alla produzione e al commercio erano in minoranza». Addirittura, secondo il dissidente marsicano, nelle zone del Mezzogiorno, esistevano «Fasci» che contavano sino all’ottanta per cento di impiegati (2).

Di fatto, il quadro complessivo della situazione socio-economica risultava davvero grave, anche se queste amare previsioni, al momento, non interessavano troppo i vertici fascisti della Marsica, impegnati a organizzare in occasione del Carnevale «Il Veglionissimo fascista». Il risultato finale della festa fu molto apprezzato dall’onorevole Luigi De Simone, che rimase: «soddisfatto della riuscita magnifica del Veglionissimo con lotteria a beneficio dell’Ufficio Assistenza della Federazione Provinciale Fascista». La cronaca descrive, con i soliti toni passionali, la massiccia partecipazione della popolazione di Avezzano: «nelle ampie sale delle scuole del Cupello per tentare la fortuna delle urne per guadagnare qualcuno dei ricchissimi doni pervenuti al Comitato da Roma e da tutti i paesi della Marsica offerti dai Ministri dei Fasci, Istituti, Municipi e dai cittadini di tutte le classi e nello stesso tempo per dimostrare di quale attaccamento sia il nostro popolo per ogni iniziativa benefica e patriottica». Il comitato, presieduto dal commissario prefettizio e da Raffaele De Simone, coordinò perfettamente la festa. Oltretutto, nei due ampi saloni si svolsero: «animatissime le danze sotto l’abile guida dei direttori di sala cav.Gennaro Cerri, conte avv.Alessandro Resta, cav.Emilio De Cesare e sig.Leoncilli. Le due orchestrine, composte di ottimi elementi del luogo che si sono prestati gentilmente, hanno suonato scelti ballabili. Ottimo il servizio di buffet diretto dal sig.Giulio Simone». Gran parte degli abitanti di Avezzano e dintorni parteciparono con slancio all’avvenimento. La propaganda fascista esaltò l’evento, affermando che la maggioranza della gente, di ogni ceto, aveva contribuito alla riuscita del veglione «dando prova tangibile della fusione che oggi qui esiste fra le varie classi sociali» (3). Anche nel piccolo centro di Aielli, venne organizzata l’ultima serata di Carnevale presso l’asilo infantile: in due ampi saloni addobbati in maniera sfarzosa fu approntato un ricco «buffet» preparato da Adolfo Angelitti. All’ingresso del locale, spiccava un enorme cartello con scritto: «W Mussolini» (4).

Alla metà di marzo, ancora una volta gli onorevoli Sardi e Sipari si occuparono dei gravi problemi legati alla ricostruzione della Marsica, presentando un lungo memoriale al ministro delle Finanze (Volpi) per unificare «tutte le disposizioni legislative in vigore». Tra l’altro, si richiese l’istituzione di un consorzio tra gli istituti finanziatori delle opere, finalizzato a ricevere gli importi stanziati dal governo all’inizio dei lavori e non alla fine. Bisognava tener conto pure degli edifici scolastici: «lasciati a metà, anche senza tetto, testimoni squallidi e spettrali di un immeritato abbandono». Occorrevano subito ben quattro milioni di lire, purtroppo negati dal regime, viste: «le speciali condizioni del bilancio dello Stato» (5).

In quest’azione multiforme e complessa, fu importante per l’intera Marsica l’istituzione del «Ministero delle Corporazioni», caratterizzato da due motivazioni preponderanti: il desiderio del fascismo di presentarsi come pacificatore dei contrasti sociali che avevano distinto il «biennio rosso» e la volontà del governo di completare la fascistizzazione dello Stato, attraverso la creazione di strutture (le corporazioni), che avrebbero dovuto fungere da vero fulcro e centro collettore della vita economica e sociale del Paese. 

Tuttavia, i cambiamenti avvenuti nel frattempo ai vertici fascisti, non permisero come logica conseguenza e come previsto dalle leggi del 1926, la creazione delle corporazioni. In realtà, tra i teorici dello Stato e all’interno della stessa compagine governativa non era ancora ben chiaro quale fosse il ruolo e la struttura delle congregazioni, poiché le associazioni sindacali fasciste e i sodalizi degli industriali temevano che l’entrata in funzione delle stesse, avrebbe provocato un loro scavalcamento sul piano operativo e nei rapporti con il governo. Tra il 1926 e il 1929, l’unica attività di rilievo svolta dal ministero fu la redazione della «Carta del lavoro», un documento importante per fissare i punti cardine della nuova legislazione sindacale e dell’indirizzo che dovevano assumere i rapporti di lavoro (6). 

Sempre nell’anno in corso, venne costituita anche la «Confederazione Generale Fascista dell’Industria Italiana» e il collegio degli industriali edili della Marsica. Infatti: «Dietro invito del Comitato provvisorio ed in armonia agli ordini ricevuti della Confederazione Generale Fascista dell’Industria Italiana, si riunirono in Avezzano gli Industriali Edili ed Arti Affini del Circondario, per dichiarare definitivamente costituito il Collegio». L’importante convegno ebbe luogo domenica, 21 aprile 1926, alle ore diciotto nei locali industriali (Palazzo Cercello), dove il segretario Domenico Gattinara di Tagliacozzo aprì la discussione con le seguenti motivazioni: «per risvegliare le energie produttive della nostra economia provinciale». Oltre ai rappresentanti delle ditte più importanti del territorio, prese la parola il ragioniere Nicola Amore De Cristofaro, l’onorevole Luigi De Simone e il sottoprefetto Salvatore Rapisarda, ormai anche lui ben asservito al partito di Mussolini (7).

Dopo questa fase politica, nell’ambito dell’allontanamento di un gran numero di vecchi fascisti, con ulteriore massiccia immissione di nuovi personaggi, il partito stava cercando di mutare aspetto, adeguandosi alla nuova realtà del Paese. 

In una situazione caratterizzata da importanti provvedimenti, occorre segnalare tra marzo-aprile 1926, lo scioglimento della sezione fascista di Ortucchio con a capo Aurelio Irti e la nomina di nuovi podestà scelti tra le fila dei notabili marsicani: Orazio Cambise al comune di Avezzano; Paolo Ciocci al comune di Luco dei Marsi; Emilio Moreschi al municipio di Celano e Benedetto Di Clemente a Magliano dei Marsi. 

Nel frattempo c’erano state rinnovate trattative dei sindacati fascisti con Torlonia, tenendo presente che il principe romano, pur cercando di eliminare i dannosi subaffitti, continuava però a trascurare la bonificazione di importanti terreni e la manutenzione stradale del Fucino. Oltretutto, la debole rappresentanza governativa dell’agricoltura, composta da Rossoni, Sardi e Pezzoli, non riuscì ad imporsi  agli importanti negoziati di Roma, firmando con il documento del 31 marzo 1926, un accordo svantaggioso in cui si sanciva: «l’aumento delle corrisposte nella misura del 30%, cosicché il canone d’affitto di un ettaro di prima categoria veniva portato da L.460 a L.600 e proporzionalmente aumentato quello dei terreni delle categorie inferiori»(8).

 

NOTE

  1. R.De Felice, Mussolini il fascista, II. L’organizzazione dello stato fascista 1925-1929, Giulio Einaudi editore, Torino 2019, p.228. Per i commenti sulla stampa, che illustravano mese per mese la gravità della situazione economica, si veda: E.De Stefani, Vie maestre. Commenti sulla finanza del 1926, Milano 1927.
  2. Lo Stato operaio, Rassegna di politica proletaria, ottobre 1927, S.Tranquilli, Elementi per uno studio del PNF, p.875 sgg; ID, Borghesia, piccola borghesia e fascismo, Ibidem, aprile 1928, p.151 sgg. In questi articoli, Silone evidenziava il divario accentuato tra la politica moderata e conservatrice del governo e gli interessi della maggioranza fascista durante gli anni 1925-1926.
  3. Il Risorgimento d’Abruzzo e Molise, Anno VIII – Num.589 – Roma, 25 Febbraio 1926, Corriere di Avezzano, Il Veglionissimo Fascista.
  4. Ibidem, Corriere di Aielli, Veglione Fascista.
  5. Il Risorgimento d’Abruzzo e Molise, Anno VIII – Num.597 – Roma, 25 Marzo 1926, Per la Marsica colpita dal terremoto.
  6. La legge fondamentale per la disciplina giuridica dei rapporti di lavoro fu la cosiddetta «legge sindacale» del 3 aprile 1926 (n. 56353), con cui si stabilivano le norme sul riconoscimento giuridico dei sindacati, dei padroni e dei lavoratori. Cfr. Archivio Centrale dello Stato, Archivio storico del Senato, Senato del Regno, Disegni di legge, Reg. 21. Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti, Leggi e decreti del Regno d’Italia 1926 – 1929; Ibidem, cfr., Regio Decreto 1° luglio 1926 (n. 1130), art. 42.
  7. Il Risorgimento d’Abruzzo e Molise, Anno VIII – Num.591 – Roma, 4 Marzo 1926.
  8. A.Pizzuti, Le affittanze agrarie nel Fucino prima della Riforma Fondiaria, in «I Quaderni della Maremma», Iª Serie: Documenti, Stabilimento A.Staderini, Roma 1953, p.42.

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