Il 24 gennaio 1806 il re Borbone abbandonò per la seconda volta Napoli, rifugiandosi in Sicilia sotto la protezione inglese. Era stato incalzato da ben quarantamila soldati napoleonici (truppe franco-italiane) comandati da Massena.
Espugnate la maggiori fortezze del regno (Pescara, Gaeta, ecc.), Giuseppe Bonaparte (fratello di Napoleone), entrò a Napoli il 15 febbraio 1806 e, con decreto imperiale del 30 marzo dello stesso anno, divenne re.
Buona parte della borghesia terriera marsicana, ormai stanca di aver subito danni, estorsioni e ruberie di ogni genere, stavolta si preparò ad accogliere le truppe napoleoniche, formando la Guardia Civica in ogni paese, per difendersi dalla furia cieca della plebaglia, rimasta fedele all’antico regime. Bisogna anche tener conto che il 27 gennaio 1806, il borbonico Rodio estese ai “Tre Abruzzi” l’ordine di leva militare forzosa, tra la noncuranza della amministrazioni municipali e dei proprietari zonali ormai timorosi di affrontare a loro spese un conflitto imminente. Nel frattempo, l’esercito borbonico, comandato da Roger de Damas (circa sedicimila uomini) veniva sconfitto dal generale francese Reynier e, il 15 febbraio 1806, Giuseppe Bonaparte, preceduto dalle avanguardie franco-polacche agli ordini del generale Partouneaux, entrò vittorioso a Napoli.
Tuttavia, le bande filoborboniche in Abruzzo, che avevano aderito alla chiamata di Rodio, erano capitanate da Ermenegildo Piccioli di Navelli e padre Domizio Jacobucci, un frate originario di Aielli ma appartenente al Terzo Ordine dei francescani di Scurcola. Più a Sud, il cosiddetto colonnello Michele Pezza (Fra Diavolo), inseguito dalle truppe francesi si preparava a risalire la Valle Roveto verso la Marsica, per cercare un proficuo ricongiungimento con le bande abruzzesi.
La ribellione o resistenza ai confini del Nord, intorno alla fortezza borbonica di Civitella del Tronto, invece, era condotta da Giuseppe Costantini, alias Sciabolone, che aveva già organizzato una devastante guerriglia campale, scorrendo e devastando le zone tra Campotosto, Amatrice, Montereale, Accumuli, le alture di Roseto, Fontecchio e Ascoli (1). Questa, in sintesi, la situazione che si andava prospettanto legata al contesto sociale dell’epoca (1806-1807).
NOTE
1) F.D’Amore, La rivolta antifrancese nella Marsica, in Il Giornale della “Valle del Giovenco”, Anno II, n.2, marzo-aprile 2001, Pescina (AQ), p.43.