Il Castello Orsini

Testi tratti dal libro Marsica guida storico-archeologia
(Testi a cura del Prof. Giuseppe Grossi)

Il territorio di Scurcola Marsicana presenta due evidenti esempi di castelli medievali: sull’altura di Monte S. Nicola, dominata dalla croce di ferro, e sulla sommità dell’attuale centro storico con l’evidente mole della rinascimentale Rocca Orsini. Meno conosciuto il primo, sovrapposto ad un precedente insediamento fortificato italico, per sua posizione apicale e per gli scarsi resti, mentre il secondo ha conosciuto una maggiore fama per l’imponenza della struttura muraria, per la sua importanza nella storia dell’architettura fortificata italiana e per l’attribuzione della sua trasformazione, da castello medievale a rocca rinascimentale, al famoso architetto senese Francesco di Giorgio Martini. (1)

L’attuale struttura fortificata del Castello Orsini si presenta nella sua fase rinascimentale con una pianta triangolare dotata alla base da due torrioni cilindrici sugli spigoli e un bastione, di forma semiovata, sul puntone a nord-ovest. A questa rocca apicale posta a quota 768, si contrapponeva il recinto murario trecentesco di Scurcola che, con impianto trapezoidale su pendio e dotato di successivi torrioni cilindrici rompitratta rinascimentali, racchiudeva il burgo medievale. Sulla recinzione si aprivano due porte dette “Porta Cantalupo”, sul versante ovest e “Portella”, sul versante est.

Nel Cinquecento nello spazio fra questa prima cinta e il castello, fu edificata la nuova chiesa di S. Maria della Vittoria. A questa prima recinzione in età rinascimentale, se ne aggiunse una seconda che scendeva verso il piano fino a raggiungere la parrocchiale della SS. Trinità sulla cui piazza si svolgeva il mercato, mentre la vecchia pieve di S. Egidio era posta fuori le mura. (2)
La ripulitura parziale della parte interna del Castello Orsini di Scurcola Marsicana, sia dai crolli sia dalla vegetazione, attuata dai soci degli Archeoclub abruzzesi di Pescara e della Marsica dal 1997, ha permesso una prima lettura delle strutture e delle fasi cronologiche del manufatto fortificato.(3)

Gli interventi di ripulitura e parziale scavo hanno evidenziato, nelle vicinanze dell’ingresso principale sopraelevato del lato sud-ovest, resti di un muro che divideva il piccolo cortile d’ingresso del versante sud e da cui ci si immetteva su un secondo, caratterizzato da una pavimentazione rocciosa, su cui si aprivano due ambienti ed una scala. Gli ambienti individuati sono caratterizzati dal crollo di un grande portale ad arco ogivale tardo-gotico e dai resti di una cappellina interna dedicata a S. Angelo a cui sono riferibili i numerosi frammenti architettonici di epoca rinascimentale e neoclassica rinvenuti ed ora conservati nella torre angolare est. (4) Sul versante nord-ovest si sviluppa una scala rinascimentale, ancora ben individuabile, che permetteva di accedere ai piani superiori, scala che si avvolge ad una piccola cisterna a pianta trapezoidale con volta a botte che sembra aver condizionato nel tempo lo sviluppo architettonico interno: la riserva d’acqua per la sua posizione centrale e la pianta sghemba, ha fatto ipotizzare una sua relazione, come cisterna interna, con una torre d’avvistamento relativa alla prima fase di incastellamento dell’area dell’XI-XII secolo (5).

La ripulitura del cortiletto centrale fino al livello di roccia ha portato alla luce numerosi frammenti ceramici databili fra il XIV e il XVIII secolo (Ceramica smaltata, Maiolica Arcaica, Rinascimentale e Moderna) che saranno trattati in questo volume da Elisa Di Venanzio e Martina Pantaleo. I ritrovamenti testimoniano che nel corso del Trecento e Quattrocento i lavori di sistemazione degli interni approntati dai monaci cistercensi e dagli Orsini dovettero essere consistenti, tanto da asportare i livelli più antichi nell’area del cortile interno. (6)

Sul settore delle mura perimetrali nord-est, è stato ripulito il secondo accesso sopraelevato del Castello, una apertura minore relativa ad una posterla rinascimentale caratterizzata da uno stretto corridoio interno dotato di una scalinata che dal puntone (mastio) sopraelevato permetteva di raggiungere l’esterno (7). L’esame del corridoio ha permesso di riconoscere la successione di tre recinzioni difensive contenenti, inglobata nella muratura, una torretta-rompitratta ad “U” relativa alla recinzione duecentesca: lo stesso è verificabile sul recinto del lato sud-ovest dove un grosso crollo ha evidenziato le tre murature in successione, una torretta-rompitratta (n. 3) e l’inizio del puntone della prima fase. Sulle murature perimetrali interne (sud-est e nord-est e sul puntone a nord-ovest) si sono evidenziate numerose feritoie da arciera duecentesche, strombate verso l’interno e chiuse dalle successive murature trecentesche e rinascimentali (8). Dall’esame delle strutture emerse con relativo materiale ceramico e frammenti architettonici, si può tracciare un primo profilo cronologico del Castello di Scurcola.

La prima fase, dell’XI-XII secolo, ancora da perfezionare, è forse rappresentata da una piccola torre sghemba (quella della cisterna) molto simile, come pianta, a quella del vicino “Castello Vetoli” di Corcumello (AQ). Una piccola torre di avvistamento di fondovalle dell’XI secolo, racchiusa nel XII secolo da un recinto a puntone (torre-cintata) dotato di feritoie (“arciere”) e collegata al castello-recinto di Scurcole posto sul sovrastante Monte S. Nicola, che analizzeremmo successivamente. Il recinto murario, a filo, è in opera incerta medievale con cuciture degli spigoli composte di blocchi ben rifiniti, con accesso sopraelevato, dotato forse di battiponte esterno sul versante sud-ovest. All’inizio di questa prima fase (XI secolo) si può ipotizzare l’appartenenza del manufatto, insieme con il sovrastante incastellamento di Monte S. Nicola, ad un esponente della Contea dei Marsi del ramo carseolano, probabilmente Oderisio II giacché a metà del successivo secolo abbiamo le fortificazioni scurcolane in mano ai suoi discendenti Taino e Rainaldo De Pontibus definiti nei documenti normanni ” Filii Oderisii “. (9)

La seconda fase, del XIII secolo, è caratterizzata dall’aggiornamento del recinto, con la realizzazione di almeno tre torrette-rompitratta ad “U” su tre lati e, probabilmente, anche di due sul puntone, nelle vicinanze degli angoli ottusi. (10)

Nell’area del puntone a nord-ovest, in posizione sopraelevata, fu ricavata una torre quadrangolare (m 7×7) ammorsata direttamente sulle murature precedenti del puntone dotato di feritoie su due livelli. La parte interna era probabilmente occupata dalle riserve idriche e dalla torretta centrale ridotta in altezza con, forse, due ambienti affiancati. Dai documenti sappiamo che nel 1269 Scurcola era posseduta da Odorisio De Pontibus che era un sostenitore di Carlo I d’Angiò: è possibile che allo stesso sia da attribuire la costruzione di questo iniziale castello di Scurcola; Il feudo era però tenuto da Oderisio per una quarta parte, mentre altra quarta parte era proprietà di Rosanie De Pontibus. (11)

Dopo la cosiddetta “Battaglia di Tagliacozzo” del 1268, la creazione da parte di Carlo I d’Angiò della grandiosa abbazia cistercense di S. Maria della Vittoria, porta nel 1277 alla concessione del re ai Cistercensi dei vicini ” castrum Sculcule in Aprucio ” e ” Castrum seu Villam que dicitur Pontes in Aprucio “, naturalmente della parte spettante al demanio regio. Solo con la morte di Rosaria De Ponte nel 1278 e la rinuncia di Oderisio dei suoi possessi scurcolani in cambio della terza parte del castro di Pettorano vicino Sulmona, i monaci di S. Maria della Vittoria ebbero reale possesso di Ponte, Scurcola con il suo castello. (12) Di nessuna consistenza sono le ipotesi recenti del Santoro dell’esistenza, già a metà del Duecento, delle due torri cilindriche angolari sul castello di Scurcola.(13)

La mia esperienza ventennale sullo studio dei manufatti militari della Marsica medievale e l’esame degli attacchi delle murature interne, mi hanno convinto che il bastione semiovato sul puntone e i due torrioni cilindrici, furono realizzati contemporaneamente sul finire del Quattrocento. (14) La terza fase, delle metà del XIV secolo, è attribuibile alla presenza dei monaci Cistercensi di S. Maria della Vittoria a Scurcola con una nuova trasformazione del castello. Le murature del vecchio maniero duecentesco furono accresciute fino al totale spessore di m 2,60 con l’aggiunta di una foderatura esterna, larga m. 1,80 e dotata della scarpa di base e di superiore apparato a sporgere merlato.(15)

Le vecchie arciere furono chiuse e le torrette rompitratta furono parzialmente inglobate nella nuova muratura, ma dotate di scarpa alla base e un efficiente apparato a sporgere. Nell’interno furono, forse, realizzati degli ambienti aperti su un cortile centrale, mentre il puntone ed il relativo mastio rimasero nella loro fase duecentesca ad esclusione del raddoppio della muratura esterna, scarpata alla base, e probabile apparato a sporgere (Tav. IV, III).

Credo che il castello medievale sia sostanzialmente rimasto in questa forma fino a Virgilio Orsini. La storia del maniero per gli inizi del XV secolo è complessa. Agli inizi del Quattrocento, infatti, ma probabilmente già al termine del Trecento, il castello di Scurcola era caduto in mano del demanio regio di Napoli con rivendicazioni e tentativi di recupero da parte di Giacomo Orsini e la badia di S. Maria della Vittoria: il definitivo possesso da parte di Giacomo Orsini avvenne solo nel 1426. (16) La quarta fase, della fine del XVI secolo, è attribuibile a Virgilio Orsini con il sostanziale apporto progettuale di Francesco Di Giorgio Martini, come per il vicino castello di Avezzano datato 1490. (17)

Lo spessore murario fu ampliato con l’aggiunta di una terza fasciatura esterna larga mediamente m 1,40, dotata di fori per cannoni e merloni superiori su beccatelli in mattoni. Furono realizzati i due torrioni cilindrici angolari inferiori, dotati di fori per colubrine, e l’ingresso minore. Il puntone fu avvolto da un nuovo bastione avanzato a forma semiovata dotato di fori per cannoni sull’attacco delle cortine rettilinee. Nell’interno il mastio fu reso pentagonale e collegato a due ambienti triangolari sorti ai lati tramite la creazione di nuovi inserti murari. La vecchia cisterna fu avvolta da una scala che permetteva l’accesso al mastio tramite due ambienti triangolari di passaggio alle cannoniere interne ed ai piani superiori. L’ingresso maggiore fu dotato di ponte levatoio e di fregio d’arme con iscrizione sul fronte estero, iscrizione e fregi erasi nel 1497 per damnatio memoriae durante il primo anno di possesso dei Colonna. L’interno fu ulteriormente suddiviso con la creazione di un secondo cortile e di una piccola cappella, dedicata a S. Angelo, sul lato sud-est.

Con i Colonna, possessori del castello dal 1497, il maniero perde d’importanza perché i nuovi feudatari preferivano risiedere preferibilmente, oltre Tagliacozzo, nella rocca di Avezzano, trasformata in palazzo da Marcantonio Colonna. La sua utilizzazione cinquecentesca è relativa alla probabile presenza di una piccola guarnigione e di un carcere locale. (18) Interessante appare la più antica descrizione del castello da parte del Febonio che asserisce che: (traduzione italiana) ” gli antenati degli Orsini innalzarono una rocca quadrangolare con torri rotonde agli angoli, la quale rocca, tornata la pace nella provincia, fu adibita a carcere per i delinquenti “. (19)

Più interessante appare la notizia riportata dal Corsignani nel Settecento, riguardo al possesso della prima fortificazione da parte dei De Pontibus e dei successi miglioramenti degli Orsini: ” Tuttavia la Fortezza Scurcolana fu poi accresciuta dagli Orsini con vari fortificamenti e Torri inespugnabili “. (20)
Il settecento vede un nuovo conflitto fra i Colonna e la Curia napoletana che rivendicava il possesso del castello scurcolano: nel 1768, grazie all’abilità dell’avvocato Aloi, i Colonna ebbero sentenza favorevole e quindi la riconferma ufficiale della loro proprietà sul ” feudum Sculculae “. (21)

Nei secoli successivi non vi furono ristrutturazioni degne di nota ad esclusione a quelle relative al terremoto del 1706, che sono ancora leggibili (archi a sesto ribassato e rifacimenti delle cortine degli ambienti interni), e le successive che portarono alla realizzazione della piccionaia sul torrione angolare sud.(22)


NOTE
(1) Numerosa è la bibliografia relativa al manufatto militare, ci limitiamo qui a dare i più importanti contributi: C. I. Gavini, Storia dell’Architettura in Abruzzo, Milano-Roma 1926, II, p. 145; M. Moretti, Architettura medievale in Abruzzo, Roma 1971, pp. 894-896; C. Perogalli, Castelli dell’Abruzzo e del Molise, Milano 1975, pp. 21, 70-71; GHISETTI GIAVARINA 1983, p. 100; M. Pezzuti, La Rocca Orsini di Scurcola Marsicana, in Architettura e Arte nella Marsica. 1984-1985. I. Architettura, catalogo della Mostra tenuta nel Castello Piccolomini di Celano nel luglio-settembre 1984 a cura della Soprintendenza BAAAS dell’Abruzzo (Aquila), L’Aquila 1984, pp. 197-199; SANTORO 1988, pp. 130, 137; G. Chiarizia (a cura di), Castelli d’Abruzzo, Pescara 1997, pp. 151-152. Da ultimi vedi: IRTI-GROSSI 1997 e soprattutto SALSICCIA 2000.
(2) L’impianto fortificato racchiudente il borgo sul pendio visibile nelle sue trasformazioni rinascimentali deve avere probabilmente origini trecentesche, come il caso di Aielli nel periodo del dominio del conte di Celano Ruggero II, quando il feudatario dotò il burgo di recinzione muraria, di chiesa centrale interna dedicata alla SS. Trinità e della nuova torre cilindrica datata 1356; GROSSI 1998b, pp. 14-15, 20-29. Il trecento vede in Scurcola un ulteriore ampliamento della struttura urbana del centro con la presenza di numerose chiese nel territorio e la pieve di S. Egidio posta fuori delle mura, lungo la Via Valeria. Nel Codice delle Decime del secolo XIV, conservato nell’Archivio della Diocesi dei Marsi in Avezzano e nelle Decime Vaticane dello stesso secolo, sono citate numerose chiese appartenenti a “Sculcolae”: la pieve di S. Egidio, S. Maria di Cappelle, S. Felice in Monticello, S. Maria del Colle, S. Tomaso, S. Matteo di Ponte, S. Silvestro, S. Angelo, S. Ippolito, S. Stefano, S. Quirico, S. Matteo, S. Giovanni in Via Romana, S. Lorenzo, S. Lucia di Pantano (ADM / A2; SELLA 1936, pp. 22 444, 37 658, 50 855- 865; COLUCCI 1976, p. 8). La probabile separazione fra il primo recinto e la Rocca è possibile visti gli esempi similari, come Avezzano e Trasacco, dove la Rocca o la torre-cintata d’età rinascimentale, è posta al di fuori del burgo con uno spazio delimitato da fossato od orti. Fra questo spazio (in cui non erano presenti edifici) fu, infatti, possibile nel 1525 edificare la nuova chiesa di S. Maria della Vittoria.
In età rinascimentale, una seconda cinta racchiuse il nuovo burgo sviluppato sul pendio più vicino al percorso della Via Valeria e la nuova chiesa parrocchiale dedicata alla SS. Trinità. Nell’interno delle mura furono “ammodernati” diversi edifici sul finire del Quattrocento ed inizio del secolo successivo (vedi le bifore del Palazzetto tardo-gotico di Via Corradini, le decorazioni dei marcapiani e gli stemmi della vecchia sede municipale presso Porta Cantalupo), mentre nella parte alta erano erette la Cappella delle Anime Sante e l’apicale chiesa cinquecentesca di S. Maria della Vittoria affiancata al castello.
Per l’aspetto del centro storico e dei suoi monumenti, vedi le foto e le descrizioni presenti in: COLUCCI 1976; SPINELLI 1993, pp. 145-195.
(3) Gli interventi, voluti fortemente da Umberto Irti e Giulio De Collibus, attuati in due settimane nel 1997, e altre brevi presenze nel 1998 e 1999, dall’Archeoclub di Pescara in collaborazione con quello della Marsica con la fattiva assistenza della locale associazione “Il Castello”, del Comune di Scurcola Marsicana, della famiglia Di Clemente (proprietaria del maniero) e l’appoggio della Soprintendenza B.A.A.A.S. di L’Aquila. Per una prima breve sintesi sui risultati raggiunti vedi: IRTI-GROSSI 1997, pp. 57-60. Hanno attivamente partecipato allo scavo, Umberto Irti, Giulio De Collibus, l’architetto Enzo Santeusanio, Carmine Malandra, lo scrivente, le studentesse universitarie Elisa Di Venanzio, Martina Pantaleo ed altri soci dell’Archeoclub di Pescara.
(4) Della chiesetta sono visibili i limiti murari nord-est e la piccola abside presentante tracce di affreschi rinascimentali.
(5) La cisterna presenta una pianta interna sghemba trapezoidale (Lati: m1,85; 3,85; 5,15; 4,15. Diagonali: m 5,50; 4,93) con uno spessore delle murature di m 0,65. Sia la forma che lo spessore murario ricordano la piccola torre-mastio del cosiddetto “Castello Vetoli” di Corcumello (GROSSI 1994, pp. 56, 64, 74, fig. 18 e tav. VIII, 4). Altre due torri, di dimensioni maggiori e con spessore di base di m1,20 sono presenti nel complesso incastellato medievale di Collalto di Capistrello: sul castello-recinto della “Rotella di Collalto” con dimensioni di m 13-9×7; sulla motta o torre-cintata della “Rotella della Macchietta” di m 9-7×7 (GROSSI 1994, pp.26-27, 30-31, tavv. III-IV). Lo scarso spessore di base evidenzia la modesta altezza della torre scurcolana che, come nel caso di quella di Corcumello, doveva essere inserita in un piccolo recinto assumendo l’aspetto di una torre-cintata avanzata collegata al sommitale insediamento sommitale di Monte S. Nicola. Anche la torre centrale di Monte S. Nicola, presenta una pianta trapezoidale irregolare, a riprova del legame con le nostra torre-cintata posta a fondovalle. Le misure esterne della nostra torretta erano quindi di m 3,15-5,15×6,45-5,45.
La nostra primitiva torre-cintata (X-XI secolo?) doveva assolvere il compito di controllare il passo lungo il corso della ” Via antiqua quod dicitur Salara “, l’antica Via Valeria, sovrastando la villa o curtis di Scurcola posta intorno alla pieve di S. Egidio (DI PIETRO 1869, pp. 207-208, 316).
(6) Sono da segnalare pochi frammenti di ceramica pettinata che attesterebbero il livelli precedenti dell’XI-XII secolo.
(7) Il corridoio d’ingresso della posterla, in leggera pendenza verso l’esterno, è lungo m 3,10 con una larghezza media di 0,82. Esso termina con una piccolo portale architravato (1,44×68×18) sormontato da un trilite triangolare e delimitato da una risega architravata caratterizzata da un trave monolitico (1,32×35). L’accesso triangolare e delimitato da una risega architravata caratterizzata da un trave monolitico (1,32×35). L’accesso minore era posto a circa m 2,65 dal piano di calpestio esterno, mentre l’ingresso dal puntone superiore avveniva tramite un corridoio laterale, largo anch’esso 80 cm e dotato di gradini realizzati con l’uso da lastre calcaree. In questo tratto di corridoio è ben visibile l’angolo ottuso del puntone composto di raffinati blocchi di ammorsatura, tipologia muraria riferibile al XII.
(8) Le feritoie, probabilmente rifatte nel XIII secolo, sono alte cm 60, con luce finale di cm 10, strombatura interna di cm 85 e lati di cm 90; se ne riconoscono cinque di cui due nel puntone.
(9) Per la cronologia dei Conti dei Marsi, vedi ora SENNIS 1994 pp. 75-77. Il ramo carseolano del Comitato Marsicano ha origine dal Conte dei Marsi Oderisio I (1007-1022) cui fece seguito Oderisio II (1030-1070) insieme a Rainaldo IV del ramo fucense (1060-1067). Successivamente i figli di Oderisio II che mantennero il titolo comitale (Baldovino ed il figlio Gentile) risedettero stabilmente nella Valle Sorana. In nostri due baroni De Pontibus dovevano quindi essere figli di un discendente di Oderisio II, privato del titolo di conte, rimasto in territorio Palentino nel castrum di Ponte ed i cui figli presero il nome dall’insediamento paterno. Nel XII secolo Tayno e Rainaldo, dato il loro possibile appoggio alla conquista normanna, furono probabilmente premiati con la concessione di altri feudi e la restituzione, attestata, nel 1148 dei castelli del carseolano donati in precedenza, nel 1096, a Montecassino dalla contessa Aldegrina per volontà del defunto marito Rainaldo IV, figlio del Conte dei Marsi Berardo III (vedi: Chron.Mon.Casin., IV 16-17, p. 485; CUOZZO 1984, nn. 115-116; la nota successiva 33).
(10) Nella parte alta del puntone, nelle vicinanze dell’angolo ovest, si notano i resti di una torretta inglobata nel rivestimento trecentesco.
(11) Dopo la Battaglia dei Piani Palentini i soli feudatari del Carseolano, Tagliacozzano e parte dei Piani Palentini, i De Pontibus, ebbero spazio di autonomia vista la loro neutralità nel conflitto. Sappiamo, infatti, che nel 1268, Andrea De Ponte, signore di una parte di Tagliacozzo ed altri feudi marsicani, ebbe da Carlo I d’Angiò la possibilità di poter ricavare tributi dalle terre possedute nel limitrofo Stato della Chiesa. Lo stesso avvenne per Oderisio De Ponte che, nel 1269, ottenne l’esenzione per Scurcola Marsicana (suo feudo) del pagamento degli Augustali, un tributo annuale che si doveva al re per le spese di guerra (BROGI 1900, p. 230). I ricompensi angioini ai “fedeli sudditi” marsicani era dovuta sia alla loro neutralità nel conflitto svevo-angioino ed anche alla partecipazione attiva all’assedio di Castiglione del 1269, ai limiti del contato teatino. Il nuovo sovrano angioino aveva, infatti, il 1° aprile del 1269 inviato al giustiziere d’Abruzzo, Bartolomeo di Sorrento, l’ordine di raccogliere ed inviare a Castiglione, per sedare la rivolta, uomini ” de partibus Marsia, Aquile, Carsioli et Sicoli ” (Reg. Ang., II, 54 n. 193). L’assedio, durato circa sei mesi, aveva messo a dura prova gli homines assedianti che si aspettavano una ricompensa nell’esenzione da alcuni balzelli dovuti al sovrano. In tal senso abbiamo la protesta presentata al re da Tommaso d’Aquino, conte d’Acerra, per i suoi vassalli marsicani di Magliano, Leone e Venere che, nonostante la loro partecipazione al lungo assedio, si aspettavano le promesse esenzioni fiscali (Reg. Ang., III, 119, n. 147). La stessa protesta fu inviata da Oderisio ” de Ponte ” ” fidelis noster ” per gli uomini della terra di Scurcola che avevano, come gli altri citati, partecipato attivamente all’assedio di Castiglione. Le proteste subirono il loro effetto, infatti, Carlo I d’Angiò ordinò di accertarsi se le richieste corrispondessero al vero e, in tal caso, di non molestarli (Reg. Ang., XV, 74 n. 52).
(12) Documenti angioini presenti in: Reg.Ang. XXII, pp. 24 e 130; XXV, p. 92; EGIDI 1910, pp. 160-164, 168-169; SALSICCIA 2000, pp. 66-68.
(13) SANTORO 1988, p. 130.
(14) I primi esempi di torri cilindriche con leggero rinforzo sulla base e canna ottagonale interna si hanno intorno alla metà del trecento nelle torri di Aielli (datata 1356), S. Iona (Sancta Eugenia), Ovindoli, Collarmele e Sperone; torri realizzate nella contea celanese dal conte Ruggero II di Celano, discendente dei Conti dei Marsi del ramo fucense dei “Berardi”; cfr. GROSSI 1998a, p. 38; GROSSI 1998b, pp. 28-29
(15) Le stesse innovazioni sono presenti nel mastio trecentesco del castello di Tagliacozzo ed in quello di S. Donato: spesse murature scarpate alla base realizzate alla fine del XIV secolo per volere, forse, di Ladislao di Durazzo durante la contesa per il Regno di Napoli fra Durazzeschi ed Angioini.
(16) DE CUPIS, pp. 416-419: l’autore cita documenti del “Fondo Orsini” allora conservato nell’Archivio Capitolino di Roma; ora in SALSICCIA 2000, pp. 68-69.
(17) La presenza del famoso architetto militare nella Marsica sul finire del Quattrocento è confermata oltre che dalle caratteristiche riscontrate nei manieri di Scurcola ed Avezzano, anche dal viaggio da Bracciano nel feudo di Virgilio Orsini dell’anno 1490: GHISETTI GIAVARINA 1983, pp. 99-101; ADAMS 1993, p. 144;
SANTORO 1988, 135-137; SALSICCIA 2000, pp. 50-56.
(18) L’edificazione della chiesa di S. Maria della Vittoria nel 1525 sul fianco sud-est del maniero, dimostra lo scarso affidamento che i Colonna facevano alla rocca scurcolana.
(19) PHOEBONIUS 1668, III, p. 179.
(20) CORSIGNANI 1738, pp. 317-318. Il prelato marsicano, Vescovo di Venosa, probabilmente deve aver fatto riferimento sia alle fonti storiche angioine, sia alla tradizione orale degli Scurcolani.
(21) ALOI 1768, pp. XXI-XXIII. Interessante nel testo riportato dall’avvocato è la condizione dell’abbandonato casale di Ponte nel Settecento, che da ” Castrum seu Villa ” dal 1268 al 1304, si trasforma in ” Casale Pontium ” nel 1414 in un diploma di Giovanna II in cui è detto chiaramente che era abbandonato e che i suoi abitanti si erano trasferiti a Scurcola.
(22) Per altre notizie sul castello vedi soprattutto: SALSICCIA 2000. Ottimo il lavoro di rilievo, catalogo delle fonti storiche e soprattutto progettuale, fatto dall’architetto Loretta Salsiccia. È però presente nell’opera qualche ingenuità storica, la città di Cuculum, la torre romana nell’interno del castello e soprattutto la non conoscenza dell’incastellamento superiore di Monte S. Nicola, conoscenza che avrebbe permesso di riconoscere più facilmente le prime fasi della rocca scurcolana.

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