Una delle parole che si scrive nello stesso modo in ucraino e in russo è la parola pace “Myr”. L’avvento del Natale esorta, con l’annuncio degli angeli ai pastori, di non dimenticare la sofferenza dei popoli oppressi dalla guerra e annuncia la fiducia nella tenerezza di un Dio fatto bambino: scandaloso stupore che fa della sua piccolezza la sua grandezza.
Se l’oscurità dilaniante di un massacro, che divora i sogni e genera odio e rancore, ci rende incapaci di risolvere i grandi problemi che affliggono il nostro tempo, il Natale ricorda che tutti possiamo fare qualcosa affinché una goccia di bene diventi un mare di solidarietà fraterna. Guardare il mondo con gli occhi dei più poveri rappresenta la sfida più grande per noi cristiani desiderosi di pace e giustizia.
L’amore non è neutrale, impone una scelta nella perenne lotta per la signoria dello Spirito: “Queste le cose che ora permangono: la fede oscura e insieme lucente, e la speranza che sempre attende (…) ma la più grande di tutte è l’amore” (1Cor 13,13).
A tutti voi dedico questi versi augurandovi un Natale pieno di luce.
Buon Natale, Kiev!
Buon Natale, Kiev,
che tra le macerie
costruisci la culla
di un bambino smarrito
sulla via del ritorno
nella sua terra promessa.
Buon Natale, Kiev!
Senza doni e senza magi
Resteranno a piangere i tuoi figli:
sanguinanti cicatrici
di armi da fuoco e di ingiurie
hanno spezzato le ali
agli angeli di pace.
Buon Natale, Kiev!
Non vagiti di chi nasce
Ma lacrime di moribondi
Nel tuo immenso presepe
Senza cometa.
Buon Natale, Kiev!
Perché il fratello torni
A stringere la mano al fratello
Gridando al vento di guerra
“Myr, myr, myr!”
(Pace, pace, pace!)
Sui brandelli di case crollate
Tra fari spenti e strade buie
Tra mortai assordanti e granate infuocate.
Anche per te
Città martoriata dell’Est
Si accenderà una stella
Sulla quale il tuo popolo
Cullerà il dolce sogno della speranza.
Buon Natale, Kiev!