STORIA DI ANTROSANO… L’albero della libertà e della giustizia

Testi tratti dal libro Antrosano memoria e storia
(Testi a cura di Giovanbattista Pitoni e Alvaro Salvi)

La breve esistenza della Repubblica Napoletana, dal 1798 al 1799, lascio anche in Abruzzo i suoi germi di liberta e di democrazia. Gia gli uomini illuminati, come Giacinto Dragonetti dell’Aquila e Melchiorre Delfico di Teramo, avevano diffuso le idee giacobine contro il Regno Borbonico. L’arrivo delle truppe francesi nel Regno delle due Sicilie fu salutato con particolare manifestazione popolare. Il fenomeno della democratizzazione dei comuni abruzzesi fu di larghe dimensioni per un rinnovamento delle Istituzioni e per una partecipazione civile dei cittadini. In tale contesto di generale mobilitazione e di entusiasmo popolare nacque l’idea di mettere a dimora, nelle piazze, nei centri di ritrovo, nei terreni adiacenti alle parrocchie ed in alcuni giardini privati, l’albero della liberta, e come si disse allora con una espressione che richiamava le radici, dei Maggi della liberta.

Alberi veri: pioppi, olmi, pini marittimi, oppure decorati di simboli per lo più sormontati da un berretto rosso/frigio e adorno di bandiere, fiori, coccarde, ed altri simboli rivoluzionari. L’albero della liberta divenne il luogo dove i Magistrati prestavano giuramento di fedeltà agli ordinamenti repubblicani, si bruciavano i simboli della reazione dell’ oscurantismo. Intorno all’albero il popolo intrecciava danze, intonava canti rivoluzionari, sbeffeggiava i seguaci del Regno Borbonico. Ad Antrosano furono innalzati due alberi della liberta; un pino marittimo all’interno dell’orto botanico dei Pace, una provocazione che il sanfedista sorbi con molta indifFerenza; un altro nei terreni della famiglia De Angelis (ex Ciavatta) situati nei pressi della chiesa parrocchiale, quasi come una sfida dei giacobini ai sanfedisti. Altro pino della liberta fu piantato all’ingresso di Massa d’Albe, terreno dei conti Pace dove tutt’ora e ben visibile nonostante il trascorrere di circa un secolo. Pace venne eletto Capitano delle masse della Santa Fede durante un raccoglimento avvenuto all’interno della chiesa di Albe.

Il Vescovo della Diocesi dei Marsi, il chietino Giuseppe Bolognese (1742 – 1803) impedì, invece, al noto repubblicano Giuseppe Melchiorre ed ai suoi seguaci Malvini Malvezzi (duchino di S. Candida) e Giuseppe Cordeschi, in pubblico contraddittorio, di alzare l’albero della liberta nella piazza di Pescina. Ecco un sommario elenco di località abruzzesi nelle quali fu eretto l’abero della liberta: Campli, Casoli, Catignano, Chieti, Civitella del Tronto, Fossacesia, Fraine, Francavilla, Frondarola, Giulianova, Lanciano, Montorio, Ornano, Orsogna, Ortona, Pacentro, Penna S. Andrea, Penne, Pescara, Pratola Peligna, Teramo, Tossicia e Vasto. L’elenco rinvenuto nell’archivio di Stato di Teramo ci sembra incompleto. Fino al dopoguerra nella piazza centrale di Trasacco vi era un secolare olmo, poi venne sradicato per essere diventato l’olmo della vergogna, per via di una esecuzione sommaria avvenuta ai danni di una povera ed innocente donna ritenuta spia dei tedeschi invasori.

L’olmo e scomparso ma esiste, tutt’ora, una strada che porta il nome di Via dell’olmo. L’albero della liberta era diventato simbolo di giustizia, una giustizia fatta a furor di popolo, una giustizia sommaria che spesso nascondeva anche soprusi personali che non dovevano essere resi noti. A Teramo, secondo un quadro del XVIII secolo rinvenuto all’interno della Curia Vescovile, vi era Piazza dell’olmo, oggi diventata Piazza Martiri della Liberta. L’olmo fu innalzato nel gennaio 1799 e fu abbattuto il primo maggio 1799 quando le truppe francesi abbandonarono la città. E’ da ricordare che L’albero della liberta ispiro alcuni musicisti che gli dedicarono un Inno, di autore ignoto, con molta probabilità composto nelle regioni dell’Italia Centro-meridionale. Una breve esperienza da rivoluzionari abruzzesi, ma fu certamente utile a risvegliare una classe dirigenziale troppo supina nei confronti dei Borboni di Napoli.

Ad Antrosano i germi della liberta avevano messo radici: nel primo decennio dell’ottocento gia si contavano 17 affiliati alla Carboneria e successivamente seguaci di G. Garibaldi. Diverse camicie rosse di Antrosano parteciparono, con l’eroe dei due mondi, alle imprese di Velletri e Palestrina. La reazione borbonica colpi borghesi, giovani ed i pochi delle classi subalterne … l’elenco della miope persecuzione contiene i nomi di don Angelo Pace di Massa (Antrosano), colonnello nell’armata repubblicana, arrestato a titolo precau-ionale. Un fervente garibaldino di Antrosano fu Achille Coccia; un giorno mentre lavorava i campi con le vacche nei pressi della località brecciara fu prelevato dai garibaldini diretti a Roma.

Angela Rosa Ruscitti riferisce, memore di racconti verbali dei suoi avi, che il Coccia, di fede repubblicana, lascio parenti ed amici per arruolarsi volontariamente al seguito di Giuseppe Garibaldi. Nella vecchiaia Achille Coccia ebbe una pensione prima di lire cinque e successivamente di 15, unico ad Antrosano a percepire una pensione per le sue gesta. Gli antrosanesi non si sono mai sottratti a gesta eroiche: dalla difesa dell’Aquila, alla proclamazione della Repubblica Romana, fino alla presa di Fiume nel 1919. Il capitano degli alpini Giannetto Ruscitti fu uno dei legionari, segui Gabriele D’Annunzio per rivendicare la città di Fiume all’Italia. Una foto d’epoca ritrae il Vate con il Capitano con tanto di dedica affettuosa.

G. Ietti Cronache della Marsica pag. 102

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